LA RAGAZZA CHE SAPEVA TROPPO (1963) – MARIO BAVA

Iniziò tutto da qui. La pellicola che diede ufficialmente i natali a un genere tutto italiano il quale, almeno per l’intero decennio successivo, avrebbe avuto prolifica e fortunata vita. La nascita del giallo all’italiana coincide, storicamente e stilisticamente, proprio con questo lavoro firmato Mario Bava, l’ennesimo colpo di genio di un deus ex machina che, letteralmente, con pochi mezzi ma tanta inventiva creava opere di bellezza straordinaria.


    La ragazza che sapeva troppo (1963) ammicca platealmente ai thriller di Alfred Hitchcock ma, al di là del titolo scelto di proposito per catturare il mercato internazionale, gode di una personalità e un’originalità inedite, formalizzando le cifre stilistiche che da quel momento in poi verranno riprese e declinate dai tanti autori che si affacceranno al genere, in primis Dario Argento.

    Una giovane ragazza americana, Nora Davis (Letícia Román) accanita lettrice di libri gialli, è in viaggio verso l’Italia per un periodo di vacanza. In aereo fa la conoscenza di un passeggero che poi, in aeroporto, verrà arrestato per traffico di marijuana. Ma questo non è che l’inizio di una serie di disavventure, in quanto l’anziana signora che avrebbe dovuto darle ospitalità una volta giunta a Roma muore di attacco cardiaco durante la notte. Nella corsa fuori casa per chiedere aiuto – in una suggestiva Trinità dei Monti notturna – Nora subisce uno scippo, cade e batte la testa. Riavutasi dall’incidente, è ora testimone di quello che sembra un omicidio: una donna pugnalata alla schiena e che muore davanti i suoi occhi, trascinata poi via da un uomo. Per lo shock la ragazza sviene e si risveglia in ospedale dove però nessuno le crede, poiché non vi è alcuna traccia del delitto di cui ha raccontato. L’unica persona che sembra darle credito è Marcello Bassi (John Saxon), il medico che aveva in cura l’anziana signora e insieme al quale cercherà, indizio dopo indizio, di capire quello che è realmente accaduto quella notte.

    Elegante, visivamente geniale e intrigante, La ragazza che sapeva troppo è una curiosa mescolanza di generi che contiene in sé tutti gli ingredienti per dare vita a uno stile cinematografico nuovo, diverso. Un po’ commedia rosa, un po’ mystery, un po’ thriller, un po’ gotico… ancora flebile ricorso al sangue ed “efferatezza” appena accennata (elementi questi che verranno ripresi e amplificati già in Sei donne per l’assassino dell’anno successivo) ma certamente molta suspense e molto fascino per una pellicola letteralmente pionieristica. Con essa, i topoi dello “spaghetti thriller” (tutti tranne abbigliamento e modus operandi del killer, su cui Bava tornerà nel 1964) vengono codificati con precisione: il testimone involontario di un delitto che si improvvisa detective; la follia dell’assassino e la complicità del familiare; le telefonate minatorie; i nastri registrati; la paura di ciò che non si riesce a vedere; le location sinistre.

    Ed è proprio grazie alla maestria di Bava se certe scenografie da cartolina vengono rese inquietanti e funzionali alla buona riuscita della pellicola, con un’illuminazione espressionistica e l’utilizzo di un bianco e nero davvero curatissimo. La bellissima scalinata di Trinità dei Monti e il quartiere Coppedè, nel cui appartamento deserto (ma illuminato da tante lampadine oscillanti) Nora viene richiamata da una voce misteriosa, acquisiscono un fascino particolare.

    Letícia Román è bellissima e anche molto brava nella sua parte, con un giovanissimo John Saxon che le fa da spalla e, grazie ai loro siparietti umoristici, la tensione viene di tanto in tanto spezzata. La verve leggera che accompagna il film si percepisce comunque già dai titoli di testa, musicati con Furore da Adriano Celentano, e che tornerà nuovamente alla fine, quando si insinua il dubbio che possa essere stata tutta un’allucinazione.

    Dario Argento porterà sugli schermi, qualche anno più tardi, una storia che ha molti punti di contatto con questo film. L’uccello dalle piume di cristallo (1970) di cui Sergio Corbucci (che ha contribuito alla sceneggiatura de La Ragazza…) si lamenterà al telefono con Mario Bava, tacciandolo di plagio. Ma il “nostro” pare che in realtà si sia compiaciuto dell’ottimo risultato raggiunto da Argento.

    Naturalmente, film che fa la data del giallo all’italiana, genere che approderà nelle sale di mezzo mondo, e di cui Bava ne ha dato il varo.

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