EMANUELE CRIALESE. SICILIANO D’ADOZIONE

Il sodalizio con Vincenzo Amato, Respiro (2002) e l’amore per Lampedusa

Nonostante i natali e la crescita Oltreoceano da novello Frank Capra, Emanuele Crialese si può considerare siciliano d’adozione. Nasce a Roma da genitori siciliani, probabilmente lampedusani, qualcosa che sembra segnarlo indelebilmente nell’animo se riflettiamo sulla sua produzione filmica.

Partito per l’America infatti, Crialese entra nella prestigiosa Tisch School of the Arts, New York University, dove si diplomerà nel 1995, iniziando a girare le sue prime opere tra cui il cortometraggio Heartless (1994) e la sua opera prima, Once We Were Strangers (1997). La pellicola, che segna l’inizio del sodalizio con il suo alter-ego non dichiarato, Vincenzo Amato, permetterà a Crialese di diventare il primo italiano selezionato al Sundance Film Festival di Robert Redford. Tra il 1998 e il 2000, Crialese si dedica alla regia teatrale, e a un trattamento cinematografico di Ellis Island con il produttore Bob Chartoff (Rocky, Toro Scatenato).

    La svolta nella carriera arriva però nei primi anni Duemila con Respiro (2002), il suo capolavoro, con cui si consacra sulle grandi platee del Festival di Cannes 2002, vincendo il Gran Premio della Critica e il Young Critics Award Best Feature. Girato e ambientato interamente a Lampedusa, l’opera con protagonisti Vincenzo Amato, Elio Germano e Valeria Golino, è ambiziosa e originale nella magia della sua costruzione d’immagine, di cui Crialese ci fa assaporare il suo concetto di libertà, avvolgendolo in un linguaggio filmico che vive di crudo realismo degno del miglior Tornatore e di dinamiche relazionali che toccano le corde dell’incomunicabilità umana.

    Nel 2006 è invece la volta di Nuovomondo, terzo lungometraggio con cui Crialese cambia registro tematico per avvicinarsi al cinema socio-politico. L’opera con protagonisti Charlotte Gainsbourg (che sostituisce la prima scelta Valeria Golino), Aurora Quattrocchi e Vincenzo Amato, racconta infatti della migrazione italiana agli inizi del Novecento; realizzando così un’arguta riflessione sul tema del viaggio migratorio e su come, un tempo, erano proprio gli italiani gli stranieri che venivano dal mare e che cercavano accoglienza nel “nuovomondo”. L’opera, di delicata cura registica e di costruzione del contesto scenico, alza la cifra stilistica nel cinema di Crialese conquistando critica e pubblico. È la definitiva consacrazione di Crialese che vince il Leone d’Argento, tre David di Donatello, arrivando fino a sfiorare gli Oscar 2007; Nuovomondo è infatti la candidatura italiana proposta all’Academy – senza tuttavia riuscire ad entrare nella cinquina vincente che quell’anno vide – tra gli altri – il messicano Il labirinto del fauno di Guillermo Del Toro e il tedesco Le vite degli altri di Florian Henckel von Donnersmarck. Cinque anni più tardi è la volta del suo ultimo lungometraggio, Terraferma (2011), con cui Crialese – nel trattare dell’immigrazione clandestina dall’Africa all’Italia – marca sempre più il tono sociale del suo cinema evolvendo da narrazione fiction a documentaristica.

    Dopo aver firmato la sua prima regia televisiva con la puntata otto della miniserie Trust: Il rapimento Getty (2018), e attualmente impegnato nella pre-produzione de L’immensità con Penelope Cruz come protagonista – che sembra riportare Crialese nel dramma storico-narrativo tipico del suo cinema – resta da chiedersi cosa poterci aspettare da un regista sbocciato tardi e in continua evoluzione. Un Siciliano di sangue che ha dato tanto alla sua terra, nella delicatezza e dignità con cui ha saputo disegnare i lampedusani e la loro terra intrisa di tradizione e magia, in continuo mutamento.

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