SINFONIA D’AUTUNNO (1978). UN BISTURI CHE AFFONDA LA SUA LAMA NELL’AMORE FILIALE

Il rapporto madre-figlia è un tema centrale della nostra esistenza, trattato sia nella mitologia greca che in quella scandinava.

    Ed è forse questo il motivo per cui nel 1978 Ingmar Bergman diresse Sinfonia d’autunno, mettendo a confronto due autentici mostri sacri: da una parte, Ingrid Bergman nel ruolo di una madre, Christine, pianista di fama mondiale, assolutamente autoreferenziale e sicura di sé; dall’altro, Liv Ullman nel ruolo di una figlia impacciata, Eva, sposata ad un pastore protestante, che ha scelto di vivere in quasi totale isolamento dopo la perdita di un bambino.

    Dopo sette anni di lontananza, le due si rincontrano e Christine scoprirà tante cose della figlia: prima fra tutte il fatto che Eva, durante tutto questo tempo, aveva accolto con sé la sorella gravemente disabile, che Christine, forse per egoismo od incapacità, da sempre teneva invece ricoverata in una struttura specializzata.

Da subito la madre comincia ad essere assalita da sensi di colpa ed incubi che le impediscono di dormire.
Ha inizio, così, in un magistrale crescendo di toni ed accenti, un feroce confronto notturno tra le due.

    Eva accuserà la madre di averla abbandonata con la sorella malata, di aver tradito in gioventù loro padre, di averla indotta ad abortire da ragazza e di averle ostacolato ogni forma di realizzazione: qualunque principio di vitalità nella figlia – secondo Eva – veniva sistematicamente soppresso da questa madre, paralizzata emotivamente e capace solo di inseguire i suoi successi professionali.

    Christine, raccontando il comune vissuto dal suo punto di vista, non comprende le parole della figlia, divenuta d’un tratto spietata ai suoi occhi, pretenderà delle scuse ed il giorno seguente andrà via, anticipando la partenza di due settimane.

    Tempo dopo Eva scriverà una lettera alla madre, invocando perdono “perché in fondo v’è sempre una speranza”. Ma ancor più in fondo della speranza potrebbe, forse celarsi, un odio mai canalizzato od un senso di colpa per non aver mai perdonato colei che l’ha messa al mondo.

    Non è chiaro se le due si rivedranno, ma certo è che la lontananza e la non comunicazione rappresentano le uniche chiavi di questo morboso rapporto, ove l’infelicità di una figlia, probabilmente non desiderata, è il più sottile e segreto piacere di una egocentrica madre.
David di Donatello ad entrambe.

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