GIOVANNI RAPPAZZO, IL VERO INVENTORE DEL CINEMA SONORO

Quella del “cinema sonoro” – che, dopo oltre trent’anni, dà voce alle ombre mute, che si muovono silenziosamente sui vari schermi cinematografici dal 1895 (nascita del cinema) fino (più o meno) al 1927 (avvento del sonoro) – è un’invenzione, per così dire, “collettiva”; tuttavia, l’amore per la verità storica non può permetterci di ignorare che, tra i suoi diversi “padri”, un posto di rilievo è occupato dal messinese Giovanni Rappazzo (Messina, 16 ottobre 1893 – Messina, 3 aprile 1995).

    Trasferiamoci, con l’immaginazione, nella città dello Stretto che stava risorgendo dalle macerie del terremoto del 28 dicembre 1908.
Pian piano, cominciano ad essere costruiti negozi, locali pubblici, chiese, uffici, ma anche teatri e cinematografi, tutti in baracche di legno, mentre, in periodo estivo, numerose sono le arene: tra queste, sul viale San Martino, nel cosiddetto “Quartiere Americano”, sfruttando un terreno inutilizzato, Luigi Rappazzo e il proprietario del terreno danno vita a uno dei primi locali cinematografi della città post-terremoto, l’Eden Cinema-Concerto, in cui, per sbarcare il lunario, lavora da operatore un giovane studente, Giovanni Rappazzo, fratello del proprietario.

È l’estate del 1912.
Una sera, mentre si proietta un vecchio film, a causa di un errore tecnico – una parte di pellicola montata al rovescio – le immagini che appaiono sullo schermo risultano capovolte, suscitando il putiferio nella sala affollata: urla, fischi, insulti, che fanno da singolare contrasto alle immagini ancora rigorosamente mute.

Proprio in seguito a questo episodio – ricorda lo stesso Rappazzo – gli viene in mente, fulminea, l’idea che i suoni e le parole possano venir fuori, direttamente, dalla stessa pellicola.

Così, nella baracca-bazar “Au Bon Marché” di proprietà della famiglia, trafficando ogni notte con stoviglie e vari aggeggi di fortuna e mettendo a frutto le conoscenze scientifiche acquisite frequentando la “Regia Scuola del Comitato Veneto Trentino” (attuale Istituto Tecnico Industriale “Verona-Trento”), Giovanni Rappazzo – all’età di soli 19 anni – inventa quella che chiama la «pellicola cinematografica ad impressione contemporanea di immagini e suoni», vale a dire il «sincronismo cine-fonico», eseguendo lui stesso le riprese di alcuni cortometraggi sonori, riproducenti una nave traghetto in partenza, una locomotiva a vapore sbuffante, automobili scoppiettanti e anche le voci dei pescatori di pescespada, i canti dei contadini, vari suoni della natura.
Nell’estate del 1913, questi brevi filmati sonori vengono proiettati nello stesso Cinema-Concerto Eden: una sala, quindi, che assiste a quella che sarebbe stata la prima proiezione pubblica di immagini in movimento sonorizzate, vale a dire con il suono inciso sullo stesso supporto.

Gli spettatori dell’epoca – ricorda l’inventore – rimasero stupiti, quasi non credevano a ciò che vedevano, o meglio, a ciò che udivano le loro orecchie, e qualcuno parlò, perfino, di stregoneria, di opera del demonio!…

Tuttavia, per vari motivi, principalmente di natura economica, e per lo scoppio della “grande guerra”, è solo nel 1921 (ma, in ogni caso, diversi anni prima della nascita “ufficiale” del sonoro, avvenuta nel 1927) che Rappazzo riesce a registrare i brevetti (ben quattro) dei suoi apparecchi, che costituiscono la prova della paternità dell’invenzione del cinema sonoro; ma tali brevetti scadono nel 1924 e non possono essere da lui rinnovati (fino al 1936, come sarebbe stato possibile) per mancanza del denaro sufficiente al pagamento della tassa prevista: la qualcosa, se gli fa perdere la “legalità” dell’invenzione, non ne inficia, però, la priorità “storica”: che Rappazzo, in effetti, perfino in maniera (legittimamente) ossessiva, ha rivendicato per tutta la vita, rivolgendosi allo Stato Italiano ed addirittura alla Corte Suprema dell’Aja e all’ONU: fino al giorno della sua morte.

Una vita lunghissima, la sua: più di 101 anni, gran parte dei quali spesi in attesa di un riconoscimento “ufficiale”, che – purtroppo – non è mai arrivato e che, invece, è giusto e doveroso riconoscergli!…

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