LUCARELLI FILM, AZZURRI FILM E LUMEN FILM. PALERMO E IL CINEMA DELLE ORIGINI

Il cinematografo, con il suo fascino misto di tecnologia, innovazione ed anche di poesia non è arrivato per caso nella Palermo di fine Ottocento, anzi, ne ha piantato le basi con i contorni e i détour tipici di una capitale del profondo Sud italiano e – perché no? – euro-mediterranea.

Ma, accendendo i riflettori, partiamo dall’analisi di un contesto cittadino storico e sociale in cui l’industrializzazione già imperante in buona parte dell’Italia da più di un cinquantennio (soprattutto nel Settentrione) e dell’Europa occidentale, era appena arrivata con la nascita delle prime fabbriche locali, molte delle quali di piccole e modeste dimensioni ma che hanno donato un grosso contributo alla nascita ed allo sviluppo della borghesia palermitana, cultrice del progresso e dei principi del capitalismo (intesi soprattutto nella pura accezione letterale di accumulo di capitale) che stava maturando svariati caratteri distintivi che la differenziavano dalla vecchia” aristocrazia “gattopardiana” e che, nei fatti, ha permesso che la città della Conca d’Oro fosse aperta e pronta ad accogliere le avanguardie culturali, artistiche e soprattutto tecnologiche che l’avrebbero direttamente catapultata nel fiducioso clima della Belle Époque, con la sua forte connotazione europea e, soprattutto, con quell’atmosfera di fiducia nel progresso e nel futuro che tanto hanno giovato all’innovazione di quegli anni.

Non è un caso, pertanto, che la nascita e lo sviluppo della settima arte con l’arrivo timido (ma non troppo) delle prime proiezioni del cinematografo in città è stata avvantaggiata proprio da quella borghesia rampante panormita che lo ha subito considerato come il futuro di un’arte che già nella sua più intima essenza rappresentava la sintesi del progresso, dell’innovazione, della scienza soprattutto riguardo le conoscenze legate ai fenomeni ottici, un mix di elementi che, ben combinati tra di loro, si stavano concretizzando in una nuova forma di espressione artistica.

Se questa era l’istantanea della società italiana, Palermo non poteva rimanerne estranea o, ipotesi ancora peggiore, esclusa all’incalzante novità del cinematografo, portata alla ribalta dai fratelli Lumière in Francia. Ma fissiamo nel tempo un accadimento: è la domenica del 18 aprile 1897 e ci troviamo al Teatro Garibaldi. E, facendo un altro sforzo in più con l’immaginazione, visualizziamo in quel teatro uno grande telo bianco al posto della scena con degli attori che “giocano” a raccontare la vita.

Questa volta il racconto si farà vivo attraverso delle immagini che, nel buio più completo della sala, verranno proiettate da un “aggeggio” (che poi chiameremo più semplicemente proiettore). Un cono con un fascio luminoso che si apre sempre di più fino a “fissarsi” sul telo in immagini in movimento che sembrano essere vive, lì, su quel telo ma che in realtà sono solo magicamente impresse sulla pellicola che viene proiettata. Anche quelle immagini raccontano storie più o meno lunghe e, forse, anche più o meno interessanti ma non hanno nessun suono, ragion per cui ad accompagnarle interviene un’orchestrina che suona lì, in tempo reale e sincronizzata con le immagini, donando spazio all’immaginazione degli spettatori. Ma c’è di più. Galvanizzanti sono le immagini che provengono da posti lontani, che mostrano la vita con i suoi volti, le sue storie intrise di sentimenti ed azione come viene vissuta in un “altrove” che adesso è ancora più vivo e vero rispetto ai racconti dei romanzi o ai dipinti di eccellenti pittori.

Fonte importante di riferimento che attesta l’arrivo del cinematografo a Palermo è il Corriere dell’Isola del 17 aprile 1897: “(…) Il cinematografo è il più bello degli apparecchi del genere che esistono e merita davvero di essere veduto (…)”. Queste le parole schiette con le quali il giornale dell’epoca presentava ai suoi lettori l’irrompere del cinematografo a Palermo.

Nei fatti, come ci testimonia lo stesso Corriere dell’Isola, fu un gran successo di pubblico seppur il Teatro Garibaldi era un posto un po’ troppo popolare per un cinematografo che, giust’appunto, era destinato ad un pubblico elitario, oltreché altolocato. Ragione, questa, per cui al successo delle sue prime proiezioni al Garibaldi ne conseguì il trasferimento nella più aristocratica Sala Ragona, in via Maqueda, sopra l’Emporio Internazionale. Il 9 maggio, dalle pagine della medesima fonte di stampa si scrive così: “Questo trasloco era assolutamente indispensabile giacché non era possibile presentare uno spettacolo come il Lumière in un teatro come il Garibaldi. Quando si pone al pubblico un bel quadro si ha anche il dovere, per il rispetto che al pubblico si deve, di mettere questo quadro in una bella cornice e la direzione del Lumière ha fatto bene a trasferirsi nella Sala Ragona dove potrà contare ora sul concorso di quanto Palermo ha di più intelligente ed aristocratico, poiché fin ora questo cinematografo esposto al Garibaldi faceva ragionevolmente dubitare tutti, anche questa volta trattavasi di una mistificazione come quelle già subite qui in genere di cinematografo”.

Nonostante il suo trasferimento, il cinematografo a Palermo segnò una prima tappa importante di consenso popolare, motivo per il quale la sua permanenza in città fu prolungata fino al 7 luglio, sebbene fosse stata prevista la permanenza solo fino al 7 maggio.

È doveroso, a tal proposito, fare delle dovute considerazioni alla luce soprattutto del concetto di “democraticità dell’arte” che presuppone anche che tutti possano fruire di un prodotto artistico a prescindere dall’estrazione sociale o l’appartenenza religiosa, dal sesso o qualsivoglia simile distinguo. Il cinema, nella sua fase iniziale, non poté rimanere fuori dall’essere considerata un’arte appannaggio delle classi sociali più “elevate”, anche se non mancavano le proiezioni più “popolari”, puntualmente disertate dalla borghesia e dall’aristocrazia. Anzi, come ci testimonia il cronista sopra, era stato sin da subito percepito come un’arte volta ai più ricchi.

È pur vero che erano gli anni del pionierismo per eccellenza ed il cinematografo era ancora un’attività creativa in divenire e, sicuramente, percepita in modo sostanzialmente diversa che nei tempi moderni. Sul finire dell’Ottocento, infatti, il quadro sociale legava le innovazioni agli interessi dei vertici socio-culturali, creando un’apertura binaria sempre pervia tra il “nuovo” e l’“abbiente”, ricca borghesia e aristocrazia inclusa che, peraltro, ostentava la voglia di aprirsi alle novità tecnologiche poiché stanca di affollare le sale di teatro; le solite da secoli.

Si può affermare, pertanto, che il cinema nei suoi primi anni sia un’arte intimamente connessa a quel complesso di procedimenti produttivi dell’industria, del “ludico” e dell’arte, rappresentandone lo specchio e generando curiosità e destabilizzazione, in assenza – pro tempore – di un proprio statuto ontologico.

I primi filmati girati non furono quelli che comunemente consideriamo dei film a soggetto; questi ultimi sarebbero nati qualche anno più tardi assieme alle prime case di produzione e alle accademie attoriali. Si trattava, invece, di brevi filmati che documentavano scene di vita quotidiana come La partita a tric-trac, I Campi Elisi, Una gondola a Venezia, tutti di produzione Lumière. In Italia, ed anche a Palermo, tra i film proiettati uno riguardava il Re d’Italia, ripreso con la Regina mentre si recavano al Real Castello di Monza. Un momento questo, legato ad un fatto di attualità e che vede protagonisti per la prima volta sul grande schermo il Re Umberto e la Regina Margherita che sembra abbiano deciso consapevolmente di essere al centro dell’obiettivo nel corso di una loro visita ufficiale. Questo ed altri filmati dal vivo costituivano le primissime proiezioni agli occhi degli italiani, nonché dei palermitani fruitori degli spettacoli al Teatro Garibaldi, ove emergeva lo scopo mal celato di promuovere i regnanti di Casa Savoia e, al contempo, rendersi umanamente visibili” ai sudditi, molti dei quali ne avevano osservato solo qualche foto o stampa.

Una vera rivoluzione omnicomprensiva, pertanto, quella del cinematografo che anche a Palermo – già capitale del Regno di Sicilia per molti secoli e una delle città più grandi e popolose del giovane Regno d’Italia – sarebbe stata destinata ad avere un lungo prosieguo nel tempo segnandone indelebilmente la sua storia.

Dopo i primi anni di “cinematografo ambulante”, anche a Palermo fu ben chiaro quanto importante potesse essere il potenziale economico legato a quella che si profilava come una vera e propria industria del cinema.

Solo sul finire del primo decennio del Novecento, l’inizio degli anni Dieci, e quasi a ridosso della Grande guerra, si può datare la genitura del cinema palermitano. Siamo agli albori del secolo e Raffaello Lucarelli decide di investire parte del suo capitale per la creazione della prima sala cinematografica della città e lo fa costruendone una ex novo nella centralissima via Cavour, ossia il Cinema Teatro Lucarelli. Ma questa, in realtà, fu solo una delle tappe che videro l’impresario toscano impegnato a Palermo nell’opera di allestimento delle prime sale cinematografiche. E lo annota anche la storica del cinema Nila Noto sul supplemento a Cronache Parlamentari Siciliane del mese di aprile 1990: “Nell’ottobre del 1905, Lucarelli trasforma i locali di palazzo Tagliavia, di fronte al Teatro Massimo, in un cinematografo, l’Edison Sal”, divenuto poi Lumière-Edison, creato dallo stesso Lucarelli. A questa sala si aggiungono rapidamente il Radium, l’Iride, l’Eden, l’Orfeo ed il Du-Charme, quasi tutti gravitanti nelle zona di piazza Verdi, incluso il cine-teatro Cines di via Cavour, di proprietà della nota casa di produzione e distribuzione romana, ma molto attiva in Sicilia. L’anno dopo venne inaugurato il cinematografo Gran Salone Biondo, ricavato da un teatro preesistente, ossia l’ex Salone delle feste e dei concerti, il cui ingresso era sito in via Venezia; e il Radium ubicato in via Cavour.

Quasi per gemmazione osmotica, le sale cinematografiche “a favore” delle classi sociali privilegiate sorsero all’interno della Palermo début du siècle, quando le sale popolari erano distribuite nel nocciolo antico del centro storico. In via Maqueda proliferarono l’Excelsior a palazzo Rudinì, poi il Panormus, il Maqueda, il Bomboniera, il Royal Cinématographe (inaugurato il 20 gennaio 1906 in via dei Candelai, 10, angolo via Maqueda, sulla quale venne spostato l’ingresso al civico 232 presso i Crociferi, dopo una ristrutturazione), il Ballarò, nell’omonimo quartiere, il Palermo, sito in corso Vittorio Emanuele. Il Teatro Bellini – in affanno dopo il fulgido avvio del Teatro Massimo – rivalutò il cinema nel 1906. In via Stabile nacque il Trianon, sostituito l’anno dopo dall’Orkestron nel medesimo locale. All’estremità nord di viale della Libertà sorse il prestigioso cine-teatro Olympia. Al Foro Italico (già Foro Umberto I), passeggiata a mare considerata area ludica e di svago per tutti i palermitani, vi erano il Cinema Mondiale (al villino Guarnieri), l’Arena Lucarelli ed – all’interno, su piazza Santa Teresa alla Kalsa – il cinema concerto Bengasi. Il Kursaal Biondo sorse sulla via Emerico Amari e, immediatamente dopo, l’Excelsior ed il Modernissimo in via Stabile, a ridosso dei Quattro Canti di Campagna (oggi piazza Mariano Stabile); il Grandioso Cinematografo Utveggio, accanto al Teatro Massimo e Porta Maqueda.

La galassia cinematografica, che riempiva anche le conversazioni salottiere della città, divenne una novità stimolante per la Palermo della Belle Époque, una fabbrica di occasioni mondane dove esibire ed esibirsi, avvertendo l’illusione intima di essere parte di un momento storico che avrebbe influito evolutivamente sulla società. Sebbene il pubblico maschile fosse numericamente più copioso, i gestori fiutavano occasioni speciali per organizzare le designate “serate nere”, rivolte esclusivamente agli uomini. Da osservare che anche il costume mutava rapidamente in funzione del cinematografo: gli assembramenti in penombra erano alternativi ai classici tête-à-tête ed erano veicolati preliminarmente da codici gestuali e mimici tra “dame” ed “avventori” nei vestiboli delle sale.

Da qui, lo scoppio della Prima guerra mondiale i cui effetti non mancarono dal farsi sentire nemmeno sull’assetto economico-sociale di Palermo: tutto si bloccò, il clima positivo e creativo che l’aveva caratterizzata per diversi anni adesso viene sostituito da una stasi economico-sociale derivante dalla crisi economica alla quale tutta la Penisola dovette far fronte. E se nelle città del “continente” il periodo post-bellico aveva i contorni di timidi bagliori di ripresa e vitalità, a Palermo le cose non andavano così.

Venuti meno gli imprenditori privati, primi fra tutti la famiglia Florio, che avevano cercato di far decollare a Palermo l’industria e il terziario, nel Dopoguerra la città sembra abbandonata ad un grigiore che solo il governo fascista, pochi anni dopo l’ascesa di Benito Mussolini, cercò di cancellare tramite lo stanziamento di fondi da investire in infrastrutture di pubblica utilità; una tra tutte il Palazzo delle Poste in via Roma, mentre l’economia ricominciò a respirare assieme all’imprenditoria privata legata al cinema.

Da qui il cinema, nell’accezione comune con la quale oggi siamo soliti intenderlo, comincia a farsi strada in modo quasi trionfale, assieme alla nascita di numerose sale cinematografiche distribuite in modo quasi del tutto capillare su tutto il tessuto urbano della città non escludendo nemmeno i quartieri più popolari di cui s’è già accennato. Nell’asse Politeama Massimo sorgono il Palazzo-cinema Massimo, sul lato est di piazza Verdi; a poche centinaia di metri il Nuovo Excelsion Supercinema; in via Ruggero Settimo il Diana ed Il Modernissimo, e l’Eden di fruizione estiva a ridosso dei Quattro Canti di Campagna; il cinema Imperia all’interno del giardino del Kursaal Biondo. Imponente e monumentale, in via Roma, il Palazzo-cinema Finocchiaro, mentre all’interno del villino Isabella della “neonata” via Notarbartolo nasceva l’omonima arena. Nello stesso periodo nasceva il sistema delle prime e seconde visioni, caratterizzato da titoli nuovi o in circuitazione già da anni, con servizi qualitativamente diversi per lo spettatore. Si moltiplicarono le sale minori nel centro storico e nelle borgate periferiche. L’industria cinematografica diventò molto appetibile e la diffusione divenne copiosa così come gli investimenti degli impresari.

La figura di Raffaello Lucarelli ci conduce a diversi focus, tanto centrale fu il ruolo che svolse in città, a cominciare dal legittimo primato nell’aver fondato la prima casa di produzione cinematografica in Sicilia, la Lucarelli Film, appunto. Ma non fu solo un impresario ma anche un regista e, proprio a Palermo già dal 1905, cominciò girare le prime pellicole. È da questo momento in poi che possiamo iniziare a parlare di cinema muto e, nel caso più specifico, di un’industria cinematografica a Palermo. Perché questo salto? Il motivo lo possiamo trovare nella domanda del “giudice supremo” a cui una forma d’arte si rivolge: il pubblico! Che è lo stesso che nel corso degli anni aveva frequentato con assiduità le proiezioni cinematografiche e chiedeva nuovi titoli, contenenti magari storie ludiche e d’evasione, lontane dalla mera cronaca che le prime pellicole descrivevano. C’era bisogno di un’ulteriore rivoluzione a livello contenutistico e quantitativo, soprattutto relativamente al numero di copie da distribuire. Urgevano nuove pellicole per un pubblico sempre più numeroso ed esigente che mal si adattava ai criteri restrittivi del vecchio cinematografo.

Raffaello Lucarelli fu tra i primi ad intuire le necessità del mercato. Nel 1906, infatti, apprese i primi rudimenti sulle riprese cinematografiche, ovvero una sorta di praticantato alla regia che gli permise acquisire un buon bagaglio di contenuti tecnici, con il fine di girare egli stesso dei film ed immetterli nel mercato della distribuzione locale e nazionale.

A partire dal 1906, fece entrambe le cose, anzi le superò riuscendo anche a valicare i confini nazionali ma iniziò col girare dei documentari di diversa natura che riguardavano avvenimenti importanti, feste che interessavano Palermo e il territorio limitrofo. Tra gli altri titoli vanno ricordati Festa a Villa Igiea (1906), Il matrimonio Florio-Montereale (1909), La venuta in Sicilia dell’imperatore di Germania Guglielmo II (1909), Feste commemorative di Palermo (1910), Il bacino idroelettrico di Piana dei Greci (1910), I Cantieri Navali di Palermo (1910), L’arrivo dei vinti del generale Ameglio a Rodi (1912), ed altri filmati relativi a ricorrenze, eventi sportivi, vendemmie, lavorazione del sale, estrazione del zolfo, etc. Si tratta, com’è ben chiaro, di titoli di profilo documentaristico e che vennero distribuiti dalla Sicania Film, una società di distribuzione fondata dallo stesso Lucarelli che nel corso degli anni cambierà diverse volte nome per stabilizzarsi in Industrie Cinematografiche Lucarelli nel 1908. Ma dopo queste prime prove di cinema “dal vero”, Lucarelli cominciò a produrre e girare film a soggetto di vario genere con una distribuzione che non fu solo palermitana ma internazionale, grazie ad un accordo che lo stesso firmò con la decantata casa di produzione parigina Pathé.

Parallelamente, la Società Italiana Cines – casa cinematografica pionieristica con sede in Roma, già attiva in Sicilia orientale con Gita a Messina (1907), Inaugurazione dell’Esposizione di Catania (1907), Terremoto di Messina e Calabria (1909), etc. – girava a Palermo ed in Sicilia occidentale alcuni filmati dal vero come La Conca d’Oro (1910), Palermo monumentale (1910), San Giuliano e le saline di Trapani (1910), La tonnara di Favignana (1910), e così via. È verosimile – ma non bastano le sinossi per dimostrarlo – che le troupe della Cines abbiano girato a Palermo e dintorni anche i film a soggetto Il piccolo garibaldino (1909), La baronessa di Carini (1910), Garibaldi a Marsala (1912) e I mille (1912), ma, in assenza di prove assiomatiche ci asteniamo dall’includerli nei titoli censiti, sebbene il primo e l’ultimo titolo siano visionabili e risultino privi di riconducibilità ambientale a Palermo.

Nel 1913, intanto, Raffaello Lucarelli aveva già fatto il salto in avanti; ci basti ricordare i primi titoli di questa fase eroica del cinema palermitano per capire come la capitale dell’Isola si era proiettata in una dimensione che non era semplicemente quella nazionale ma addirittura europea: La bufera (1913), Più forte dell’Odio (1913), Il silenzio del cuore (1914), Rosa Thea (1914), Fior di rupe (1914), Il romanzo fantastico del Dr. Mercanton o il giustiziere invisibile (1915), Profumo mortale (1915), vennero proiettati in diverse città d’Europa, oltreché d’Italia.

Per una ricognizione adeguata delle figure attoriali del muto in auge a Palermo, in Sicilia e non solo, è utile premettere che buona parte di coloro che si prestarono al cinema provenivano dal mondo teatrale. Questo aspetto è comune anche ai giorni nostri, sebbene il set cinematografico sia cosa ben diversa dalla scena teatrale. Cinema e teatro per certi aspetti si compenetrano, ma per molti altri sono profondamente lontani.

Il cinema muto necessitava di tecniche e sforzi supplementari per essere compreso dallo spettatore e gli attori erano chiamati a sforzi mimici e gestuali che oggi appaiono grotteschi, ma non vi era altro modo per comunicare emozioni e stati d’animo. L’altro aspetto legato all’assenza del sonoro è la facile diffusione di una pellicola su un mercato internazionale. Ben presto si capì che recitare un copione per il “grande schermo” era qualcosa di molto diverso dall’interpretare una parte in teatro e, in assenza di vere scuole attoriali, la recitazione era molto più complessa e difficile.

Appare chiaro che un bravo attore di teatro non assicurava un consenso sul grande schermo. Appresa questa consapevolezza, fu semplice comprendere il talento di ciascun attore. Per questa evoluzione bisognò attendere un decennio. I primi attori provenivano quasi tutti da esperienze teatrali e, ritornando a Lucarelli, egli arruolò per i suoi film diversi nomi che, forse, se si fossero soltanto fermati alla “vecchia” arte del teatro, nessuno oggi li ricorderebbe: Leo Benfante, Emilio Graziani, Liana Noris, Renato Giorgi, Tina Ivers ed Edmondo Barbieri. Furono Ettore Nola con La bufera e Nazareno Malvica di Villanueva con Più forte dell’odio a girare contemporaneamente i due primi lungometraggi a soggetto per la Lucarelli Film. Correva l’anno 1913.

In merito a quest’ultimo film, degna di nota è una riflessione che comparve sul Giornale di Sicilia nel 1913: “Noi finalmente potremo dimostrare che non solo i coltelli e l’omertà che formano la caratteristica unica e speciale di questa terra, ma che in essa rifulge forse più che in ogni altro popolo il senso fine dell’amore e della generosità portata al più alto grado. Questi i principi basilari d’arte che si propone diffondere la nuova industria cinematografica, queste le idee che animano il suo coraggioso fondatore. Conoscitore cosciente dei tesori innumerevoli e misconosciuti che l’Isola e il popolo racchiudono, forte di una volontà ferrea, ha dato il gran passo.”

La Lucarelli Film, in concreto, non ebbe lunga vita, tuttavia tracciò la strada per quella che nel giro di pochi decenni sarà la vera e propria industria cinematografica che vede la Sicilia e le zone del Palermitano come un vero e proprio set naturale d’ambientazione cinematografica. Tuttavia, alla stessa Casa va riconosciuto l’ulteriore merito di aver promosso la nascita delle prime accademie di recitazione cinematografica a Palermo, come la scuola di Paolo Azzurri e l’Accademia d’Arte Cinematografica diretta da Leo Benfante.

Il manuale dell’Azzurri che vide la luce qualche tempo dopo l’avvio della scuola, e precisamente nei primi mesi del 1915, si poneva come guida teorico-pratica a dei corsi accelerati della durata di tre mesi che prevedevano gli insegnamenti per imparare ad usare i muscoli facciali per una corretta espressione del viso; per il modo di incedere e gestire antico e moderno; per l’uso della parola nell’azione cinematografica; per acquisire l’arte del porgere e del come comportarsi in società; per imparare come si deve indossare un abito, l’arte del trucco, del saper cadere nonché l’uso dei primi piani e degli ultimi piani cinematografici”, sottolineano così Sebastiano Gesù e Nino Genovese in E venne il cinematografo. Le origini del cinema in Sicilia (Maimone Ed. 1995).

Si evince che l’ambito attoriale, modulo del “sistema cinema”, è ancora un macrocosmo in evoluzione ma questo aspetto, nei fatti, non ha per nulla limitato l’emersione dei primi grandi attori siciliani, dotati di un carisma marcato e pregnante, di fascino ed anche valore che gli permise di accostarsi ai maggiori divi del cinema italiano e non solo.

Ancora nel 1914, la Lumen Film – casa di produzione elvetica con sede a Losanna e con due produzioni all’attivo: Une aventure de Redzipet (1908) e Roulez tambours! (1913) – fonda una succursale a Palermo affidandone la direzione al regista Albert Roth-de-Markus che s’impegna a produrre film di propaganda in chiave anti tedesca. La Prima guerra mondiale non è ancora scoppiata, ma il Paese è diviso tra chi la auspica e chi vorrebbe evitarla, mentre la florida produzione cinematografica tocca la media di seicento film prodotti ogni anno. Il nostro Sud è un mercato fecondo e Roth-de-Markus ne fiuta le potenzialità, ritenendo Palermo la città più adatta per impiantare una sede della Casa svizzera. Peraltro, il regista Gian Orlando Vassallo si rende disponibile così come Paolo Azzurri con la sua scuola attoriale, incluse le maestranze tecniche. Albert Roth-de-Markus esige un cast anonimo come condizione, nell’intento di non appannare le potenzialità della Lumen Film sul mercato svizzero francofono. Nel 1915 saranno prodotti i gialli esoterici Profumo mortale e Il romanzo fantastico del Dr. Mercanton o il giustiziere invisibile, coprodotto l’anno dopo con la Lucarelli Film. Nella progettualità di Roth de Markus vi è una serie di film dal sottotesto “Drammi popolari svizzeri”, densi di thriller e suspence ispirandosi a Louis Feuillade, autore di Les Vampires (1916) e a Victorin-Hippolyte Jasset, realizzatore di una lunga serie di pellicole poliziesche su Nick Carter. La Lumen Film vuole offrire al circuito palermitano, siciliano, ma anche elvetico, tedesco e francese, film essenziali ma coinvolgenti e con un’alta qualità scenografica, realizzando una sorta di romanzo cinematografico “(…) apprezzatissimo da tutti coloro che leggono i romanzi dappendice.” Ma dopo la dichiarazione di guerra italiana all’Impero austro-ungarico i propositi di Albert Roth-de-Markus si interrompono dopo solo i due film suddetti, distribuiti anche sul mercato europeo.

© Antonio La Torre Giordano, ASCinema – Archivio Siciliano del Cinema

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