PIANO… PIANO, DOLCE CARLOTTA (1964), O IL FOLLE MIX DI FAMILISMO E SOLITUDINE

Un carillon che intona una dolce lullaby è tutto quel che resta a Carlotta Hollis (Bette Davis) del suo sfortunato amore per John Mayhew (Bruce Dern), la canzone che lui le cantava “Hush, hush, sweet Charlotte”: silenzio, silenzio… il silenzio di due amanti clandestini, condannati a non poter vivere il loro amore alla luce del sole.

“con la luce tutto diventa falso” ci si veste di apparenza, ipocrisia e perbenismo, “solo al buio le cose sono vere, vere e immobili”

    Decisi tuttavia a fuggire insieme, se non fosse stato per l’intervento risolutivo del vecchio Sam Hollis, (Victor Buono), ricco proprietario terriero, determinato a porre fine alla sordida relazione tra la sua unica figlia ed erede, e un uomo sposato, preoccupato più dell’onta e del pubblico ludibrio che della sua felicità. Le conseguenze, imprevedibili, saranno devastanti, ben più gravi di quelle che lo scandalo avrebbe potuto comportare.
“GRUESOME MUTILATION MURDER!”, si leggerà sui giornali all’indomani della festa, in occasione della quale John, dietro minaccia, è stato costretto a dire addio alla sua amata: il suo corpo mutilato con colpi d’ascia, rinvenuto nella residenza estiva della tenuta degli Hollis, e l’abito bianco di Carlotta, macchiato di sangue, sembrano non lasciar dubbio alcuno che sia stata proprio lei a scagliarsi sul suo giovane amante.
Ma, come dirà Gemma (Mary Astor), la vedova, se è vero che:  “il delitto nasce dentro di noi, la sua prima arma è una lingua velenosa”, la lingua biforcuta dell’invidiosa, cinica e calcolatrice cugina, Miriam Deering (Olivia de Havilland).

    Piano, piano, dolce Carlotta di Robert Aldrich è una pellicola del 1964, basata sul racconto Whatever happened to cousin Charlotte di Henry Farrell, candidato a 7 nominations per il premio Oscar, vincitore del premio Edgard Allan Poe 1965 per la migliore sceneggiatura (Henry Farrell e Lukas Heller). Inevitabile il paragone con Che fine ha fatto Baby Jane? del 1962, e per il genere e per le similitudini e, soprattutto, per la scelta del regista di affidare il ruolo di protagonista nuovamente a Bette Davis, superba nei panni di Jane Hudson: la stravagante ex bambina prodigio, seppur si scoprirà sul finale esser stata vittima delle macchinazioni della sorella Blanche, ha un ruolo attivo, è viva, dinamica, ha un folle e grottesco spirito di iniziativa; Carlotta Hollis, subisce passivamente, non si ribella al destino, accetta con rassegnazione, vive il suo dolore in solitudine, verrà manipolata senza difficoltà dalla cugina e dall’amico d’infanzia, il dottor Drew Bayliss (Joseph Cotten), che complottano alle sue spalle per farla rinchiudere in una clinica psichiatrica e impossessarsi dei suoi averi.

    La trama, molto più complessa e forzosamente elaborata, con l’inserimento di numerosi personaggi ad articolarla, ciascuno dei quali con un ruolo decisivo, risulta banale: sin da subito è facile intuire chi sia l’assassino! L’ansia e l’angoscia che accompagnano la sol vista di Jane, dalla cui follia scaturiscono comportamenti mostruosi e geniali al contempo, che tengono lo spettatore con il fiato sospeso fino al coup de theathre finale, sono qui mitigati dalle presunte o vere allucinazioni di Carlotta che non ha mai accettato la morte di John.

“A volte parla di lui come fosse ancora vivo, suona la sua canzone su quel clavicembalo, si alza, si veste, come aspettasse ancora il suo amante.”

    Carlotta Hollis, dopo il cruento e macabro assassinio di Mayhew che la marchierà a vita “Murderesses”, e la morte del padre, da lei ritenuto responsabile dell’accaduto, continua a vivere nella casa di famiglia di Hollisport, aiutata dalla fedele quanto bisbetica domestica Velma Crutcher (Agnes Moorehead), fino a quando riceverà una notifica di esproprio da parte dello stato della Lousiana per la realizzazione di un ponte, e chiamerà in suo aiuto, nella speranza di impedire la demolizione dell’edificio e dell’attiguo cimitero dove è sepolto Big Sam, la cugina, che immediatamente rivelerà il suo disinteresse per la causa e troverà in Drew un complice e un alleato nel suo progetto criminoso.

    Accolta in casa Hollis, orfana del padre, Miriam, da sempre invidiosa e gelosa di Carlotta, non esita a tradire la cugina, spifferando a Gemma della sua tresca con John. Ferita e umiliata, in un raptus d’ira e gelosia, afferra un’ascia trovata vicino alle casse di champagne e, dopo aver prima mozzato la mano del marito in cui teneva il bouquet di Carlotta, si avventerà su di lui, colpendolo ripetutamente fino a decapitarlo. Testimone dell’accaduto Miriam, ricatterà Gemma perché mantenga il segreto, segreto che, ormai avanti negli anni e gravemente malata, affiderà nelle mani di un ex cronista londinese Harry Wills (Cecil Kellaway) in una lettera – “Le chiedo solo di non aprirla che dopo la mia morte e di farne l’uso che la coscienza e l’esperienza le detterà. Venuto il momento sarà come agire o come non agire.” – che consegnerà proprio a Carlotta quando, dopo aver scoperto dalla viva voce di Miriam e Drew quanto avevano architettato, in un moto d’impeto, finalmente!, gli lancerà addosso un pesante cashpo che non lascerà loro scampo, su un’auto della polizia verrà condotta via dalla sua casa di Hollisport, teatro di passione, segreti, morte, incubi, bugie, dove lascerà il carillon e con esso il suo tormentato passato.

GIUSI LI VECCHI

ASCinema – Archivio Siciliano del Cinema

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