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Category: Cineclub

SIGNORE & SIGNORI (1966) – PIETRO GERMI

23 Ottobre 2019

Dopo Divorzio all’italiana (1961) e Sedotta e abbandonata (1964), Germi conclude la sua Trilogia sulla satira di costume, trasferendosi dalla Sicilia al Veneto.

Nel 1965 egli diresse, infatti, il pluripremiato Signore & Signori (1966), descrivendo le vicende – fatte, per lo più, di reciproci tradimenti – di una benestante comitiva di amici del trevigiano.

Comune denominatore dei vari capitoli è la circostanza che la trasgressione rimane lecita finché consumata in una dimensione privata. Superata questa soglia, essa è da censurare perché destinata ad infrangere la convenzione, o meglio l’istituzione: prima fra tutte il matrimonio.

Centrale, nel film, è proprio l’episodio dedicato all’amore extra coniugale tra Gastone Moschin, bancario, e Virna Lisi, cassiera. Non appena la relazione diventa di pubblico dominio, non solo la moglie di lui – bravissima Nora Ricci – entra in crisi, ma un intero equilibrio sociale sarà fatalmente compromesso. Il fedifrago marito perderà addirittura l’impiego perché – in un Italia in pieno boom economico, ma ancora arretrata nelle conquiste dei diritti civili – un uomo separato non poteva neppure fare l’impiegato, in quanto sospettato di essere un puttaniere, quindi inaffidabile.

Questa allegra brigata – fatta di vizi privati e pubbliche virtù – è capeggiata da Ippolita (Olga Villi, all’epoca già vedova di Don Raimondo Lanza di Trabia) ricca e morigerata signora, molto vicina ad una Chiesa sempre più maneggiona – la quale, alla fine, salverà tutti i maschietti della comitiva da una pericolosa denuncia per corruzione di minore.

Rispetto ai primi due film della Trilogia – appunto ambientati in Sicilia – qui l’occhio del regista si fa più caustico: l’istintiva simpatia che Germi nutriva per i meridionali, in Signore & Signori si focalizza infatti nella figura di un carabiniere siciliano (Aldo Puglisi), arguto spettatore della vicenda; come in Sedotta e abbandonata lo era invece un sonnecchiante, quasi fesso, carabiniere veneto.

Ma in Sicilia come in Veneto – sia pure con un’ iconografia diversa – i vizi e le virtù degli Italiani sono gli stessi. Nonostante il benessere post bellico – e a dispetto delle differenze eno-gastronomiche – non possiamo differenziarci più di tanto, perché in fondo rimaniamo tutti antropologicamente contadini e cristiani.

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ANIMA PERSA (1977) – DINO RISI

22 Ottobre 2019
Per la seconda volta, dopo Profumo di donna (1974), Dino Risi si cimenta con successo nella trasposizione
cinematografica dei romanzi di Giovanni Arpino, affidandosi anche stavolta all’interpretazione istrionica e
magniloquente del “mattatore” Vittorio Gassman. Dopo la lunga e fruttuosa stagione nella commedia italiana, Risi sconfina su un territorio a lui poco congeniale ma si affida in questo al talento di Bernardino Zapponi per rileggere la storia di Un’anima persa, variando qualcosa a livello di sceneggiatura, l’ambientazione in primis (Venezia anziché Torino), e dando profondità e spessore drammaturgico tanto ai personaggi quanto alla vicenda narrata, calandola nel mystery più cupo.

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QUESTA È LA MIA VITA (1962) – JEAN-LUC GODARD

21 Ottobre 2019

Credo invece che siamo sempre responsabili delle nostre azioni. E liberi.

Alzi la mano, sono responsabile.

Giro la testa, sono responsabile.

Sono infelice, sono responsabile.

Fumo una sigaretta, sono responsabile.

Volere evadere è un’illusione.

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LE VIOL (1967) – JACQUES DONIOL-VALCROZE

18 Ottobre 2019

Mentre Marianne (Bibi Andersson) è sola in casa, poiché Henri (Frédéric de Pasquale), suo marito, è andato a caccia e la donna si servizio è assente, suonano alla porta di casa: c’è un giovane con un pacco da consegnare. Entrato nell’appartamento, l’uomo – occhiali scuri e pistola col silenziatore – immobilizza rapidamente Marianne, le lega braccia e gambe e la obbliga a sedersi sul divano. È un killer (Bruno Cremer), a cui, per motivi oscuri, ma riguardanti in qualche modo Henri, è stato affidato un compito: tenere sotto custodia sua moglie. Ogni tanto, dall’esterno, un complice telefona, per accertarsi che tutto proceda bene. Gradualmente, il killer diviene meno severo, si lascia andare ad atteggiamenti comprensivi; slega Marianne, si fa preparare qualcosa in cucina, le fa leggere alcuni brani ad alta voce scelti da lui, che lo rivelano uomo colto. Si stabilisce, tra lui e la sua prigioniera, un legame allusivo, sentimentale: Marianne gli si concede. Nel tardo pomeriggio, l’uomo se ne va; in casa di Marianne tutto torna, lentamente, ordinario. La sera stessa Henri torna a casa e arrivano degli amici per cena: tra gli ospiti, in smoking, c’è il killer. Marianne lo avvicina, scambia con lui alcune parole, che, pur formalmente corrette, rivelano una reciproca, segreta attrazione.

In Italia venne distribuito nelle sale cinematografiche col titolo Anatomia di un adulterio, ad evidenziare ciò che nasce “violento” e si evolve in legame fisico e sentimentale, ed in alcuni manifesti col titolo La voglia in corpo,  dovuto alla “lente erotica” che i distributori sovrapponevano ai contenuti del film a vantaggio degli incassi dell’epoca. La co-produzione franco-svedese conferisce in qualche modo una staticità al ritmo, ma la regia di Jacques Doniol-Valcroze è impeccabile, costringendo chiunque a chiedersi le ragioni effettive per cui un uomo con la fisicità di Cremer sia un sicario e per quale ragione inveisca su una donna come la Andersson. Peraltro, l’attore diventa, d’emblée, molto noto nel suo Paese dopo questa performance. Tutto il film potrebbe essere speculare ad uno spettacolo teatrale che illustra al microscopio un uomo e una donna chiusi in un appartamento, ma, sicuramente, non delude le aspettative.

ANTONIO LA TORRE GIORDANO

Redazione, 17 ottobre 2019

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S.S. SEZIONE SEQUESTRI (1976) – PAVLOS FILIPPOU

17 Ottobre 2019

Il gruppo di rivoluzionari e guerriglieri del MRNA, la cui mente è tale Christine (Sasa Kastoura), dopo una serie di furti in giro per l’Europa, decide di agire anche nella capitale greca. Christine seduce George (Andreas Barkoulis) senza remore, guardia giurata di un casinò molto famoso, il Mont-Parnes, in cambio di sesso e soldi. Il vigilante fornisce a Christine una mappa precisa che illustra il sistema di allarme e di evacuazione del casinò.
La banda agisce, e dopo aver svuotato la cassaforte asportandone un imponente patrimonio e dopo l’arresto di uno dei banditi trovato con metà della somma, decide di rapire il figlio del Capo della Squadra politica di Atene, per poter ottenere agevolmente l’espatrio e il denaro sequestrato.
Il Commissario (Lakis Komninos) simula accondiscendenza al ricatto e raggiunge i malviventi all’appuntamento prestabilito, accompagnato capo della banda immobilizzato, ma gli eventi precipitano.
Nonostante la vicinanza geografica e la comune cultura mediterranea, ben poco filtra della cinematografia proveniente da Oltreionio. S.S. Sezione sequestri (1976), ossia Oi apanthropoi (titolo originale), è un’eccezione che strizza l’occhio ai poliziesci italiani e americani coeve, ma con risultati appena accettabili, considerando l’attenuante dello sforzo di Pavlos Filippou, che dirige con polso ma con scarse risorse tecniche e professionali, miscelando i quattro elementi tipici del pulp ellenico anni ’70: mare, thriller, eros e azione.

ANTONIO LA TORRE GIORDANO

Redazione, 16 ottobre 2019

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LA VALLE DEL MINOTAURO (1976) – KOSTAS KARAGIANNIS

17 Ottobre 2019

Il barone Corofax (Peter Cushing), a capo di un’antica religione, scatena il caos nei Balcani plagiando ed inducendo un intero villaggio a estremi rituali notturni offerti ad un minotauro di pietra, tra le rovine di un castello ellenico. Solo i bambini locali sfuggono alla religiosità malsana sulla base del fatto che sono incorruttibilmente innocenti. Gran parte del racconto verte sulla disputa di chi verrà scelto per primo, la cui vita sarà devoluta al monolito.

Figure incappucciate elaborano incantesimi in uno scenario inquietante prima che il loro idolo invii loro segnali da decriptare. Il regista si conforma agli standard del periodo dotando il demone di genitali e facendo copulare ampiamente i giovani partecipanti prima di cadere vittima dei custodi del diavolo, ammantati di nero e di rosso.

L’andazzo muta quando un prete irlandese (Donald Pleasence) che brandendo una croce e distribuendo spruzzi d’acqua santa sugli eretici e sul loro feticcio, provoca un’esplosione che sparge frattaglie sanguinolente e macerie su tutto il set. L’aspetto migliore del film è la partitura musicale di Brian Eno, con un suono psichedelico già diffusissimo nel decennio antecedente.

Opportunamente, la musica di Eno ha anche arricchito l’esordio alla regia per un lungometraggio di Derek Jarman con Sebastiane (1976). Kostas Karagiannis, noto anche come Dacosta Karayan, Karayannis e Carayannis, ha studiato in Francia prima di diventare uno dei registi greci più prolifici di prodotti commerciali. Il film cavalca la fase finale della migliore stagione del genere horror, il ventennio dei Sessanta e Settanta, ed in questa co-produzione greco-anglo-americana, Peter Cushing, icona del cinema fantastico d’oltremanica, per una volta non calca un set della Hammer, Amicus, Tigon o Tyburn, le Case di produzione britanniche più prolifiche e feconde in quell’ambito e in quegli anni.

ANTONIO LA TORRE GIORDANO

Redazione, 16 ottobre 2019

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