BUFFALO ’66 DI VINCENT GALLO

Vincent Gallo prende spunto da episodi reali, e in piccola parte autobiografici, per raccontare la storia di Billy Brown, nato a Buffalo il 26 Dicembre 1966, che, dopo aver scontato 5 anni di prigione per un reato che non ha commesso per pagare una scommessa su una partita di football, torna a Buffalo alla ricerca del responsabile della sua disgrazia con l’idea di ucciderlo, il kicker che sbagliò il field goal nella finale del ‘91, a detta di Billy volutamente. Prima, deve far visita ai genitori che non sanno della sua reclusione. Nella via di casa, alla disperata ricerca di un bagno, si imbatte in Layla, una Christina Ricci pin-up, che rapisce, costringendola a sostenere la parte di sua moglie con i genitori, per rendere credibile la bugia che aveva sapientemente costruito.

  Apparentemente, attorno alla squadra di Buffalo si svolge tutto il dramma personale di Billy. La madre, tifosa ossessiva al punto da guardare continuamente, come fosse la prima volta, la finale persa nel ‘91, rinnega il figlio, desiderando di non averlo mai avuto, perché il 26 Dicembre 1966 mancò di assistere a quella che sarebbe stata l’ultima grande finale vinta dalla sua amata squadra.

  La finale persa nel 1991 costò a Billy una scommessa da diecimila dollari e la libertà personale, aumentando quel senso di solitudine e abbandono a cui era stato abituato per tutta la sua vita, da una madre anaffettiva e da un padre ostile, quasi assente.

  Questa mancanza di amore e attenzioni hanno profondamente segnato Billy, che rifiuta il contatto umano (“siamo una coppia che non si tocca”, spiega a Layla), che rifiuta di mostrare affetto, aggredendo e sovrastando tutti verbalmente, Layla, Goon, la madre, dominandoli e rendendosi più forte di quello che in realtà è.

  Nel doppio finale, Gallo presenta le due possibili scelte di Billy. Un finale mostra Billy che continua nel suo intento di omicidio e suicidio, percorrendo così la sua via verso la solitudine eterna, con la madre intenta ad ascoltare la partita persino di fronte alla tomba del figlio, e con il padre che vuole semplicemente tornare a casa.

  Poi c’è l’altro finale, dove Billy decide di vivere la felicità, Layla lo ama e Scott Wood non è poi così malvagio, anzi è merito suo se i Buffalo sono arrivati in finale (è questa la redenzione per tutta la città e i tifosi delusi?). Billy, finalmente veramente libero, distribuisce affetto a tutti, a Layla, ad un ignoto commensale del bar, al commesso del bar. Tutti devono essere felici.

  Layla è il personaggio chiave della vita di Billy, lei è la salvezza di Billy. Layla non viene rapita da Billy, ma si fa lei rapire da Billy, perché catturata dalla sua personalità, dal suo essere fragile, dalla sua bellezza, e finisce lei per rapire Billy.

  Nel dirigere il film, Gallo si delizia con la telecamera, enfatizzando il racconto visivo, in cui il non detto è più importante di ciò che viene detto.

  La scena iniziale, all’uscita di prigione, mostra la vita carceraria di Billy, con una serie di fotogrammi picture-in-picture fino a coprire l’intera scena corrente con immagini del passato; la scena a casa dei genitori, quando madre e figlio discutono di cosa bere o cosa non bere, mentre il padre continua ad ignorare il figlio, cosa che fa per tutto il tempo, tranne quando cerca un pretesto, il coltello fuori posto, per litigare.

  I tagli continui che a volte, ad esempio nella scena in cui Billy cerca il bagno in stazione, creano movimento come i fotogrammi di un cartone animato, e a volte servono a dare il senso statico, quasi vuoto, del momento.

Le riprese fisse, non sul soggetto, ma sull’oggetto: ad esempio nella scena in cui Billy è al telefono con Goon la telecamera è fissa sul centro delle camere da letto, inquadrando a volte solo una parte del volto di Billy o la pancia di Goon.

  L’inquadratura non su chi parla, ma su chi ascolta, mostrandone l’attenzione, le smorfie, la disattenzione.

  Nel finale ci regala un altro passaggio manga, con le smorfie di Scott Wood e Billy.

  Il cast del film è notevole, Vincent Gallo (Billy Brown), Angelica Huston (la madre di Billy), Ben Gazzarra (il padre di Billy), Christina Ricci (Layla), un cameo di Mickey Rourke (il bookmaker) e uno di Rosanna Arquette (la cotta di Billy dei tempi del liceo), Kevin Corrigan (Goon), che molti ricorderanno in Parlando e sparlando (1996).

  Buffalo ’66 è un film poco noto, di nicchia, da cult movie o comunque da cineforum particolari, ma se capita l’occasione perché non lasciarsi incuriosire e guadarlo, potrebbe sorprendere.

LUIGI CALDERONE

 Redazione, ASCinema – Archivio Siciliano del Cinema

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