INDOVINA CHI VIENE A CENA? (1967). UNA STORIA D’AMORE DI OGGI

“Voi siete due esseri perfetti, che vi siete innamorati e che, purtroppo, avete una diversa pigmentazione.”

    Era il 1967 (è l’anno del caso Loving contro Virginia in cui la Corte Suprema degli Stati Uniti dichiarò incostituzionale il Racial Integrity Act del 1924 che condannava i matrimoni interraziali) quando Matt Drayton (Spencer Tracy), nel superlativo monologo finale di Indovina chi viene a cena?, dà il suo benestare, la sua approvazione al matrimonio tra la figlia Joey (Katharine Houghton) e John Prentice (Sidney Poitier), medico “negro”, così nel doppiaggio italiano e nella sceneggiatura originale.

    Di ritorno da un viaggio alle Hawaii, Joanna, raggiante, elettrizzata, con quell’entusiasmo tipico di una donna innamorata, piomba, senza alcun preavviso, nella sua casa di San Francisco per partecipare e condividere con i genitori la sua gioia per le imminenti nozze con il dottor Prentice, conosciuto appena dieci giorni prima.
La preoccupazione del medico che il colore della sua pelle possa costituire un ostacolo o comunque motivo di turbamento e perplessità per i signori Drayton, viene prontamente smentita dalla sua giovanissima fidanzata, educata e cresciuta in una famiglia di principi dichiaratamente liberali.

    La differenza di età, 23 anni lei e 37 lui, vedovo, e il fatto che si conoscano appena, sembra invece non rappresenti alcun problema: forse era consuetudine di allora contrarre matrimonio con tale leggerezza e superficialità se, sempre nello stesso anno, Benjamin Braddock (Dustin Hoffman) ne Il laureato non esitò ad irrompere nella chiesa dove Elaine Robinson aveva giurato fedeltà ed amore eterno al suo compagno di college.
E così, Joey e John, forti del loro amore, confidano nella comprensione e approvazione di Matt e Christina Drayton (Katharine Hepburn) ai quali, come un ultimatum, concedono meno di un giorno perché diano loro la benedizione.

    Quel che più sorprende fin dalle prime battute non è tanto il disgusto, comprensibile forse per quei tempi, del tassista (John Hudkins) che li accompagna, ancor prima che a casa, alla Galleria d’Arte di Christina, e della di lei collaboratrice Hilary (Virginia Christine) che, vinta dalla curiosità, arriva addirittura a presentarsi a casa dei Drayton per “confortare” l’amica, ricevendo in cambio, giustamente, il benservito, quanto l’atteggiamento di Tilly Bings (Isabel Sanford), la domestica, nera, visibilmente contrariata:

“Uno della mia razza non deve mettersi in un posto più alto di quello che gli spetta”
ed è sempre lei che, all’arrivo di Matt, lo accoglierà esclamando:
“Tutti i diavoli dell’inferno si sono scatenati.”
e infine, quando Joey la informa di altri ospiti a cena, ovvero i genitori di John, risponderà in tono ironico
“Il reverendo Martin Lutero King?”,
assassinato soltanto un anno dopo.

    Forse Tilly, da 22 anni nel nucleo familiare dei Drayton, è cresciuta e vive con la convinzione e condizione di inferiorità di“razza”, avvalorata dal suo ruolo di subalterna in quella casa, o esiste anche la possibilità di un reciproco razzismo?

    Del resto lo sgomento dei coniugi Drayton alla vista di John non è dissimile da quello dei signori Prentice, volati da Los Angeles a San Francisco per conoscere la fidanzata del figlio, che anni prima aveva perso in un incidente ferroviario moglie e figlio, felici che abbia ritrovato una felicità insperata, rimangono interdetti e non riescono a nascondere il loro stupore e sgomento quando si trovano davanti una perfetta sconosciuta e per di più non nera!

“Vi state comportando come due pazzi usciti dal manicomio!”

    E se l’entusiasmo della coppia riesce a trascinare in una “foschia romantica” sia Christina che Mrs Prentice (Beah Richards), lo stesso non può dirsi per i due padri che osteggiano apertamente l’unione, l’uno, Mr. Prentice (Roy E. Glenn Sr.), ex postino in pensione, rinfaccia al figlio i sacrifici fatti per farlo studiare, l’altro, forte di avere l’ultima parola sulla vicenda – sì, perché John ha posto l condizione che qualora non avessero la sua approvazione, avrebbe rinunciato a sposare Joey!- deciso ad apporre il suo veto, è sordo alle parole della moglie e del suo più caro amico, Monsignor Ryan (Cecil Kellaway).
Matt, incurante dei sentimenti di Joey, preoccupato più degli aspetti pratici che della felicità della figlia, condivide le stesse paure di Mr. Prentice, teme l’ostracismo della società, bigotta, razzista, i pregiudizi, che loro stessi hanno, pur non ammettendolo, la paura del “diverso”. E non è forse un po’ così per tutti?

    53 anni sono trascorsi, gli Stati Uniti hanno avuto il loro primo presidente di colore nel 2009: ripenso alle parole di mia madre che anticipavano la visione del film (erano gli anni ’80 e agli angoli delle strade comparivano i primi “marocchini” mentre i vu cumprà vendevano stuoie in spiaggia): “Certo se ti presentassi con uno come Sidney Poitier, medico…”, dove quei puntini di sospensione dicevano più di mille parole! E io, mamma “bianca” del 2020, come reagirei? Saprei accettare la diversità come ho sempre professato, oppure la diversità è ben accetta purché al fuori delle mura domestiche?

    Il tempo del film è scandito da un susseguirsi di dialoghi tra i protagonisti, per concludersi nel lungo monologo di Matt Drayton, i cui occhi, prima iniettati di rabbia e di ipocrita ragionevolezza, ritrovano finalmente la luce e il sorriso dopo il confronto con Mrs. Prentice a cui va il merito di avergli ricordato l’amore e la passione che tuttora prova per la moglie Christina e che, finalmente!, riesce a leggere nei volti di Joy e John.

“I miei ricordi ci sono tutti, chiari, intatti, indistruttibili e così rimarranno dovessi campare cent’anni (…) la sola cosa che conta è ciò che loro sentono e quanto sentono l’una per l’altro, e anche se è la metà di quello che sentivamo noi, è già tutto.”

    E mentre sui titoli di coda Billy Hill canta The Glory of Love, mi chiedo se, laddove Matt, nel dare alfine la sua benedizione, per rincuorare John gli dice di esser convinto che quando “io, Christina e sua madre avremo il tempo di parlargli, neanche suo padre sarà un problema.” e il fatto che, a differenza dei Drayton, i signori Prentice, neri, allora negri, non siano identificati con un nome proprio, non nasconda un sentimento implicito di superiorità razziale e un pregiudizio, difficile da scrollare di dosso.

    Indovina chi viene a cena? (Guess who’s coming to dinner?) di Stanley Kramer esce nelle sale il 12 dicembre 1967. Premio Oscar 1968 per la migliore attrice protagonista a Katharine Hepburn e per la migliore sceneggiatura originale a William Rose; David di Donatello 1968 miglior attore straniero a Spencer Tracy (postumo, l’attore muore a due settimane dalla fine delle riprese nel giugno del 1967) e migliore attrice straniera a Katherina Hepburn; entrambi premiati nel 1969 ai British Academy Film Awards.

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Redazione, ASCinema – Archivio Siciliano del Cinema

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