MANCO MORTO (2022) DI EMMA CECALA. L’ECO DEL CINEMA SICILIANO

Ultimato il nuovo cortometraggio della regista siciliana

Dalle origini del cinema muto prodotto e virato in giallo dalle Case palermitane Lucarelli Film e Lumen Film negli anni Dieci del ‘900 (La cassaforte n. 8, Profumo mortale, Ipnotismo, etc.) fino alla feconda produzione cinematografica isolana di oggi, i film hanno raccontato ad ampio spettro la diversità della Sicilia nella realtà e nell’immaginario collettivo, alimentando l’interesse del cinema nazionale e anche di quello straniero. Il cinema siciliano, inteso come girato in Sicilia, o altrove ma ambientato nell’Isola, oppure influenzato o tratto da opere di letterati siciliani, è un grembo fertile che genera film belli e brutti, oltreché formare registi, attori, sceneggiatori e altre figure professionali impegnati a vario titolo nella narrazione cinematografica, tanto confacente allo spirito siciliano medio, avvezzo al set cangiante della propria storia.

La Sicilia è già da molti decenni un luogo privilegiato del cinema italiano per tabulas: dalle trasposizioni letterarie viscontiane (La terra trema dai Malavoglia di Verga e Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa) al Germi del contraddittorio “periodo siciliano”, dai turbolenti adattamenti dei romanzi di Sciascia ad opera di Rosi, Damiani e Petri, dalla poetica di Tornatore e il crudo realismo di Grimaldi, Risi e Torre, dai lucidissimi ed impietosi Ciprì e Maresco (da coppia artistica e autonomamente), allo zoom colto di Andò, e poi la Dante, Quatriglio, Savona, e moltissimi altri. Ma non è affatto scontato che l’Isola resti uno sfondo adatto al racconto cinematografico se non si rinuncia al paradigma caricaturale e alla costruzione stereotipata di narrati “fotocopia” ed inefficaci anche come vacuo intrattenimento. Il rischio è un’inflazione di contenuti dozzinali. In tal senso, l’omologazione dei linguaggi cinematografici ha lo stesso effetto dell’inesistenza: non genera dubbi né dibattiti, con esiti mnemonici di cui già non ricordiamo più nulla. Nel “micro continente” siciliano a cui l’Italia guarda sempre con partecipazione – luci ed ombre (sic!) – in cui Thanatos ed Eros sono le ossessioni endemiche più profondamente radicate, “Soltanto l’intelligenza, l’intelligenza che è anche ‘leggerezza’, che sa essere ‘leggera’, può sperare di riemergere dalla superficialità, dalla banalità”, per dirla alla Sciascia.

La pellicola su cui quest’articolo pone l’accento non scivola affatto verso il terreno paludoso appena riassunto. Al contrario, punta ad un’acuta efficacia che si prolunga nel tempo. Prodotto dalla Arancia Cinema di Aurelio Grimaldi, il film-breve Manco morto (2022) diretto da Emma Cecala – nonché scritto a sei mani con Vanessa Leone e Alessandra Trogu – riesce ad andare in profondità ma senza “sprofondare”. Con la cornice del Thanatos farsesco e un tradizionale milieu politico di fine anni Sessanta, in Manco morto la Cecala costruisce con tono satirico il guazzabuglio umano che alla vigilia della sfida elettorale tra Pci e Dc segue la notizia della morte di Teotista Mezzasalma, esponente di sinistra candidato alla sindacatura del borgo siciliano, improvvisamente passato a miglior vita. Il diffondersi del mesto annuncio si propaga nel paese immaginario di Cofone (Ciminna, alle porte di Palermo, già “Donnafugata” nel Gattopardo di Visconti di cui quest’anno ricorre il 60°) con la stessa velocità della corrente elettrica nei fili di rame: i compaesani commentano, ipotizzano, dibattono, interpretano. Mezzasalma è molto chiacchierato anche da morto. Non sembra importante il raggiungimento discreto della verità, ma essere partecipi all’ondata emotiva, dire la propria, e poco importa la fondatezza di ciò che si esprime e si divulga. Non conta la consistenza del mormorio, la sua attendibilità. Conta giudicare, pontificare se possibile. Attraverso una narrazione ben strutturata e fresca, la regista riesce ad accendere i riflettori sopra la diffusione di informazioni insussistenti, gratuite. Tra le righe di Manco morto, l’alert che la Cecala evidenzia in maniera leggera ma efficace è: “Anche le bugie o le mezze verità, se diffuse col ‘megafono’ potrebbero diventare la verità assoluta”. Ma si legge anche altro, in filigrana. Nel cast figurano, tra gli altri, Antonio Pandolfo, Marco Manera, Stefania Blandeburgo e Cesare Biondolillo. Il tema musicale è di Maria Chiara Casà.

Sulla scia di una visione acuta e priva di pregiudizi nei confronti delle ambiguità socio-culturali, e di quella siciliana in particolare, Emma Cecala ha già diretto il prequel di Manco morto nel 2021, ossia 451524, vincitore al Caltagirone Short FilmFest 2022; ancora una commedia molto amara che punta l’indice sul trattamento inumano delle salme di Palermo, come se il diritto ad un’assistenza umana e dignitosa finisse col finire della vita. In questo caso, la messinscena vede tra gli interpreti Toti & Totino e ancora Stefania Blandeburgo.

Il dittico di Emma Cecala prova ad entrare in una Storia cinematografica siciliana ancora viva e forte, e dura ed esemplare. Molti dei registi citati ne sono stati il punto più avanzato, così come il suo maestro,  il regista modicano Aurelio Grimaldi presso la scuola di cinema Piano Focale di Palermo, produttore di Manco morto ma già autore di film originali e radicali in un’epoca certamente diversa di cui sentiamo ancora l’eco e che invita tutti a mettere bene a fuoco quella attuale.

 

La regista e troupe durante la lavorazione del film

 

La la regista e la troupe durante la lavorazione del film

 

La regista e la troupe durante la lavorazione del film

 

Antonio Pandolfo al ciak sul set

 

Il manifesto ufficiale del film

 

Emma Cecala posa in studio