LA RAGAZZA CON LA PISTOLA (1968) – MARIO MONICELLI

Quella rocambolesca vicenda di “seduzione e abbandono” di germiana memoria viene rivalutata da Mario Monicelli attraverso il filtro della rivoluzione dei costumi di fine anni ‘60, nel pieno del fermento socio-culturale che investì l’Europa e l’Italia in particolare proprio a partire da quel fatidico anno, il 1968.


    Monica Vitti giusto in quel periodo stava ormai affrancandosi dai ruoli drammatici che l’avevano resa celebre – fra le altre pellicole – nella quadrilogia dell’incomunicabilità di Michelangelo Antonioni (L’Avventura, La Notte, L’Eclisse, Deserto Rosso) per iniziare ad impiegare le sue abilità recitative anche nella commedia. Monicelli fu tra quei registi che per primi intuirono le grandi potenzialità comiche della bravissima attrice romana e la scelse affinché donasse il volto alla protagonista del suo nuovo film.

    Rapita per errore al posto della cugina, Assunta Patanè (Monica Vitti), giovane ed impetuosa ragazza siciliana, si ritrova al cospetto dell’uomo che ha sempre desiderato, Vincenzo Macaluso (Carlo Giuffré), e che fino a quel momento credeva ricambiasse il suo sentimento. La donna cede comunque alla passione con la speranza in un matrimonio che potesse riparare l’onorabilità perduta, ma il giorno dopo scopre che lui è sparito, fuggito in Inghilterra per non essere così costretto a sposarla. A quel punto, non essendoci uomini nella sua famiglia che possano vendicare un simile affronto, Assunta si ritrova a doversi fare giustizia da sola, partendo alla volta del Regno Unito armata di pistola e decisa più che mai ad uccidere l’uomo che l’ha compromessa. Dopo diverse peripezie lei lo ritrova ma, grazie anche all’incontro con un medico locale, il dottor Osborne (Stanley Baker), la ragazza muterà radicalmente il suo atteggiamento retrivo e bigotto per aprirsi tanto mentalmente quanto culturalmente, fino a rendere pan per focaccia a Vincenzo, divenuto nel frattempo suo spasimante.

    Assunta Patanè dunque come Agnese Ascalone, entrambe “sedotte e abbandonate” da uomini che non hanno avuto il coraggio di assumersi le responsabilità del proprio gesto, alla luce di una fra le più retrograde tradizioni del Mezzogiorno di un tempo, il matrimonio riparatore. Ma Assunta, a differenza del personaggio interpretato da Stefania Sandrelli, è una donna che non si perde d’animo e non ci sta a passare per una svergognata agli occhi del paese, decidendo così di prendere letteralmente armi e bagagli e partire alla volta della più evoluta Londra per difendere personalmente il suo onore. La ragazza si scontra da subito con il nuovo contesto e con le evidenti differenze culturali, di cui Monicelli mette in risalto certi libertinismi sessuali che investono anche e soprattutto il ruolo della donna. In tal senso l’atteggiamento di Assunta appare sin da subito duale e ambiguo, proprio come un Giano bifronte, che se da un lato non riesce a resistere alle proprie pulsioni, dall’altro condanna certi comportamenti lascivi. Allo stesso modo, si stupisce del fatto di venir ignorata dal ragazzo che la sta ospitando, provocandolo (“Tu uomo, io donna, nessuno in casa e tu look TV?”), salvo poi ritrarsi con veemenza, facendo sua proprio quella massima “germiana” secondo cui l’uomo ha il diritto di provarci ma la donna il dovere di difendersi. Vincenzo, dal canto suo, continua imperterrito la fuga dalla donna che lo sta perseguitando arrivando addirittura ad inscenare la propria morte per far così desistere Assunta dal compiere la sua missione.

    Ma un’altra delle peculiarità importanti della pellicola di Monicelli è quella del cambiamento di cui si rende protagonista il personaggio di Assunta, la quale ad un certo punto decide di liberarsi come un fardello di quei retaggi arcaici e di aprire la propria mentalità in vista di un rinnovamento anche culturale, mettendosi a studiare la lingua locale e a lavorare come cameriera prima e per un’agenzia pubblicitaria dopo. L’evoluzione della protagonista passa anche visivamente, tramite un cambiamento estetico della Vitti che rispecchia appieno la moda del momento, mettendo da parte la sua mise dagli abiti scuri e la lunga treccia raccolta sul capo per adottare un look più sbarazzino e al passo con i tempi. A quel punto sarà proprio Vincenzo a ravvedersi sul conto di Assunta e si prefissa dunque di conquistarla sebbene lei sia ormai una donna profondamente diversa che cerca riscatto e riaffermazione.

    La Ragazza con la Pistola si riconferma ancora, a distanza di 50 anni, una delle più belle e frizzanti commedie italiane del periodo, a tratti grottesca e macchiettistica, e che si avvale dell’eccellente interpretazione di una splendida Monica Vitti con tanto di accento siciliano, alla quale fanno da spalla il grande Carlo Giuffré e l’algido attore britannico Stanley Baker. Cameo di Aldo Puglisi che proprio in Sedotta e abbandonata di Pietro Germi aveva recitato nel ruolo di Peppino Califano.

    Menzione speciale per le location del film, in cui vengono messi a confronto due contesti tanto geograficamente quanto culturalmente distanti. Dai vicoli e le casupole imbiancate del paesino siciliano (in realtà trattasi di Polignano a Mare in provincia di Bari) alla realtà cosmopolita e tentacolare della swinging London e di altre famose località del Regno Unito (Edimburgo, Bath, Sheffield, Brighton), fotografate ottimamente dal direttore Carlo di Palma che già due anni prima aveva “immortalato” Blow-Up di Antonioni (1966).

    Le musiche di Peppino De Luca completano la confezione di questa piacevolissima pellicola che si piazza certamente tra le migliori realizzate dal celebre regista romano e che valse alla Vitti – tra gli altri premi – un David di Donatello e un Nastro D’argento come miglior attrice protagonista nel 1969, nonché una nomination agli Oscar come miglior film straniero sempre nello stesso anno.

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