SILVANA MANGANO

Silvana Mangano (Roma, 21 aprile 1930 – Madrid, 16 dicembre 1989) , attrice. Annoverata tra le maggiori attrici del cinema italiano, per le sue interpretazioni ha ottenuto tre David di Donatello e tre Nastri d’argento.

    Nata a Roma da un ferroviere italiano originario di Petralia Soprana (in provincia di Palermo) e da una casalinga inglese originaria di Croydon (nella contea della Grande Londra), Ivy Webb, iniziò a seguire alcuni corsi di danza classica a Milano presso Jia Ruskaja e fu notata dal famoso costumista francese Georges Armenkov. Dopo qualche titubanza, decise di partire per la Francia dove nel 1945 apparve come comparsa nel suo primo film: Le jugement dernier di René Chanas.

    Ritornata in Italia, lavorò come indossatrice per l’atelier Mascetti. A soli 16 anni, grazie alla sua bellezza scultorea, fu eletta Miss Roma 1946 ma all’ultimo momento non si presentò al concorso di Miss Italia 1947. Il titolo fu vinto da Lucia Bosè e a quella storica edizione parteciparono anche Gianna Maria Canale (seconda), Gina Lollobrigida (terza) ed Eleonora Rossi Drago (esclusa prima della finale). Silvana venne comunque notata dal regista Mario Costa e ottenne piccolissimi ruoli in alcune pellicole come Il delitto di Giovanni Episcopo del 1947 di Alberto Lattuada in cui appare anche la Lollobrigida.

    Nel frattempo seguì un corso di recitazione incontrandovi Marcello Mastroianni, il suo primo grande amore; a proposito la Mangano disse anni dopo: “Ci conosciamo da sempre. A Roma da ragazzi abitavamo nello stesso quartiere, innamorati. Io sedici anni, lui ventidue. Marcello non lo ha mai dimenticato, anche perché una volta, mentre ci baciavamo su una panchina, sorprese un guardone; lo affrontò, gli tirò un pugno, quello si scansò… e Marcello colpì un tronco d’albero. Così, negli anni, ogni volta che quel pollice gli ha fatto male si è ricordato di me”.
Appena diciottenne, la Mangano fu scelta da Giuseppe De Santis per quello che sarebbe diventato un film manifesto del neorealismo, Riso amaro (1949), accanto a Vittorio Gassman, Raf Vallone e Doris Dowling. L’attrice, presentatasi ad un provino troppo truccata e abbigliata in modo vistoso, fu scartata alla pari delle altre partecipanti; qualche tempo dopo, passeggiando per via Veneto a Roma incappò in De Santis: senza trucco, coi capelli bagnati e un aspetto dimesso colpì il regista, che la sottopose ad un secondo provino e le affidò il ruolo della mondina Silvana Meliga.

    Durante le riprese, nell’estate 1948, conobbe il produttore della pellicola Dino De Laurentiis. Lo straordinario successo del film, in patria e all’estero, imposero la Mangano come sex symbol nazionale del dopoguerra: l’immagine fiera ed indolente della mondina, con la maglietta attillata e le calze nere a mezza coscia, diverrà presto iconica.

    Nel 1949 affiancò nuovamente Gassman ne Il lupo della Sila, e nel 1950 fu coprotagonista con Amedeo Nazzari de Il brigante Musolino. Forte di una fama già internazionale, ribattezzata dai rotocalchi la Rita Hayworth italiana, la Mangano ricevette proposte da Hollywood e dal regista inglese Alexander Korda, presto rifiutate a vantaggio della realizzazione privata e familiare; nel 1949 il matrimonio con Dino De Laurentiis, e negli anni seguenti quattro figli: Veronica, Raffaella (futura produttrice), Federico e Francesca.
Allontanandosi gradualmente dalla fisicità erotica dei suoi primi ruoli, la Mangano divenne via via più selettiva per i ruoli a venire. Così è la cantante e ballerina di night-club che abbandona la vita notturna per prendere i voti, nel melò Anna di Alberto Lattuada (1951), primo film italiano ad incassare un miliardo di lire. In quel film ritrovò come co-protagonisti Gassman e Vallone e ballò il famoso El negro Zumbón, scena cui resero omaggio, molti anni dopo, Giuseppe Tornatore in Nuovo Cinema Paradiso ed anche Nanni Moretti in Caro diario.

    Nella sua prima produzione ad alto budget, Ulisse (1954) di Mario Camerini, tratto dall’Odissea di Omero, accanto ai divi hollywoodiani Kirk Douglas ed Anthony Quinn, interpretò sia Penelope sia Circe; è poi di nuovo protagonista di un dramma sentimentale, la coproduzione italo-statunitense Mambo, diretta da Robert Rossen, in cui fu di nuovo affiancata da Vittorio Gassman. In seguito venne scelta da Vittorio De Sica per il ruolo della prostituta Teresa nel film a episodi L’oro di Napoli (1954), che le valse il suo primo Nastro d’Argento.

    Nonostante il successo di critica e di pubblico, la Mangano già negli anni ’50 annunciò più volte un precoce ritiro dalle scene, e finì per preferire l’agiata vita familiare ai ruoli da star nei kolossal prodotti dal marito; inevitabile fu il confronto divistico con il mito nascente di Sophia Loren, sostenuta dall’ex socio di De Laurentiis, Carlo Ponti. Grande risalto giornalistico ebbero nel 1956 le riprese del film Uomini e lupi, in cui la Mangano tornò ad essere diretta da Giuseppe De Santis, accanto ad un giovane Yves Montand e al più esperto Guido Celano: durante una pausa della lavorazione, nelle montagne della Majella in Abruzzo, fu assalita da uno dei lupi, sfuggito al domatore; Celano riuscì con coraggio a deviare l’aggressione dell’animale, poi abbattuto da un cacciatore della zona.

    Fu ancora protagonista dei kolossal La tempesta (1958), tratto da alcune novelle di Pugačëv, e La diga sul Pacifico (1958), film di René Clément, tratto da un romanzo di Marguerite Duras, accanto ad Anthony Perkins, Alida Valli, Jo Van Fleet ed Yvonne Sanson. Alla fine del decennio, si prestò anche alla commedia, in La grande guerra (1959) di Mario Monicelli, con Alberto Sordi e Vittorio Gassman, ed in Crimen (1960) di Mario Camerini.
Nel 1959 Federico Fellini le chiese di affiancare Mastroianni ne La dolce vita, nel ruolo che fu poi di Anouk Aimée, ma De Laurentiis fece sfumare la proposta. È invece a seguito del rifiuto di Gina Lollobrigida che la Mangano veste i panni di una partigiana jugoslava in Jovanka e le altre (1960) di Martin Ritt, accettando di tagliare i capelli a zero, e guadagnandosi così la copertina della rivista statunitense Life, mentre l’anno successivo comparve nel poco fortunato Il giudizio universale (1961), diretta ancora da De Sica e accanto a Sordi.

    Con l’interpretazione di Edda Ciano nel film storico Il processo di Verona di Carlo Lizzani, la Mangano diede nuovamente prova di notevoli capacità interpretative drammatiche, guadagnandosi un Nastro d’Argento e il David di Donatello alla miglior attrice. A seguire altre commedie in coppia con Sordi, La mia signora, Il disco volante (esordio di Tinto Brass) e la satira di costume Scusi, lei è favorevole o contrario?.

    Sul set del film ad episodi Le streghe (1967) che De Laurentiis le confeziona su misura immaginando un nuovo successo di cassetta, la Mangano ha l’opportunità di venir diretta per la prima volta da Pier Paolo Pasolini e Luchino Visconti, registi che si riveleranno determinanti nelle scelte artistiche a venire. Per Pasolini fu Giocasta nell’Edipo re (1967), una madre borghese e disorientata in Teorema (1968) accanto a Massimo Girotti e Terence Stamp e, in un piccolo cameo non accreditato, la Madonna nel Decameron (1971).

    Vinse ancora un David di Donatello per Lo scopone scientifico (1972), considerato tra le commedie più riuscite di Luigi Comencini in cui fu affiancata da Alberto Sordi, Bette Davis, Joseph Cotten e Domenico Modugno, ma fu il ruolo della madre di Tadzio in Morte a Venezia (1971) di Visconti a sancire il mutamento d’immagine più significativo: immagine eterea di rarefatta bellezza, la Mangano non rassomiglia a nessuna delle sue precedenti caratterizzazioni. Nuovamente diretta dal regista milanese nella pellicola storica Ludwig (1973), per Visconti accettò con coraggio d’interpretare una donna chiassosa e volgare in Gruppo di famiglia in un interno (1974).
A fare da contrappunto al successo professionale, vi furono difficoltà nella vita privata. Di carattere distaccato anche nei rapporti con i familiari, in più interviste lasciò trasparire imbarazzo per il suo aspetto fisico, e spesso lamentò persistenti disturbi d’insonnia. La morte del figlio venticinquenne Federico (avvenuta il 15 luglio 1981 per un incidente aereo in Alaska) aggravò uno stato depressivo latente.

    Nel 1983 fu ufficializzata la separazione da De Laurentiis, e poco dopo le fu diagnosticato un tumore allo stomaco; già ritiratasi a vita privata da dieci anni, apparve brevemente solo in Dune (1984) di David Lynch, complice la richiesta della figlia Raffaella, produttrice. Forse intuendo l’avvicinarsi della fine, accettò un ultimo ruolo accanto a Marcello Mastroianni nel capolavoro di Nikita Mikhalkov Oci ciornie (1987). Il 4 dicembre 1989, coll’aggravarsi del cancro, si rese necessario un intervento al mediastino, eseguito alla Clínica La Luz di Madrid, dove viveva con la figlia Francesca; al termine dell’operazione un arresto cardiaco e il coma. Morì il 16 dicembre, a 59 anni, lasciando il ricordo di una grande interprete del cinema italiano.

    Nel 2000 il Comune di Roma le ha dedicato una strada nel quartiere Vallerano.

Redazione – ASCinema – Archivio Siciliano del Cinema

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