LA SPERIMENTAZIONE NEL SANGUE. IN MEMORIA DI CARLO QUARTUCCI

Che per Carlo Quartucci, scomparso a 81 anni nella notte tra il 30 e il 31 dicembre, la Sicilia sia stata una delle frontiere privilegiate della sua straordinaria e incessante esperienza di protagonista della neoavanguardia teatrale in Italia, lo testimoniano i suoi continui ritorni, l’ultimo dei quali è datato novembre 2017 in occasione della messinscena di un “Guerin Meschino” tratto da Bufalino prodotto dal Teatro Biondo sotto la direzione di Roberto Alajmo.

    E fu nel teatro Biondo diretto da Pietro Carriglio che, nel 1987, Quartucci firmò (alla Città dei Ragazzi) una ingegnosa messinscena di “Ohi, Bambulé” di Salvo Licata, protagonisti Rosa Balistreri e Gigi Burruano e Giustino Durano, con le scene di Bruno Caruso e le musiche di Mario Modestini.

    Alle sue radici di messinese figlio del capocomico di una compagnia dialettale siciliana, Quartucci si riferì costantemente manifestando un suo acceso interesse alle tradizionali forme di teatro popolare (il varietà, il mimo, la clownerie) mescolate al prorompente e sofisticato repertorio della nuova scena post-artaudiana durante l’esperienza della Compagnia della Ripresa che, nel 1962, sancì il suo iniziale sodalizio con Leo De Berardinis e un fugace incrocio con l’esordiente Carmelo Bene, attraverso innovativi allestimenti di Beckett (memorabile il suo Aspettando Godot con Leo e Claudio Remondi), Ionesco, Tardieu fino all’incontro decisivo e fecondo con colei che sarebbe diventata dagli anni Settanta in poi la sua compagna nella vita dentro e fuori le scene, nel nomadismo cercato ed elevato a visione del mondo durante innumerevoli avventure teatrali e artistiche consumate in svariate capitali della cultura e del teatro (da Vienna a Parigi, da Berlino a Sydney, e poi Edimburgo, Kassel, etc.): Carla Tatò.

Erice, 1989. Il regista Carlo Quartucci (di spalle) e l’attore Gianni Santuccio durante le prove di “I giganti della montagna” di Luigi Pirandello dove Santuccio ricoprì il ruolo di Cotrone

    Notevole fu anche il suo apporto di sperimentatore in produzioni Rai (il Pantagruele radiofonico del 1969, le versioni televisive del Don Chisciotte, l’episodio Il cannocchiale, tratto dalla serie Qualcuno bussa alla porta, Moby Dick, Robinson Crusoe, Borgata Camion e L’ultimo spettacolo di Nora Helmer) che, tra l’altro, lo spinsero alla collaborazione con gli scrittori Primo Levi e Roberto Lerici. Nel cinema, recitò diretto da un Tinto Brass ante litteram e dagli stilemi espressivi d’avanguardia in Dropout del 1970, condividendo il set con Gigi Proietti, Vanessa Redgrave, Franco Nero e Zoe Incrocci.

    Dall’esperienza della compagnia itinerante “Camion” che, nel 1972 portò il repertorio teatrale, tra classico e contemporaneo, nelle borgate romane, si sviluppò il progetto della Zattera di Babele portatore di una felice e seminale ibridazione tra teatro, musica, danza, letteratura, arti visive, coinvolgendo artmaker come Jannis Kounellis, Giulio Paolini, Daniel Buren.

Erice, luglio 1988. Prove a tavolino dello spettacolo “I giganti della montagna” di Luigi Pirandello diretto da Carlo Quartucci, prodotto dalla Zattera di Babele nel 1988/89. Da sinistra a destra: Carlo Quartucci (regista), Umberto Cantone (assistente alla regia), Carla Tatò (interprete nel ruolo di Ilse), Gianni Santuccio (interprete nel ruolo di Cotrone).

    Un progetto, questo della Zattera, che approdò a Erice nel 1986, durante le memorabili “Giornate delle arti”, un festival interdisciplinare organizzato dalla coppia Quartucci regista e Tatò interprete, in collaborazione con il drammaturgo trapanese Mino Blunda e con lo storico dell’arte Rudy Fuchs, con l’apporto manageriale dell’austriaco Andrés Neumann e la complicità artistica del regista romano (poi trapiantato a Erice) Piervittorio Demitry che, da allora, gestisce l’ericino Teatro di S. Giuliano. In questo contesto che prevedeva, stagione dopo stagione, una produzione incessante di spettacoli, performance e concerti, ricordiamo almeno i progetti su Omero (ancora con l’amico Leo), su Beckett (la suggestiva maratona dei suoi monologhi sui tetti di Erice gestita nel 1987 da Franco Quadri con Piera Degli Esposti, Tatò e Franco Scaldati che lì presentò alcuni frammenti del suo Occhi), e su Pirandello (quest’ultimo riletto da Quartucci attraverso un memorabile allestimento in progress dei “Giganti della montagna” con Gianni Santuccio nel ruolo di Cotrone, e con una Sagra del signore della nave con Tatò e Burruano insieme alla Favola del figlio cambiato con le musiche di Giovanna Marini).

    E poi le sorprendenti epifanie musicali nei concerti di Henning Christiansen, Robert Ashley, Luigi Cinque, e le performance di danza contemporanea con Gloria Pomardi e le coreografie di Eliana Lo Bue, le incursioni di Mario Martone, Remondi & Caporossi, Memé Perlini, accanto alle flagranti proposte di testi di Licata, promosso a “dramaturg” in quelle giornate ericine, e dei drammaturghi Scaldati, Mimmo Cuticchio e Aurelio Pes (di cui, in seguito, Quartucci allestì una versione circense del dramma in versi Ager Sanguinis prodotto dal Biondo diretto da Guicciardini).

Erice, 1987. Prove di Luigi Maria Burruano e Umberto Cantone attori di “Acqua di cielo”, un testo di Burruano mescolato a frammenti di Rimbaud, Melville e Eliot (scelti da Aurelio Pes), prodotto dalla Zattera di Babele nell’ambito del festival “Le giornate delle arti”

    Di quegli anni di frenetica attività nel palcoscenico naturale, storico e culturale di Erice, di quello straordinario mosaico spettacolare (che sapeva veicolare esperienze internazionali e comunque mai provinciali diventando, al contempo, organica rispetto al territorio che la ospitava) rimane una testimonianza visiva e sonora nell’archivio multimediale custodito dalla “Zattera” che da allora a oggi non ha mai smesso di produrre avvenimenti ed eventi. Quell’avventura siciliana fu l’espressione di un fare teatro che seppe imporsi con successo come occasione di sintesi di tutte le arti, proponendo come valori il gusto della sperimentazione e della ricerca, l’ibridazione tra i diversi linguaggi visuali, il recupero critico della tradizione soprattutto per ciò che concerne le tecniche e i modi del teatro popolare.

    Fu una irripetibile occasione di festa culturale che, attraverso il felicissimo azzardo del magistero di Carlo Quartucci sperimentatore e utopista, ha saputo farsi respiro necessario, lasciando una traccia indelebile in chi (come il sottoscritto) quell’esperienza l’ha fatta, e in chi ha avuto la fortuna di viverla da spettatore.

UMBERTO CANTONE

Redazione, ASCinema – Archivio Siciliano del Cinema

 

 

* Assistente alla regia di Carlo Quartucci per tre edizioni (1987/88/89) delle Giornate delle Arti di Erice e collaboratore della Zattera di Babele in produzioni radiofoniche alla Rai di Torino e in spettacoli teatrali (in particolare, l’edizione 1989 dei Giganti della montagna di Pirandello con Gianni Santuccio e Carla Tatò), oltre che interprete, nel ruolo di Scendiletto, (a fianco di Rosa Balistreri, Giustino Durano e Gigi Burruano) di “Ohi, Bambulé!” di Salvo Licata, prodotto nel 1987 dal Teatro Biondo di Palermo e diretto da Quartucci

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