Bellissima è un film del 1951 diretto da Luchino Visconti e tratto da un soggetto di Cesare Zavattini, grande personaggio del neorealismo italiano. Maddalena Cecconi (Anna Magnani) partecipa ad una selezione cinematografica, candidandovi la figlia Maria (Tina Apicella), di pochi anni, timida ed impacciata nel parlare.
Nel 1976 Mauro Bolognini diresse L’eredità Ferramonti, film tratto dall’omonimo romanzo di Carlo Gaetano Chelli. Sullo sfondo di una Roma umbertina, le trame di tre figli (Gigi Proietti, Fabio Testi ed Adriana Asti) per assicurarsi l’eredità dall’anziano genitore (Anthony Quinn) diventano lo specchio degli intrighi dell’Italia post unitaria, fatta di maneggioni, faccendieri e speculatori senza scrupoli.
Che Luchino Visconti nutrisse una particolare affezione per la Sicilia è cosa nota. E che tale sentimento, via via, fosse destinato a strutturarsi sino a sfociare in una vera e propria denuncia contro l’irrisolta Questione Meridionale – protrattasi sin dal nostro Risorgimento – appare in linea con la sensibilità e la formazione, anche politica, del Regista.
Una coppia dannatamente bella, dagli occhi profondamente ipnotici, è protagonista de La gatta sul tetto che scotta, film del 1958 tratto dall’omonima pièce teatrale di Tennessee Williams.
Per “neorealismo rosa” – termine coniato dalla critica – si intende un momento di transizione, per cui il cinema neorealista – pur conservando alcuni suoi canoni etici ed estetici – si trasforma, sentendo il bisogno di rinnovarsi.
Negli anni Sessanta diversi registi italiani – soffermandosi su un tema intimamente connesso al rapporto che ciascuna donna deve necessariamente stabilire con la propria fisicità – hanno realizzato memorabili pellicole, incentrate sulla gestione della sessualità dal punto di vista femminile.
La bella di Lodi (1963) film di Mario Missiroli – regista teatrale, qui alla sua prima ed unica esperienza cinematografica – tratto dall’omonimo romanzo di Alberto Arbasino.