CINECITTÀ, IL MASSIMO COMPLESSO CINEMATOGRAFICO D’EUROPA

Un’istantanea dagli studi cinematografici tra i più importanti al mondo: al Teatro 5, durante la lavorazione del fllm di Comencini La bella di Roma (1955).

Cinecittà sembra dormire in questi mesi, in cui la produzione è diminuita e in cui, dei film che sono in lavorazione, si stanno girando soprattutto gli esterni. La massima parte dei capannoni rossi e gialli sono chiusi; per i viali invece dei discorsi delle comparse – o del sussurro di quanti, con aria di niente, arrivati in tram da Roma, s’aggirano nei pressi dei teatri con la speranza di farsi assumere per una parte qualsiasi – a tendere bene l’orecchio si ode soltanto lo stormire degli oleandri bianchi e rosa, dei pini, e perfino dei papaveri alti nell’erba delle aiuole. Pare quasi d’essere in un paese di mare nell’ora della siesta. Ma si lavora nel teatro n. 5, dove è animato lo strano paesaggio necessario alla nascita di un film, composto dai fondali che sono fotografie estremamente ingrandite, dai musi quadrati dei riflettori, dalle sagome assurde delle macchine da presa e delle nere “giraffe”, dagli intrichi, per terra, dei fili, cavi, cordoni e binari e, in alto, dalle complicate incastellature per le luci, dai corridoi sospesi sui quali camminano pittoreschi uomini scamiciati che si esprimono in un gergo paragonabile a un cifrario.

Il cerone dorato della grande attrice

Si inciampa ad aggirarsi incauti in un teatro di posa, e ci sarebbe bisogno di una guida anche per percorere iI labirinto dei locali costruiti lì dentro per le esigenze di un film. In questi giorni con Silvana Pampanini si gira La bella di Roma. Il regista è Luigi Comencini. La mattinata è calda. Si deve girare una breve scena in cui Silvana, bionda per l’occasione, in gonna e pullover, si sveglia da un breve torpore che I’ha presa al tavolo di una trattoria. Ma al posto della Pampanini non c’è l’attrice che tutti conosciamo. C’è invece un’altra donna, che da bruna si è fatta bionda anche lei, ha un volto regolare e rassegnato e possiede pressappoco le stesse misure dell’attrice. Seguita a pochi centimetri di distanza dalla pettinatrice che pende dai suoi ricci lunghi e schiumosi carezzandoli di continuo con la spazzola, Silvana Pampanini esce dal suo camerino per girare, e la sua mite controfigura, che lei ringrazia calorosamente, rientra nell’ombra. Silvana sorride a tutti, lisciandosi i fianchi disegnati dalla sottana stretta. È lì pronta, col suo cerone dorato, le labbra smaltate di rossetto color amarena, le ciglia pennellate una a una di nero. Il primo a venirle incontro, subito dopo Comencini, è Michele, il gatto di Cinecittà, un bravissimo attore, l’unico soriano di Roma che sappia recitare in un film, sia abituato alle luci e obbedisca quasi sempre agli ordini del regista. (In questa scena il gatto dovrà sedere sulla sedia accanto a Silvana, non toccare il pollo e poi seguirla a coda ritta su per la scala).

Lavori artigianali a tempo di record

Comincia la fatica della “primadonna’. Nello stesso momento, a non molta distanza dal teatro n. 5, un’altra persona sta ammirando questa diligentissima attrice. È John W. Thomas, di Glasgow, in visita insieme ad alcuni operatori inglesi al massimo complesso cinematografico d’Europa. Si trova nel padiglione “scultura e plastica”; la ditta artigiana che dirige questo padiglione di Cinecittà ha quarantacinque anni: esegue qualunque lavoro cinematografico con la massima precisione e a tempo di record. Qui dentro si fanno tanto i “piatti di scena” da rompere in testa con facilità, quanto le decorazioni per ogni tipo di film, egiziano, neoclassico, romano (i crocifissi sono quelli del Quo vadis?) fiorentino del Duecento e marziano. La copia della statua di Marc’Aurelio a
cavallo è stata fatta in nove giorni; Il gruppo del Laocoonte dopo dieci giorni dall’inizio della costruzione era già in un film. Qualunque personaggio di qualsiasi epoca può essere ordinato da un giorno all’altro o scelto, secondo il caso, in un ricchissimo archivio che comprende centinaia di statue, a mezzo busto o a figura intera, da Voltaire a Mussolini, a Mercurio, Cavour, Masaniello, cardinal Lambertini, Vittorio Emanuele II, Costantino Nigra, Riccardo Wagner, don Bosco e Petrarca. Un altro archivio per cui Cinecittà è giustamente rinomata si trova nel padiglione “Trucchi e miniature”, dove si vedono perfettamente ricostruiti in minuscole proporzioni il palazzo del Louvre, l’arena di Verona, la nave di Ulisse, ogni tipo di caravella, decine e decine di palazzi di Venezia. Ecco la piscina coperta dove affondò qualche mese fa la nave di Ulisse. Ecco i fabbri, i vetrai, i falegnami a cui si devono in gran parte questi effetti spettacolari del cinema, e che lavorano con piccolissimi arnesi di precisione su modelli da bambini, talvolta con la lente di ingrandimento infilata nell’occhio. Sono gli operai imparentati con gli operatori e con le comparse.

CAMILLA CEDERNA

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