GEORGE MÉLIÈS, L’INIZIO DELLA GRANDE MAGIA

Il francese Georges Méliès è incontestabilmente il padre del cinema fantastico e, allo stesso tempo, il padre della fiction cinematografica. È con i suoi cortometraggi che il cinema si avventura a narrare per la prima volta delle microstorie, in alternativa agli eventi reali filmati dai fratelli  Auguste e Louis Lumière.

    Anche questi ultimi raccontano qualcosa con la cinepresa: ad esempio l’uscita degli operai dalla loro fabbrica, l’abbattimento di un muro, il famoso arrivo del treno alla stazione o un uomo alle prese con un ragazzino dispettoso che gioca con il tubo dell’acqua per innaffiare; ma questi eventi, più che essere delle storie, sono dei resoconti filmati di quello che succede ogni giorno nella realtà, sono cioè documentari. Invece Méliès, dopo un l’iniziale periodo analogo, in cui filma tutto ciò che gli capita (eventi sui quali egli non interviene per modificarli), cambia rotta. Perché?

    La prima passione di Méliès è il teatro illusionistico. I suoi sketch teatrali sono una girandola di trucchi da cui scaturiscono gag a ripetizione, intrise di grottesco e di vena fantastica. Nel filmare, Méliès, ad un certo punto, non fa altro che cominciare ad adoperare i suoi trucchi teatrali e ad impressionarli su pellicola: più esattamente, realizza con la tecnica cinematografica gli effetti ottenuti dal vivo in teatro. In questo modo Méliès dà vita ad ogni genere di storie, stupefacenti ancora oggi per inventiva e bizzarria. Grazie a lui il cinema, praticamente appena nato, ricorre già al trucco, all’effetto speciale, anche se alcuni pionieri, come l’americano Thomas A. Edison, hanno inventato trucchi che lo stesso Méliès riprende. È indubbiamente quest’ultimo a creare il primo universo cinematografico peculiare, già riconoscibile. Se vogliamo, egli è il primo vero autore della storia del cinema.

    A proposito della nascita del trucco cinematografico, lo stesso Méliès dichiara: “È molto semplice. Un arresto della macchina da presa di cui mi servivo agli inizi (un apparecchio rudimentale in cui la pellicola si strappava o si attorcigliava spesso e quindi lo bloccava) un giorno in cui fotografavo prosaicamente la Place de l’Opéra ha prodotto un effetto inatteso. Fu necessario un minuto per sbloccare la macchina e rimetterla in moto. Durante questo minuto, i passanti, gli omnibus, le vetture, avevano cambiato di posto, naturalmente. Proiettando la pellicola, che era riattaccata al punto della rottura, vidi un omnibus cambiarsi istantaneamente in carro funebre e degli uomini diventare donne. Il trucco a sostituzione, detto anche trucco con arresto, era così inventato e due giorni dopo realizzavo le prime metamorfosi di uomini in donne. le prime sparizioni improvvise destinate poi ad avere così grande successo”.

    Malgrado lo snobismo borghese di cui viene fatto bersaglio nei suoi primi anni di vita, il cinema è già diventato la settima arte, anche se forse nessuno se ne rende conto.

    Georges Méliès realizza, tra il 1896 e il 1912, più di 1500 film, molti dei quali colorati a mano, che vanno dalla durata di mezzo minuto circa fino a un massimo di mezz’ora. Tutti sono filmati con la cinepresa fissa e tutto ciò che avviene è di natura fondamentalmente teatrale, rappresentato come su un ideale palcoscenico. Vi si può trovare un po’ di tutto, dalla realtà documentaria o ricostruita in studio a storie fantastiche di pura invenzione o rievocative di certi eventi storici: la storia della Grecia antica; Le allucinazioni di un alchimista; Il laboratorio di Mefistofele; Arlecchino e il carbonaio; Guglielmo Tell; Illusioni eteree; un direttore d’orchestra (lo stesso Méliès) che si stacca più volte la testa dal collo (le teste, gettate in aria, si fissano su un pentagramma formando delle note cantate dalla donna che lui dirige); La pietra filosofale; Lo specchio di Cagliostro; Gesù che cammina sulle acque; L’esposizione di Parigi del 1900; Giovanna d’Arco al rogo; Lo spiritismo; Cappuccetto Rosso; Barbablù; il viaggio sulla Luna (che dà il titolo al suo film più famoso); L’uomo mosca; L’incoronazione di Edoardo VII re d’Inghilterra; Gulliver; L’Oracolo di Delfi; I fulmini di Giove; Faust all’inferno; Pierot infelice; Benvenuto Cellini; Il ventaglio vivente; Il Barbiere di Siviglia; L’ebreo errante; Le mille e una notte; Anna Bolena; Inventori pazzi; Bolle di sapone viventi; 20.0000 leghe sotto i mari; Il tunnel sotto la Manica; Amleto; La morte di Giulio Cesare sognata da Shakespeare; La civiltà attraverso i secoli; Il sogno di un fumatore d’oppio; Tartarino di Tarascona; Magia nera orientale; L’assunzione della Vergine; L’inquilino diabolico; La bambola che vive; Le allucinazioni del Barone di Münchhausen; La conquista del Polo e molti altri ancora. In tutti questi film anche gli eventi storico-religiosi o i riferimenti letterari appaiono reinterpretati sotto la luce del fantastico e del meraviglioso, cifre stilistiche per eccellenza del pioniere francese.

    Queste micro-opere costituiscono, come si può constatare dai titoli, solo una parte della sterminata opera meliesiana, il germe da cui scaturirà gran parte del cinema fantastico e orrorifico del XX secolo.

    Verso la fine della sua carriera, incapace di stare al passo col rapido evolversi della tecnica cinematografica e col passaggio del cinema dall’artigianato all’industria, Méliès perde tutte le sue proficuità e finisce per gestire un negozio di giocattoli. Successivamente la cultura francese gli riserverà tutti gli onori. Morirà nel 1938 in una casa di riposo.

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