DUE AMICI (2002). NEL TUNNEL DELLE EMOZIONI, IN DIALETTO MESSINESE

C’è una bella storia dietro questo primo – e ad oggi unico – lungometraggio diretto e interpretato dai messinesi Spiro Scimone e Francesco Sframeli. Due amici è infatti la libera trasposizione della pièce Nunzio (1994), della Compagnia Scimone-Sframeli per la regia di Carlo Cecchi.

      Il progetto filmico nasce qualche anno più tardi su suggerimento di Giuseppe Tornatore il quale, visibilmente colpito dai lavori del duo teatrale, avrebbe incoraggiato Scimone a lavorare su una possibile sceneggiatura da portare sul grande schermo. Malgrado l’inesperienza cinematografica l’autore messinese ravvisa proprio in Nunzio l’opera più adatta per il suo film d’esordio e ne rivede leggermente il soggetto avvalendosi della collaborazione del suo sodale artistico, Francesco Sframeli.

    Due amici è il toccante racconto delle vicissitudini di una coppia di coinquilini, due immigrati siciliani molto diversi tra loro ritrovatisi a condividere il medesimo appartamento nella periferia di Torino: Pino (Scimone) e Nunzio (Sframeli). Il primo è un uomo cupo e taciturno che si sposta continuamente in treno per lavoro. Misterioso, a volte scontroso, Pino è in realtà un killer al soldo di un losco pescivendolo che per commissionare le trasferte usa recapitargli a domicilio un cartoccio di pesce maleodorante.
Nunzio è invece un semplice e timido operaio che lavora in una fabbrica di vernici. Bonario, chiacchierone e dalla grande fede religiosa, Nunzio è l’esatto contrario di Pino il quale deve continuamente subire la valanga di domande che il suo coinquilino ingenuamente gli pone, strabuzzando gli occhi e mostrando uno sguardo perennemente incantato che ne tradisce il candore quasi fanciullesco. Pino rimane perlopiù imperturbabile, risponde a monosillabi e si infuria se scopre Nunzio curiosare fra la sua roba. Eppure la sua freddezza non gli impedisce di tirarsi indietro quando si tratta di smontare il lavandino per recuperare la collanina del battesimo tanto cara al suo strano amico.

    È un’amicizia che nasce a poco a poco, un sentimento che inizia a farsi strada in punta di piedi nel cuore di Pino allorquando scopre che Nunzio è affetto da una tosse cronica, invalidante, probabilmente la spia di una malattia molto seria causata dalle sostanze nocive respirate quotidianamente sul luogo di lavoro. Proprio per questo Nunzio perde il posto, ma confida nel Sacro Cuore di Gesù cui rivolge le sue preghiere e nelle pillole “miracolose” di un collega, non perdendo mai il sorriso e la speranza in un domani migliore. Neanche quando si invaghisce di Maria (Teresa Saponangelo), la ragazza che si occupa di lavare le scale del suo condominio, ascoltatrice di un programma radiofonico a cui però un giorno lo stereo portatile improvvisamente si rompe. Nunzio finge di saperlo riparare, poi gliene compra uno nuovo ma poco dopo scopre che la giovane è già innamorata di un altro uomo, Andrea (Valerio Binasco), il gestore di un bar che ogni giorno attraverso quel programma richiede per lei una canzone diversa, rincorrendosi come due adolescenti in un gioco reciproco di dediche.

    La cocente delusione amorosa e l’aggravarsi delle condizioni di salute dell’amico spingono Pino a stargli sempre più vicino, aprendosi finalmente a lui e confidandogli la difficile situazione familiare che aveva vissuto da ragazzo. Quella stessa sera un nuovo cartoccio viene lasciato sull’uscio di casa. Oltre al pesce putrescente stavolta c’è anche una busta contenente una particolare fotografia. Pino si precipita dal suo mandante e se ne sbarazza per sempre, recidendo quel filo che lo teneva legato ad una vita che adesso non vuole più. Pino infatti adesso vuole vivere alla luce del sole, vuole regalarsi l’opportunità di un futuro più roseo e decide di farlo proprio assieme al suo nuovo amico, prendendo per la prima volta insieme quel treno che li riporterà in Sicilia.

    Il motivo per cui Due amici piace ed è piaciuto a suo tempo anche a Venezia, dove alla 59ª Mostra del Cinema ha riscosso il premio Luigi De Laurentiis come miglior opera prima, va sicuramente ricercato in quella poetica di fondo intrisa di speranza e di buoni sentimenti al netto della solitudine e dell’emarginazione sociale dei protagonisti. Con richiami ad un neorealismo cronologicamente fuori tempo massimo ma dalla tematica sempre attuale sul valore dei rapporti umani e dell’amicizia come mezzo consolatorio per affrontare le amarezze della vita, la pellicola di Scimone e Sframeli è una fusione agrodolce di dramma e commedia, di tocchi di tristezza e struggente tenerezza misti ad uno humour grottesco a tratti surreale che trova nel Teatro dell’Assurdo di beckettiana memoria la sua vena ispiratrice.

    Malgrado l’impostazione teatrale e una certa staticità drammaturgica, rilevabile soprattutto nei dialoghi (recitati in dialetto messinese) fra Pino e Nunzio, la narrazione riesce in qualche modo a svincolarsene alleggerendo la visione grazie ad una regia attenta e intelligente che gli conferisce un certo dinamismo. Bravissimi inoltre i due interpreti a conferire spessore ai propri personaggi, con anche un certo scavo psicologico a gettare luce oltre gli sguardi schivi di Pino o, al contrario, quelli ricolmi di genuina meraviglia di Nunzio.

    Apprezzabili seppure fugaci le apparizioni di Felice Andreasi nel ruolo del padrone di casa dei protagonisti e del caratterista messinese Tano Cimarosa al quale i due registi compaesani hanno voluto ritagliare un piccolo cameo come avventore di un bar.

    Ottima la fotografia di Blasco Giurato che riesce efficacemente ad impressionare la fredda e inospitale periferia torinese e adeguatamente malinconica la colonna sonora di Andrea Morricone, figlio del Maestro recentemente scomparso. La scelta, tra l’altro, di alcuni brani di repertorio dal sapore tardo vintage italiano (Vasco Rossi, Stadio, Gatto Panceri, Lucio Dalla) si rivela particolarmente appropriata.

    Due amici è ad oggi un’opera ingiustamente poco conosciuta, un’autentica perla sommersa che, nonostante qualche sporadico passaggio televisivo, meriterebbe una giusta riscoperta da parte del grande pubblico che da essa può trarre un piacevole intrattenimento e, al tempo stesso, lo spunto per una riflessione più intima e personale.

GALLERIA FOTO

GALLERIA VIDEO