LETIZIA BATTAGLIA, LA FOTOGRAFA CINEMATOGRAFICA

Per strada quell’inconfondibile “caschetto” lo si poteva individuare a colpo d’occhio, persino tra quelle immense folle di persone, oceaniche per quanto numerose. Come quelle riversatesi decenni addietro sulle strade di Palermo, ai tempi delle stragi e delle varie manifestazioni contro la mafia. Sigaretta tra le dita e macchina fotografica appesa al collo. Sempre.

Non c’è più, adesso, quel caschetto che negli ultimi tempi Letizia Battaglia aveva sfoggiato di un bel colore rosa acceso, estroso proprio come lei, che fino all’ultimo ha saputo come onorare il proprio nome. Letizia: vitale, ironica, grata alla sua vita. Battaglia, come quella più famosa di cui divenne suo malgrado uno dei simboli, quella per la legalità, per un’informazione cruda e senza filtri, che attraverso quegli scatti insanguinati si faceva testimonianza di uno dei periodi più bui della storia siciliana e nazionale. Ma anche quando da giovanissima si ribellò alle regole rigide del patriarcato, impostele dal padre prima e dal marito poi, che soffocavano le pulsioni di una donna che cercava soltanto di uscire dall’ombra delle convenzioni sociali. E poi, l’ultima battaglia, quella per la vita, goduta fino alla fine sebbene ormai claudicante, ma mai veramente stanca e senza segni di paure sul volto. Se n’è andata a 87 anni Letizia Battaglia, la fotogiornalista italiana più famosa che ha saputo documentare la cronaca più difficile ma anche il fascino della sua città, sin da quando nel lontano 1969 aveva iniziato la collaborazione con la testata palermitana L’Ora, desiderosa di iniziare una nuova vita in maniera indipendente. Ma la scrittura non faceva per lei, non era quello lo strumento attraverso cui potersi esprimere appieno. A 40 anni impugnava la macchina fotografica e, scattando le sue prime “fotografie orribili” (come lei stessa le definiva), Letizia Battaglia capiva subito che era sbocciato un nuovo amore e che, stavolta, sarebbe durato per sempre.

Bambini, donne, vicoli di una Palermo spesso ai margini, diventavano così i suoi soggetti preferiti e qualunque cosa toccasse le sue corde lei doveva ritrarla, rivoluzionando lo stesso concetto di arte legato alle immagini. Dopo la breve parentesi milanese Letizia faceva ritorno nella sua città ma la carriera di fotoreporter l’aveva scaraventata in un mondo terribile, fatto di cruente scene del crimine, di lutti e di grida disperate. Ma anche di minacce e intimidazioni, inevitabili quando ci si ritrova a lavorare in determinati ambiti. I morti ammazzati durante le guerre di mafia non si contavano più e alcuni dei suoi scatti erano, nel frattempo, divenuti tristemente celebri (come quelli relativi agli omicidi del presidente Piersanti Mattarella e del giudice Cesare Terranova). Letizia amava e odiava quelle fotografie, ma aveva un grande rammarico, quello di non essere riuscita a immortalare, unicamente per decenza, alcuni tra gli spettacoli più terribili di quel periodo, come quello del 19 luglio 1992. A quello precedente del 23 maggio, invece, non andò neppure. Letizia era umana come chiunque, e ogni essere umano conosce i limiti delle proprie debolezze e sa fin dove ci si può spingere.

E poi, tra i laboratori di fotografia, le numerose esposizioni in giro per il mondo ed i premi vinti (come quello in memoria di Eugene Smith) per Letizia Battaglia era arrivato anche l’attivismo (fu tra i co-fondatori del Centro “Giuseppe Impastato”) e l’impegno politico che per un po’ la tenne lontana dalla sua attività di fotografa che, comunque, non abbandonò mai. Dal 2017, presso i Cantieri Culturali della Zisa, Letizia Battaglia dirigeva il Centro Internazionale di Fotografia, uno spazio polifunzionale che ospita mostre, seminari ed eventi tra i più importanti del Mediterraneo.

Ma Letizia Battaglia ha collaborato anche con il cinema e in particolare con il documentarismo, offrendo la propria partecipazione ai vari reportage che l’hanno vista protagonista. Fra questi si ricordano Battaglia – una donna contro la mafia (2004); In un altro paese (2005); Shooting Palermo (2008) di Wim Wenders, dove la fotografa appare brevemente in un cameo; Letizia Battaglia – Amoreamaro (2014) per Sky Arte HD. Nel 2019 la Battaglia partecipa al docufilm La mafia non è più quella di una volta, realizzato dall’amico Franco Maresco al quale scherzosamente strappa la promessa di farla recitare, in futuro, nei panni di una “buttana vecchia”. Lo stesso anno nelle sale italiane esce Shooting the Mafia di Kim Longinotto, un film-documentario che si articola come un ritratto, anche molto intimo, della vita professionale e privata dell’artista (che qui si racconta in prima persona), della quale mette in luce tutto il coraggio e la verve da perfetta anticonformista ribelle.

Verrà, invece, trasmesso il prossimo maggio sui Rai 1 il biopic televisivo girato da Roberto Andò e interpretato da Isabella Ragonese, l’attrice palermitana che per l’occasione ha vestito i panni della grande fotoreporter scomparsa. E ovviamente dispiace che proprio lei, Letizia Battaglia, se ne sia andata proprio poche settimane prima della messa in onda della mini-serie, un progetto che aveva fortemente sostenuto e che le avrebbe certamente regalato l’ultima, grande, soddisfazione della sua difficile ma intensa esistenza.