PEPPINO IMPASTATO

Giuseppe Impastato, meglio noto come Peppino (Cinisi, 5 gennaio 1948 – Cinisi, 9 maggio 1978), è stato un giornalista, conduttore radiofonico e attivista italiano, membro di Democrazia Proletaria e noto per le sue denunce contro le attività di Cosa nostra, a seguito delle quali fu assassinato il 9 maggio 1978.

Giuseppe Impastato, detto anche Peppino, nacque a Cinisi, in provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948 da una famiglia mafiosa: il padre Luigi era stato inviato al confino durante il periodo fascista, lo zio e altri parenti erano mafiosi e il cognato del padre, Cesare Manzella, era il capomafia del paese, ucciso nel 1963 in un attentato con una Alfa Romeo Giulietta imbottita di tritolo.

Il ragazzo ruppe presto i rapporti con il padre, che lo cacciò di casa, e avviò un’attività politico-culturale di sinistra ed antimafia. Nel 1965 fondò il giornalino L’idea socialista e aderì al PSIUP. Dal 1968 in poi partecipò, con il ruolo di dirigente, alle attività delle nuove formazioni comuniste, come Il manifesto e, in particolare, Lotta Continua. Condusse le lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell’aeroporto di Palermo in territorio di Cinisi, degli edili e dei disoccupati.

Nel 1976 costituì il gruppo Musica e cultura, che svolgeva attività culturali (cineforum, musica, teatro, dibattiti, ecc.); nel 1977 fondò Radio Aut, radio libera autofinanziata,[3] con cui denunciò i crimini e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, in primo luogo del capomafia Gaetano Badalamenti (definito sarcasticamente «Tano Seduto» da Peppino), che aveva un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga, attraverso il controllo dell’aeroporto di Punta Raisi. Il programma più seguito era Onda pazza a Mafiopoli, trasmissione satirica in cui Peppino sbeffeggiava mafiosi e politici.

Nel 1978 si candidò nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali, ma non fece in tempo a sapere l’esito delle votazioni perché, dopo vari avvertimenti che aveva ignorato, nel corso della campagna elettorale venne assassinato nella notte tra l’8 e il 9 maggio da Gaetano Badalamenti. Col suo cadavere venne inscenato un attentato, per distruggerne anche l’immagine, in cui la stessa vittima apparisse come suicida, ponendo una carica di tritolo sotto il suo corpo adagiato sui binari della ferrovia. Pochi giorni dopo gli elettori di Cinisi votarono comunque il suo nome, riuscendo ad eleggerlo simbolicamente al Consiglio comunale.

Stampa, forze dell’ordine e magistratura parlarono di un atto terroristico in cui l’attentatore sarebbe rimasto ucciso e di suicidio dopo la scoperta di una lettera, che in realtà non rivelava propositi suicidi. Il delitto, avvenuto in piena notte, passò inosservato, poiché una decina di ore dopo venne ritrovato il corpo senza vita del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro in via Caetani a Roma.

Redazione, ASCinema – Archivio Siciliano del Cinema

GALLERIA FOTO