BELLISSIMA (1951) DI VISCONTI E LA PROIEZIONE SOCIALE MATERNA

Bellissima è un film del 1951 diretto da Luchino Visconti e tratto da un soggetto di Cesare Zavattini, grande personaggio del neorealismo italiano. Maddalena Cecconi (Anna Magnani) partecipa ad una selezione cinematografica, candidandovi la figlia Maria (Tina Apicella), di pochi anni, timida ed impacciata nel parlare.

    Appena entrata a Cinecittà – che da subito le appare labirintica, quasi surreale – Maddalena è investita da un senso di stordimento, anzi confusione, da cui sarà  completamente dominata: nella mente della protagonista, infatti, la piccola Maria deve, a tutti i costi, essere scelta dal regista Blasetti.

    I ritmi narrativi del film riflettono pienamente lo stato d’animo della protagonista: Maddalena va sempre di fretta, alternandosi freneticamente tra una sarta, un fotografo, un parrucchiere ed una maestra di recitazione. Ben presto, anche il rapporto col marito si incrina perché, in questa sua caotica iniziativa, Maddalena altera i ruoli familiari, decidendo in modo autonomo e proiettandosi nella figlia alla quale vuole, in realtà, regalare un’esistenza migliore della sua: Maria, infatti, non dovrà dipendere da un uomo ne’ subire umiliazioni o prepotenze.

    L’affermazione lavorativa di Maria diventa, quindi, il modo con cui Maddalena potrà riscattare, anche se stessa, sia umanamente che socialmente. Ed in questo percorso di emancipazione, la protagonista sarà disposta persino a cadere nelle fauci di un intrallazzatore senza scrupoli (Walter Chiari).

    Dopo essersi resa conto che Maria è stata selezionata, non per le sue doti fisiche, ma perché la sua goffaggine suscitava ilarità, Maddalena sarà distrutta. Rimane memorabile il suo pianto di disperazione, seduta su una panchina all’uscita di Cinecittà con la piccola tra le braccia, in un contesto suburbano deserto ed alienante: la sequenza fu così intensa che la Magnani sussurrerà in lacrime “aiuto…”, battuta non prevista in copione, ma inaspettatamente rispettata da Visconti. Alla fine, nonostante le insistenze della produzione e le munifiche offerte economiche, Maddalena – per amore, dignità e coerenza morale – rinuncerà al suo progetto: sua figlia, per lei, è bellissima.

    Questo film è centrale nell’opera di Visconti: tramite esso il Regista non solo denuncia certe dinamiche del sottobosco del cinema romano – in questo senso Bellissima è tra i primi esempi di “cinema nel cinema” – ma sopratutto celebra la fine della sua esperienza neorealista, iniziata con Ossessione e proseguita con La Terra trema. Visconti, infatti, con Bellissima evidenzia come la reale finalità di un film sia quella di regalare allo spettatore un’illusione, un’evasione, splendide ma necessariamente dissociate dalla realtà: in qualche modo lo stesso stordimento provato da Maddalena che, nel tentativo di realizzare questo suo sogno, vuole in verità evadere dal suo quotidiano, scialbo e ripetitivo. E la mancata realizzazione del desiderio di Maddalena può simbolicamente leggersi come il fallimento progettuale del neorealismo stesso: il cinema non sarà più, come in passato, un’esperienza soltanto etica, ma dovrà divenire, anche e soprattutto, un’esperienza estetica, quasi fine a se stessa.

    Ed infatti, dopo Bellissima, si assisterà ad un radicale cambiamento nella poetica di Visconti perché con il successivo Senso egli riparerà , quasi definitivamente, nel realismo storico – letterario.

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