BLOW-UP (1966). L’ENIGMATICITÀ DI ANTONIONI SULLO SFONDO DELLA SWINGING LONDON

Un film seminale per un intero genere, seppur involontariamente. Un “non-giallo” sulla cui essenzialità/sensazionalità, negli anni a seguire, si innesterà la moda dei “dettagli sfuggenti” di cara argentiana memoria.

    Se si presume, infatti, che capolavori come Profondo rosso (ma anche L’uccello dalle piume di cristallo) siano tutta farina del sacco del Dario nazionale, allora bisognerebbe andare cinematograficamente indietro di qualche anno, nel 1966 per l’esattezza, per realizzare da dove derivi l’idea del particolare rivelatore che non si riesce a comprendere o ricordare.

    In una Swinging London nel pieno fermento della controcultura giovanile, fra le stravaganze e le sonorità beat dei mitici anni Sessanta, il brillante ma annoiato fotografo Thomas (David Hemmings) vorrebbe evadere dalla sua routine fatta di impegni sui set fotografici, tra modelle e aspiranti tali. Così, un giorno, trova la sua momentanea distrazione rubando degli scatti ad una coppia intenta ad appartarsi in un parco, ma lei, Jane (Vanessa Redgrave), accortasi della sua presenza, lo insegue cercando senza successo di farsi consegnare il rullino.

    Decisa comunque ad ottenerlo, si mette alla ricerca di Thomas trovandolo, infine, nel suo studio. Qui cerca addirittura di sedurlo pur di avere ciò che secondo lei le spetta ma lui riesce a liquidarla tenendo comunque per sé la pellicola contenente gli scatti. Al momento dello sviluppo le fotografie riveleranno agli occhi di Thomas dei particolari di cui inizialmente non si era reso conto e, ingrandendo sempre di più le immagini (da qui il significato del titolo), i dettagli sembrano farsi sempre più inquietanti. Cosa c’era nascosto dietro i cespugli del parco? Chi è quella figura misteriosa che sembra evidenziarsi, seppur con scarsa chiarezza, alle spalle di una terrorizzata Jane? O perlomeno, così sembra. Non rimane che tornare sul posto, in quell’immenso, deserto e silenzioso parco, e constatare con i propri occhi. E così Thomas fa la scoperta di un cadavere, proprio lì dietro quei cespugli, e sembra decisamente trattarsi dello stesso uomo con cui Jane stava intrattenendosi. Ma è proprio così? Ciò che Thomas vede è esattamente la realtà oggettiva oppure è semplicemente l’immaginazione che appare sovrapponibile ad una realtà sfuggente? I negativi misteriosamente non si trovano più, il cadavere scompare… e Thomas in tutto questo? E’ stato testimone involontario di un delitto oppure ha immaginato tutto?
Il finale restituisce una possibile spiegazione, lasciando comunque aperte diverse possibilità di interpretazione.

    Blow-Up è una pellicola a tratti surreale che scorre lenta, con pochi dialoghi e lunghi silenzi a volte persino imbarazzanti, in linea con la tradizione “dell’incomunicabilità” di Michelangelo Antonioni. Lo snodo giallo che ad un certo punto prende la storia non è altro che il fulcro della storia in sé, e tutto il resto fa da contorno. Ed è meraviglioso vedere Hemmings – bravissimo nel suo ruolo – che si muove, indaga, guarda e fa proprio come in Profondo rosso, alla ricerca di quel dettaglio che gli sfugge, che non gli torna in mente, e che è sicuro rappresenti la chiave per la risoluzione del delitto a cui ha, o meglio, crede di aver assistito. Dario Argento dev’essere rimasto innegabilmente colpito dalla sua interpretazione per sceglierlo come protagonista del quarto thriller della sua carriera. Ed effettivamente aveva proprio ragione.

    Al netto della storia che Antonioni ci vuol raccontare, ideata a partire dal racconto Le bave del diavolo dello scrittore argentino Julio Cortázar, Blow-Up è un film dal grandissimo impatto visivo e dall’innegabile pregio estetico: le ambientazioni, il design d’arredo, l’atmosfera glamour dei servizi fotografici, i costumi, le musiche. Da riscoprire per il suo indiscusso valore storico, per ciò che ha rappresentato per il cinema italiano e, ancora, per aver contribuito a creare certe premesse nell’ambito di un genere che di lì a poco avrebbe preso piede, il Cinema Giallo italiano.

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