LUIGI LO CASCIO. IL BARDO PALERMITANO

Nipote d’arte, medico mancato, romanziere, regista e magnifico interprete. Da I cento passi e Il traditore.

    Nato a Palermo il 20 ottobre 1967, Luigi Lo Cascio cerca di realizzarsi in una vita normale, e “tipica” quella del buon lavoro retribuito e della sicurezza economica – che chi vive in Sicilia sa quanto sia essenziale; ma nella vita di Lo Cascio l’arte è nel destino, e anche nel retaggio vista la parentela con Luigi Maria Burruano. Dopo aver conseguito la maturità al Liceo Classico Garibaldi infatti, Lo Cascio si iscrive alla Facoltà di Medicina all’Università degli Studi di Palermo. Qualcosa non va però, e la passione per il teatro e la recitazione cresce sempre di più, tanto da spingerlo a lasciare medicina per dedicarsi anima e corpo alle Arti. È il 1992 quando Lo Cascio si diploma all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, con un saggio sull’Amleto di William Shakespeare, diretto dal maestro Orazio Costa. La svolta arriva, però – dopo tanta gavetta – nel 2000 con I cento passi, film di Marco Tullio Giordana in cui Lo Cascio presta il suo volto per portare in scena l’epopea di Peppino Impastato; interpretazione che gli varrà – lo stesso anno – il David di Donatello, come migliore attore protagonista.

    Da questo momento la carriera di Lo Cascio è in ascesa, alternandosi tra impegno teatrale recitando in lavori classici come Margherita Gautier e Romeo e Giulietta, diretti da Giuseppe Patroni Griffi, un Aspettando Godot messo in scena da Federico Tizzi sino a due straordinari allestimenti di Amleto e del Sogno di una notte di mezza estate. È nel cinema però che Lo Cascio acquisisce sempre maggior popolarità, nel 2001, infatti, vince la Coppa Volpi come miglior attore al Festival del cinema di Venezia per Luce dei miei occhi di Giuseppe Piccioni. L’anno successivo prenderà parte a Il più bel giorno della mia vita di Cristina Comencini, recitando al fianco di Virna Lisi e Margherita Buy.

    Il 2003 sarà un anno particolarmente proficuo, lavorando con un maestro del cinema come Marco Bellocchio in Buongiorno, notte, in Mio cognato di Alessandro Piva – e soprattutto in La meglio gioventù, lungometraggio rimontato – successivamente – come miniserie televisiva, autentico manifesto di una generazione di cineasti. Tale opportunità gli vale il Nastro d’argento ex-aequo con tutti i protagonisti, e gli permette di lavorare nuovamente con il regista del suo esordio, quel Marco Tullio Giordana, che lo dirigerà ancora in Sanguepazzo (2008) e Romanzo di una strage (2012).

    Gli anni successivi permettono a Lo Cascio di variare sempre più racconti, registi e ruoli, lavorando con Pupi Avati in Gli amici del bar Margherita (2009), con Mario Martone in Noi credevamo (2010) e con due registi premi Oscar: Spike Lee in Miracolo a Sant’Anna (2008) a fianco di John Turturro, Joseph Gordon-Lewitt, Walton Goggins, Pierfrancesco Favino e John Leguizamo, e con Giuseppe Tornatore in quel tenero e crudo omaggio alla “sua” Baaria (2009). Nel mezzo spiccano alcune attività teatrali. Nel 2005 dirige e interpreta Nella tana, un monologo tratto dall’omonimo racconto di Franz Kafka del 1923 – di cui cura la sceneggiatura e l’adattamento – che gli varrà il Premio UBU quale migliore attore. L’anno seguente è la volta de Il silenzio dei comunisti di Luca Ronconi, che gli permetterà di vincere ancora una volta il Premio UBU sempre come migliore attore protagonista.

    Nel secondo decennio degli anni Duemila, Lo Cascio pubblica i testi teatrali La caccia/Nella tana per la Neos Edizioni, a cura di Roberto Rossi Precerutti ed esordisce come regista con La città ideale, film presentato alla 69ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. L’anno dopo prende parte a Salvo (2013), seconda regia di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza e a Il capitale umano (2014) di Paolo Virzì – certamente uno dei film italiani più rilevanti degli ultimi dieci anni.

Dal 2017 sino ai giorni nostri, la carriera di Lo Cascio ha subito una notevole impennata, prendendo parte al fortunato Smetto quando voglio (2014-2017) di Sydney Sibilia, figurando come il villain Walter Mercurio nel mid-sequel Masterclass, e nel capitolo conclusivo Ad honorem. In questo periodo si scopre romanziere con il suo esordio narrativo Ogni ricordo un fiore (2018), edito da Feltrinelli e prende parte al sensazionale Il traditore (2019) di Marco Bellocchio con cui torna a lavorare dopo 16 anni. Il biopic su Tommaso Buscetta – in cui Lo Cascio veste i panni di Salvatore Contorno – gli varrà il Nastro d’Argento 2019 come miglior attore non protagonista assieme a Fabrizio Ferracane, e il David di Donatello 2020 come miglior attore non protagonista.

    Intervistato da La Repubblica nel 2014, a proposito del suo Otello riadattato in siciliano che lo vide in tournée per tutta la Sicilia – con cui adattare la sua “palermitanità” al “bardo” – Lo Cascio parlò così del suo rapporto con la città di Palermo e del suo sentirsi sempre “a casa” anche se lontano: “Sì, mi manca ma si può anche vivere lontano portandosela appresso. Vorrei starci di più ma io mi sento un palermitano a Roma. Palermo è qualcosa che mi è stata data e che mi rimane dentro. Vediamo sempre Palermo intorno a noi. Forse è un modo per cercare di far aderire una città imperfetta come Palermo alla nostra città ideale.”

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