ALFREDO ALONZO, IL MAGGIOR PRODUTTORE CINEMATOGRAFICO SICILIANO DEL PERIODO MUTO

Il “re dello zolfo” ricchissimo magnate e mecenate, nato a Catania nel 1858 e morto 100 anni fa nella stessa città, fondatore della maggiore casa cinematografica siciliana del periodo muto, è stato uno dei più importanti imprenditori vissuti a cavallo tra il XIX e il XX secolo.

    Cento anni fa, il 27 febbraio del 1920 moriva a Catania – stroncato dal clamoroso fallimento della “Etna Film” da lui fondata il 31 dicembre del 1913 e della rovinosa fine dell’intero comparto zolfifero siciliano, allora primo al mondo – Alfredo Alonzo, noto in città come il “re dello zolfo”, tycoon catanese di livello mondiale, mecenate, banchiere (Banca Alonzo&Consoli), armatore (azionista e consigliere d’amministrazione della società di navigazione “La Sicilia”) insieme ai Florio di cui nel capoluogo etneo ne rappresentava il pendant. Nato a Catania il 4 dicembre 1858 in via S. Teresa, era figlio di Ignazio Alonzo e Giulia Consoli. La famiglia, di antiche origini spagnole, aveva istituito forti legami con i regnanti del tempo. Capostipite degli Alonzo in Sicilia fu, infatti, l’architetto Antonino Alonzo, giunto nell’isola nel 1673 dalla città di Segovia, antica capitale della Castiglia, attivo collaboratore del vicerè Carlo II, il marchese di Villafranca don Federico di Osorio e Toledo.

    La figura di Alfredo Alonzo giganteggia in prima fila tra i protagonisti della rinascita economica della città etnea. Conosciutissimo nel mondo intero entra a pieno titolo nella “Enciclopedia Reuleaux” che lo considera il più importante industriale dello zolfo al mondo per materiali prodotti e per numero di dipendenti, che alla fine dell’800 avevano raggiunto la stratosferica cifra di quattromila unità nel solo settore dello zolfo, per un volume d’affari da capogiro. Testa di serie della dinamica imprenditoria catanese, che a cavallo tra il XIX e il XX secolo fa registrare a Catania la presenza di imprenditori tedeschi, danesi ed inglesi, negli stessi anni Alonzo edifica e consolida il suo impero zolfifero destinato, però, a crollare a seguito dell’invenzione del metodo del chimico tedesco Frasch. Tale sistema permette, infatti, l’estrazione dello zolfo americano portato già sciolto in superficie quasi puro e quasi senza perdite, al contrario di come avveniva in Sicilia dove trovandosi il minerale non in profondità l’applicazione dello stesso metodo risulta incompatibile.

    Finito dunque il monopolio mondiale dello zolfo siciliano (e dopo avere compromesso il patrimonio continuando a garantire livelli occupazionali insostenibili) Alonzo, ammaliato dal fascino già irresistibile della celluloide e catturato dal meraviglioso giocattolo cinema (ma soprattutto alla ricerca di nuovi proficui investimenti a causa della esiziale crisi che colpisce l’industria dello zolfo siciliano), fonda dunque l’ ”Etna Film”, “Società anonima per la fabbricazione di pellicole cinematografiche” con capitale sociale di lire 200.000 diviso in 2000 azioni da lire 100 l’una (1300, detenute dallo stesso Alonzo; 500, assegnate al figlio Ignazio e il resto agli altri soci, 100 a Felice Bonanno e 100 a Salvatore Puglisi). Fissa la sede legale al numero 23 di via Plebiscito (in un palazzo di sua proprietà situato nei pressi del chiassoso mercato del pesce catanese), costruisce a Cibali imponenti locali (tuttora esistenti, per quanto riattati) a ciclo completo per la produzione di film, dando così la stura a una dinamica industria cinematografica etnea (a seguito della “Etna Film” sorgeranno infatti anche altre tre case di produzione) che in bilico tra mecenatismo, avventurismo, spirito mercantile e sogni di blasoni, segna il punto più alto della “golden age” produttiva catanese e fa gridare (naturalmente ai posteri) al miracolo di una “Hollywood sul Simeto”.

    Chiama a Catania come “metteur en scène” di punta il conte partenopeo Giuseppe De Liguoro, uno dei più importanti registi del cinema muto italiano e lancia un programma di respiro internazionale producendo anche il kolossal agiografico-religioso Christus o La Sfinge dello Jonio (1914, girato nelle sue proprietà, tra cui la villa sulla scogliera di Ognina) regia dello stesso De Liguoro. L’ “Etna Film” del cavalier Alonzo, con cui punta, avventuristicamente e vanamente, alla conquista del mercato internazionale; e ancora, per quanto concerne lo stesso 1914, i melodrammatici L’appuntamento (o Rendez-vous o ancora L’appuntamento della contessa) regia di Giuseppe De Liguoro; Paternità regia di Gian Orlando Vassallo e La danza del diavolo sempre di De Liguoro. Forse nel tentativo di recuperare denaro, l’ “Etna” s’ingegna anche a produrre una piccola serie di comiche di breve durata: I due colombi, L’istitutrice, In caserma, Notte d’amore e La sportwoman (sui quali tuttavia nessuna certezza esiste in merito alla distribuzione e circuitazione) tutti per la regia di De Liguoro e tutti interpretati da Cryzia Calcott.

    Nel 1915 seguono La coppa avvelenata regia attribuita ad Enrico Sangermano; Il cavaliere senza paura regia di Giuseppe De Liguoro; Poveri figliuoli! regia, soggetto e sceneggiatura di Giuseppe De Liguoro; Idillio al fresco e La perla nera, dei quali si sconoscono le regie; Il nemico, noto anche come Il garibaldino regia, soggetto e sceneggiatura di Giuseppe De Liguoro; il patetico-sentimentale Pulcinella regia di Anton Maria Mucchi, su soggetto di De Liguoro; Patria mia! ovvero I martiri della rivoluzione francese regia e soggetto di Giuseppe De Liguoro e infine La dama bianca, ancora probabile regia di De Liguoro).

    Ma il sogno del ricchissimo magnate catanese purtroppo è destinato ad infrangersi in meno di tre anni. Il rapido sopraggiungere della crisi provocata dalla bufera bellica, la partenza di attori e maestranze per il fronte nel 1915, tra cui lo stesso figlio di Alonzo, la chiusura dei mercati, le troppo ambiziose scelte produttive, le ingenti spese per il mantenimento di troupe e cast (troppo frettolosamente assoldato e spesso altrettanto rapidamente liquidato), lo scarso successo dei film prodotti e gli inarrestabili e continui contrasti interni, lo costringono prima a sospendere momentaneamente l’attività già alla fine del 1915 e infine a interromperla definitivamente, dopo un timido tentativo di riapertura nel 1918. Tutti i film prodotti dalla “Etna”(probabilmente intorno ai venti lungometraggi) sono andati perduti. Si spegne così mestamente il sogno del grande uomo d’affari etneo. Il suo ricordo illanguidisce fino a sparire, un vero e proprio cupio dissolvi che ha scriteriatamente annullato la memoria storica del più importante produttore cinematografico siciliano del cinema muto ed uno dei maggiori imprenditori mondiali vissuto a cavallo tra il XIX e XX secolo.

P.S.
L’inedito corredo fotografico è proveniente dall’Archivio Sergio D’Arrigo, Catania. La terza foto ritrae un’immagine inedita de La danza del Diavolo (1914) regia di Giuseppe De Liguoro  rivisitazione del film di Mèliés. Qui Alonzo descrive il suo mondo aristocratico, come farà cinquanta anni dopo Luchino Visconti con Il Gattopardo. A cavallo lungo i viali del Giardino Bellini sfila una folta rappresentanza dell’aristocrazia cittadina, usata come comparsa. Alonzo era sposato con la figlia dello scienziato Salvatore Tomaselli.

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