AI PALAZZI TEZZANO E COMUNALE, LE PRIME PROIEZIONI CINEMATOGRAFICHE A CATANIA

Lo scrivono Il Corriere di Catania e un entusiastico Nino Martoglio, subito convertito alla “settima arte”.

    Quando e dove avvennero a Catania le prime proiezioni cinematografica pubbliche? E a quale pioniere dell’ancora nascente imprenditoria della “settima arte” (sempre pencolante tra arte e industria) si deve l’installazione in città della “vela incantata”, lo schermo bianco nel quale le incerte e traballanti immagini dei primordi vennero mostrate destando lo sbigottimento del pubblico etneo? Tutto conduce all’allora appena ventiquattrenne Giuseppe Lentini Vento, intraprendente imprenditore messinese nato Barcellona Pozzo di Gotto il 21 febbraio 1872, che per primo monta a Catania nel novembre 1896 un cinematografo ambulante, al numero 139 della centralissima via Etnea e a Palazzo Comunale. I locali prescelti, ancora di proprietà dello Spedale Vittorio Emanuele, sono oltre il Palazzo Comunale, quello sito all’interno di Palazzo Tezzano, poi ceduto in enfiteusi insieme ad altri contigui nel maggio 1898 al cav. Marco Patriarca (suocero di Pietro Verga, fratello di Giovanni), in “forza del contratto stipulato dal Notar Agatino Manduca il 29 maggio 1898 Reg. al n. 4443” e quindi nel giugno 1903 dati tutti in affitto ai fratelli Giovanni e Giorgio Tscharner (ad una pigione di 4.000 lire annue) che vi trasferiranno la celeberrima ed elegantissima “Birraria Svizzera” (Archivio Storico Comune di Catania – Archivio famiglia “Verga”, n. provv. 11361), che almeno fino 1915 funzionerà anche da sala cinematografica (v. “La Cine-Fono”, 1915).

    Versatile e instancabile Nino Martoglio (indiscusso padre del teatro siciliano), annuncia, di poco preceduto dal “Corriere di Catania”, attraverso il suo grintoso “il D’Artagnan” (settimanale fondato nel 1889) l’arrivo del cinema nella città di Verga, Rapisardi e De Felice, cogliendone immediatamente la sconvolgente novità incantato da cotanta meraviglia, appassionatamente definita “strabiliante”, “miracolosa”, preludio di quell’immediato innamoramento che di lui ne farà – dopo qualche anno – un metteur en scène, soggettista e sceneggiatore tra i più apprezzati dell’epoca del muto: “Non c’è che dire! Siamo proprio nel secolo delle più strabilianti meraviglie, anzi si potrebbe dire delle stregonerie addirittura! Da alcuni giorni è visitabile a Catania il Cinematografo, il miracoloso apparecchio di Edison, che, diremmo quasi, ricostituisce la vita e il movimento. Le più grandiose scene, con tutti i movimenti normali e naturali, con la più perfetta illusione, si riproducono a volontà, lasciando lo spettatore incantato e sbalordito. È davvero il caso di vedere per credere! Ed è tale interessante e indimenticabile spettacolo che val proprio la pena di vedersi, massime che si tratta di spendere appena 50 cent. Uno di questi apparecchi è nel gran salone del palazzo comunale, ed un altro al numero 139 di via Etnea, dopo il palazzo dei Tribunali” (“il D’Artagnan”, 6 dicembre 1896, n. 49, anno V).

    Qualche giorno prima di Martoglio (30 novembre 1896) nel quotidiano catanese “Corriere di Catania” “appare in taglio basso un articoletto con uno strano titolo in neretto ‘Il binematografo’, un clamoroso refuso peraltro ripetuto e quindi corretto nel corso del testo: “Ieri sera assistemmo agli esperimenti del binematografo esposto in una bottega sotto il Palazzo dei Tribunali in via Stesicoro Etnea, e ne restammo completamente soddisfatti. La proiezione, regolarissima senza oscillazione, è prodotta da un nuovo apparecchio di grande perfezione…l’apparecchio, per combinazione di lenti poderose, proietta alla quasi grandezza naturale le microscopiche istantanee…Altri esperimenti di cinematogarfo hanno luogo seralmente in una sala di Palazzo Municipale. L’apparecchio di sistema differente a quello sopra cennato e differente anche il modo di proiezione, rende assai bene le scene prese dalla fotografia e lascia soddisfatti quanti vi accorrono” (v. il mio La Sfinge dello Jonio. Catania nel cinema muto (1896-1930), Algra Editore, Viagrande (Catania), 2016, p. 27).

    Il locale prescelto (riutilizzato dallo stesso Lentini negli anni successivi), ceduto poi in enfiteusi (con altri attigui) a Patriarca, viene così dettagliatamente descritto nel verbale di consegna redatto dall’ing. Giuseppe Lanzerotti, incaricato dal Regio Commissario dell’Ospedale “Vittorio Emanuele”: “Bottega di n° 139 verso nord della precedente. Si compone di una prima stanza con porta d’ingresso al prospetto di levante, della retrostanza con finestra a ponente prospettante sull’area della coverta dei corpi qui in seguito descritti. Il pavimento della stanza di prospetto trovasi a livello della via Stesicoro-Etnea quello della retrostanza è più elevato del precedente di cm. 60…” (cfr. Archivio Storico Comune di Catania – Archivio famiglia Verga, n. provv. 11363). Il n. 139, come si legge nel successivo contratto di locazione tra Patriarca e i Tscharner, indica comunque solo l’ingresso “…a tre grandi vani sussecutivi” dove si trovavano già un gran salone con tettoie a cristalli e gallerie a giro “adorno di 32 grandi colonne in cemento lucidato imitanti il porfido e con mensole e decorazioni varie pure in cemento”, corridoi, altre stanze, quindi cortiletti, bagni, ecc…. V’erano, dunque, ampi spazi da usare per la proiezione, verosimilmente avvenuta nell’elegante salone. Due anni – dopo essere più volte tornato a Catania, sarà sempre l’infaticabile Lentini a far conoscere finalmente alla città etnea il tanto osannato “Cinématografe Lumière” (v. “il D’Artagnan”, 13 febbraio 1898), e che a Palermo era già noto dall’anno prima.

    Palazzo “Tezzano”, i cui lavori iniziati nel 1720 furono portati a termine in soli 4 anni, costruito per ridare nuova sede all’Ospedale “S. Marco” completamente distrutto a seguito del disastroso terremoto del 1693, si deve all’ingegno ed alla generosità di Nicolò Tezzano, uomo chiave dei soccorsi che dona un suo terreno (comprendente l’attuale piazza Stesicoro) per la costruzione del nuovo ospedale. “…figura multiforme, poeta in latino ed italiano ed eccellente oratore ‘inventore’ della Anatomia Patologica, formidabile mix di formazione umanistica e scientifica e quindi “medico filosofo” precursore della medicina moderna, legato alla sua città da un amore quasi perverso che lo portò a non cedere alla richieste dei viceré che lo volevano lettore presso lo studio di Palermo lusingandolo attraverso offerte stupefacenti sotto il profilo economico. Nelle giornate immediatamente successive al terremoto, Tezzano è il riferimento essenziale nella gestione dell’emergenza in una città stravolta dai lutti, oltre 20.000 su una popolazione di molto inferiore ai 30.000…” (S.P.Cantaro, “Strumenti di management e ricerca della qualità nella storia dell’Ospedale S. Marco”, in “Medici e medicina a Catania”, Maimone, Catania, 2001). Nel 1880 il “S. Marco” cambierà nome in “Ospedale Vittorio Emanuele”, anch’esso costruito in pochi anni, mentre una parte di Palazzo “Tezzano” esaurita del tutto la funzione di ospedale diverrà sede del Tribunale.

    Oggi, tra corpi aggiunti e superfetazioni, Palazzo “Tezzano” è occupato dalle scuole Pirandello e Capuana mentre i locali al pianoterra prospicienti su via Etnea e quelli su piazza Stesicoro sono tutti adibiti a botteghe. Chiusi ormai da tempo lo storico, dimenticato e declassato n. 139 e gli attigui nn. 141 e 143, fino agli anni ’80 sede della Upim. Resta invece intatto il Palazzo Comunale di piazza Duomo, il cosiddetto Palazzo degli Elefanti, edificio storico la cui costruzione ebbe inizio nel 1696, subito dopo il catastrofico terremoto del 1693 e proseguita per molti decenni.

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