MARIO MONICELLI

Mario Monicelli (Roma, 16 maggio 1915 – Roma, 29 novembre 2010) è stato un regista, sceneggiatore e scrittore italiano. Monicelli è stato uno dei più celebri registi italiani della sua epoca. Insieme a Dino Risi e Luigi Comencini, fu uno dei massimi esponenti della commedia all’italiana, che ha contribuito a rendere nota anche all’estero con film come I soliti ignoti, La grande guerra, L’armata Brancaleone e Amici miei.

Candidato per due volte al Premio Oscar, nonché vincitore di numerosi premi cinematografici, nel 1991 ha ricevuto il Leone d’oro alla carriera alla Mostra del cinema di Venezia.

Nel 1945 Monicelli è aiuto-regista nel primo film di Pietro Germi: Il testimone. In L’arte della commedia, Monicelli racconta che tra lui e Germi si instaurò un profondo legame; egli afferma: “Credo di essere stato uno dei pochissimi amici con cui aveva davvero confidenza”. Ad esempio di questo legame Monicelli racconta di due episodi. Quando Germi entrò in un periodo di crisi dopo la morte della moglie, chiamò Monicelli per dirigere il film che stava preparando (Signore & signori, del 1966), dicendogli che lui non poteva più dirigerlo; a Monicelli piacque molto il film, ma comunque si rifiutò e incoraggiò Germi a fare il suo film. L’altro esempio è quando Germi, impossibilitato a fare Amici miei per problemi di salute, chiamò Monicelli per dirigerlo.

Nel 1946 Monicelli fu scelto, insieme a Steno, da Riccardo Freda per realizzare la sceneggiatura di Aquila nera. Il film ebbe molto successo e la coppia Monicelli-Steno fu chiamata per scrivere alcune gag e battute per il film Come persi la guerra, di Carlo Borghesio, e prodotto da Luigi Rovere; da quel film, Monicelli e Steno formarono una coppia di sceneggiatori. La collaborazione con Steno, che durerà fino al periodo tra 1952 e 1953, produrrà alcune delle commedie più interessanti del dopoguerra; tra queste vi è Guardie e ladri, film del 1951 con Totò premiato al Festival di Cannes con il premio alla miglior sceneggiatura. In L’arte della commedia, Monicelli afferma che il sodalizio tra i due si interruppe esattamente durante la realizzazione dei film Le infedeli e Totò e le donne.[24] Entrambi i film dovevano essere sceneggiati e girati a quattro mani da Steno e Monicelli, ma in realtà quest’ultimo si occupò solamente de Le infedeli poiché, come racconta, si era stancato di fare solo film comici; Steno si occupò invece di Totò e le donne. Tutto questo avvenne senza che i produttori lo venissero a sapere perché altrimenti, racconta Monicelli, non avrebbero dato fiducia alla coppia di registi.

Fu sceneggiatore, insieme a Federico Fellini, anche per film di Pietro Germi: In nome della legge (scritto con Pinelli, Germi e Giuseppe Mangione). Nel 1957 Monicelli vince il premio al miglior regista del Festival di Berlino con Padri e figli. Il film considerato lo “spartiacque” nella carriera di Monicelli è I soliti ignoti, del 1958, il quale segna l’avvio verso la cosiddetta “commedia all’italiana”. L’anno dopo è la volta di La grande guerra, che vince un Leone d’oro ad ex aequo con Il generale Della Rovere di Roberto Rossellini ed ottiene una nomination all’Oscar al miglior film straniero. Nel 1963 Monicelli è autore del film I compagni, il quale varrà la seconda nomination ad un premio Oscar, quello alla migliore sceneggiatura originale. I soliti ignoti, La grande guerra ed I compagni sono tra i capolavori del regista viareggino.

I soliti ignoti, del quale Monicelli è anche sceneggiatore assieme ad Age e Scarpelli e a Suso Cecchi D’Amico, rovescia per la prima volta la dialettica di Guardie e ladri con la quale lo stesso Monicelli (insieme a Steno che lo affiancò alla regia) aveva impostato fin dal 1951 la rappresentazione del rapporto tra autorità e libertà, tra giustizia togata e semplice sopravvivenza delle classi più umili. Quattro anni dopo, Monicelli inverte i ruoli: in Totò e Carolina (1955) lo straordinario attore napoletano non è più un ladruncolo ma un poliziotto, e la censura dell’epoca non prende affatto bene l’ironia intorno alle forze dell’ordine: il film subisce pesanti e talvolta inspiegabili tagli, e benché in tempi recenti ne sia stata restaurata la copia originale, continua a essere trasmesso nella versione “epurata” e inquinata da un demenziale titolo di testa imposto dalla censura di allora, francamente insultante anche solo nei confronti del livello attoriale di Totò.

Così con I soliti ignoti Monicelli abbandona la dialettica antagonista tra tutori e trasgressori della legge, rappresentando esclusivamente il lato mite, confusionario e frustrato di un manipolo di aspiranti ladri votati all’insuccesso. La grande guerra, lontano dagli stereotipi classici della commedia, svaria notevolmente da un estremo all’altro del registro tragicomico affrontando un argomento doloroso e complesso come la tragedia della Prima guerra mondiale, ed è impreziosito dalle memorabili interpretazioni di Alberto Sordi e Vittorio Gassman. I compagni, film sulla storia del sindacalismo e, ancor prima, sulla fratellanza tra operai delle fabbriche, è poco noto al grande pubblico ma molto apprezzato dalla critica (con Marcello Mastroianni, Renato Salvatori e Annie Girardot).

Negli anni Sessanta Monicelli si dedica anche a film a episodi: Boccaccio ’70 del 1962, Alta infedeltà del 1964 e Capriccio all’italiana del 1968 (anche se l’episodio da lui diretto in Boccaccio ’70 fu tagliato dal produttore Carlo Ponti, scatenando la protesta dei registi italiani che decisero quasi tutti di boicottare il Festival di Cannes del 1962, che avrebbe dovuto essere inaugurato appunto da questo film). Ne L’armata Brancaleone (1966) e, con minor efficacia, nel seguito intitolato Brancaleone alle crociate (1969), Monicelli mette in scena un singolare Medioevo tragicomico, costellato dall’uso di un’inedita lingua maccheronica divenuta memorabile nel cinema italiano. Il film del 1966 viene anche selezionato per il festival di Cannes.

Nel 1973 il film Vogliamo i colonnelli è selezionato per il festival di Cannes. Tra gli altri film di rilievo occorre ricordare La ragazza con la pistola, terza nomination all’Oscar (1968), Romanzo popolare (1974) e i primi due capitoli della trilogia di Amici miei (1975, 1982) – quello conclusivo (1985) verrà infatti diretto da Nanni Loy. Caro Michele vale per Monicelli l’Orso d’argento al festival di Berlino nel 1976.[25]

Il film successivo, girato nel pieno degli anni di piombo, ne esprime il dramma ispirandosi a un’opera dello scrittore Vincenzo Cerami: Un borghese piccolo piccolo (1977) è un’opera interamente e profondamente drammatica, estranea alle suggestioni tragicomiche delle opere precedenti e successive (Il marchese del Grillo, 1981, che pure si avvale di un’ottima interpretazione dello stesso Sordi). La sua regia nel Il marchese del Grillo gli fa vincere l’Orso d’argento al festival di Berlino del 1982. Negli anni Ottanta e Novanta, lo sguardo del regista cambia ancora: dal maschilismo di Amici miei si passa all’esaltazione della donna contenuta nell’opera Speriamo che sia femmina (1985), con cui torna a ricevere ampi consensi di critica e pubblico. Il successivo Parenti serpenti (1991) presenta nuovamente una caustica rappresentazione del modello familiare attraverso la problematicità dei rapporti tra generazioni, culminante in un finale addirittura tragico e scioccante. Nel 1994 esce nelle sale il grottesco Cari fottutissimi amici, che vede come protagonista l’attore genovese Paolo Villaggio. La pellicola, presentata al Festival di Berlino nello stesso anno, si aggiudica un Orso d’argento, nella sezione menzione speciale.

Monicelli si dedica anche al teatro, sia in prosa che lirico, con alcune felici produzioni, soprattutto negli anni Ottanta. Per la televisione produce il cortometraggio Conoscete veramente Mangiafoco? (1981), con Vittorio Gassman, La moglie ingenua e il marito malato (1989) e Come quando fuori piove (2000), mentre come documentario Un amico magico: il maestro Nino Rota (1999) e vari collettivi. Mario Monicelli si è anche occasionalmente prestato a qualche cameo attoriale (L’allegro marciapiede dei delitti, 1979; Sotto il sole della Toscana, 2003; SoloMetro, 2007), dando anche la voce al nonno di Leonardo Pieraccioni ne Il ciclone (1996).

È da considerarsi probabilmente il regista che meglio di tutti ha interpretato lo stile e i contenuti del genere della commedia all’italiana. Il suo attore di riferimento è stato Alberto Sordi, da lui trasformato in attore drammatico in La grande guerra e Un borghese piccolo piccolo, ma ha anche avuto il merito di scoprire le grandi capacità comiche di due attori nati artisticamente come drammatici: Vittorio Gassman nei Soliti ignoti e Monica Vitti nella Ragazza con la pistola. Il sorriso amaro che accompagna sempre le vicende narrate, l’ironia con cui ama tratteggiare le storie di simpatici perdenti, caratterizzano da sempre la sua opera. Forse non è un caso che molti critici considerino I soliti ignoti il primo vero film della commedia all’italiana, e Un borghese piccolo piccolo l’opera che, con la sua drammaticità, chiude idealmente questo genere cinematografico.

Con l’avanzare dell’età la sua attività è gradualmente diminuita ma non si è mai fermata, grazie ad una forma fisica e mentale sempre buona. A dimostrazione di questo, a 91 anni è tornato al cinema con un nuovo film, Le rose del deserto (2006). In occasione della sua uscita ha confidato, in un’intervista a Gigi Marzullo, di non aver alcuna paura della morte, ma di temere moltissimo il momento in cui smetterà di lavorare, perché si annoierebbe moltissimo. In un’intervista del 2008 ha dichiarato di aver abbandonato definitivamente l’attività registica con il cortometraggio documentaristico Vicino al Colosseo… c’è Monti. Nonostante ciò nel 2010 realizza La nuova armata Brancaleone, un cortometraggio di protesta contro i tagli alla cultura e all’istruzione di questo governo, con la collaborazione del compositore Stefano Lentini, di Mimmo Calopresti in veste di sceneggiatore e di Renzo Rossellini come produttore. Il corto è stato presentato durante l’Open Day al Cine-Tv Rossellini di Roma il 3 giugno 2010, dove sono stati presenti diversi giornalisti e politici, e oltre ai professori e ai ragazzi vi ha partecipato anche lo stesso Monicelli. Nello stesso anno ha inoltre preso parte alla realizzazione del cortometraggio L’ultima zingarata, omaggio al suo Amici miei, in cui reinterpreta il ruolo del professor Sassaroli.

A partire dal 2009 il Bif&st di Bari assegna un Premio intitolato a Mario Monicelli per la migliore regia tra i film del festival.

Ormai minato da un cancro alla prostata in fase terminale, la sera del 29 novembre 2010 verso le ore 21, Monicelli, a 95 anni, decide di togliersi la vita gettandosi nel vuoto dalla finestra della stanza che occupava nel reparto di urologia, al quinto piano dell’Ospedale San Giovanni Addolorata, dove era ricoverato. Dopo le commemorazioni civili tenutesi nella sua casa romana al Rione Monti e presso la Casa del cinema, il suo corpo è stato cremato. Nel 2013 il cantautore toscano Appino, frontman degli Zen Circus, ha dedicato a Mario Monicelli il brano Il testamento, con particolare riferimento all’episodio della morte del regista.

Redazione, ASCinema – Archivio Siciliano del Cinema

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