JEAN RENOIR, PARTE II: LA SFIDUCIA NELLA SOCIETÀ MODERNA

Seconda parte dell’intervista

Che cosa s’aspetta dal cinema e cosa chiede?

    « Chiedo al cinema quello che gli uomini chiedono ai loro mezzi di sostentamento. Per prima cosa, chiedo al cinema di nutrirmi; un fatto importantissimo nella vita. Inoltre chiedo al cinema di aiutarmi a raggiungere certe verità che non si raggiungono cercandole direttamente. Penso che per trovare certe verità sia necessario passare attraverso l’intermediario di certe occupazioni fisiche. Credo, per esempio, che i lavori che richiedono anche un certo impegno manuale siano i più adatti per farci raggiungere delle verità eterne. Penso, per esempio, che il falegname, e il calzolaio, e il tornitore, e anche l’aratore… penso che tutta la gente che lavora di solito con le proprie mani, attraverso questo lavoro manuale abbia la possibilità, se lo desidera e le interessa, di arrivare
alla comprensione di certe verità eterne. In altre parole, ritengo che si arrivi allo spirito attraverso la materia. Il cinema, per me, è la materia. Lavorando nel cinema, sono costretto a fare i conti con la pellicola, con le luci, con il temperamento degli attori, tutta una serie di ostacoli, insomma, che sono il pane quotidiano della vita. E questi ostacoli mi aiutano a meditare su me stesso e a capire certe cose che prima non capivo, e che non capirei se non mi sforzassi d.i vederle attraverso degli elementi concreti.

    « Certo, ci sono anche delle persone che possono farne a meno, di questi elementi concreti, ci sono delle persone che non hanno bisogno di piallare del legno per capire l’eternità; io, per esempio, piallo il legno e non capisco l’eternità, ma piallando il legno sento di avvicinarmi almeno un po’ a questa comprensione. Ci sono delle persone straordinarie, i grandi artisti, i santi: Cézanne, per esempio, ha capito senz’altro, e anche Van Gogh deve avere capito, e di certo anche in India, quei santoni che se ne stanno sempre nella stessa posizione, senza muoversi mai, sui gradini dei templi, anche loro probabilmente sono arrivati a capire. Comunque sia, noi, nella nostra civiltà mediterranea, abbiamo i mezzi per capire pur conservando una specie di gioia di vivere; ecco il mio ideale, ed è questo che chiedo al cinema.

    « Ah, sì, mi dimenticavo… c’è anche un’altra cosa molto importante che io chiedo al cinema, ed è che mi dia sempre la possibilità di raccontare certe storie; adoro raccontare storie; se non facessi dei film, forse le racconterei nei caffè in una piccola città di provincia, oppure con un pennello su una tela o in un qualsiasi altro modo. È un mio intimo bisogno: quando sento una bella storia, voglio subito comunicarla, voglio che tutti possano profittarne. E ogni tanto il cinema mi dà questa possibilità ».

E come giudica allora il cinema che non racconta una storia, il cinema di avanguardia, il cinema moderno?

    « A me piace molto, ma non ho nessun talento in questo campo. Ognuno fa quello che può. Io so raccontare storie, e quasi niente altro. So di avere dei limiti, io non ho una mente astratta, ho una mente concreta, ho bisogno, come dicevo prima, ho bisogno d.ella materia, ho bisogno di toccare la carne di una donna per innamorarmi di una donna, non posso innamorarmi di un’anima. Ho bisogno del corpo, sapendo benissimo che l’anima è il riflesso del corpo e che il corpo è il riflesso dell’anima. Del resto, diciamolo pure, io non posso separare la materia dallo spirito: è tutta la stessa cosa ».

Come si giudica?

    « Certe volte mi guardo allo specchio mentre mi faccio la barba mi dico: “Che orrore!”. Certi altri giorni, invece, mi trovo simpatico. Cambio. In realtà, credo che i miei giudizi, che il mio modo di giudicare me stesso dipendano dagli altri. Quando gli altri sono gentili con me, mi credo molto simpatico e sono molto contento. Quando sento della resistenza e ho la sensazione di essere sgradito a qualcuno, allora mi odio e mi sento infelice ».

E la sua opera?

    « Be’, ci sono dei miei film che mi piacciono, altri che non mi piacciono ».

– Quelli che le piacciono?

    « Be’, credo che, forse, al primo posto metterei La regola del gioco (1939) e La grande illusione (1937)… Tra i film, invece, che mi sembrano meno riusciti, forse metterei Il testamento del mostro (1959) ».

Come giudica il cinema di oggi?

    « Sa, non sono capace di applicare delle etichette e di rinchiudere poi tutto quello che mi circonda in vari cassettini. Non mi lascio influenzare dalle etichette. Ecco, vede, la mia ambizione nella vita sarebbe di assaggiare un bicchiere di vino versato da una bottiglia senza etichetta e, dopo aver bevuto adagio, con gusto, di poter dire. “Ah, questo vino viene da tale vigna, di tale paese, e la vigna è stata coltivata da un bravo ed onesto vignaiolo che ha passato i sessant’anni, che ha già tutti i capelli grigi e che ha le mani grosse così…” e allora sarei molto fiero di me… Ma per tornare a quello che penso del cinema di oggi: ci sono dei bei film e dei brutti film, come è sempre accaduto… non credo che le cose siano molto cambiate da questo punto di vista. È vero, però, che in ogni epoca ci sono dei periodi in cui abbondano i successi e l’arte trionfa incontrastata. Il nostro tempo è uno di questi? Non lo possiamo dire ora. Il nostro tempo lo si potrà giudicare solo quando sarà. passato, fra cent’anni ».

E certi suoi colleghi, Fellini, ad esempio?

    « È un uomo meraviglioso. Tengo a dirle che il film di Fellini che preferisco, fra tutti quelli che ho visto, e purtroppo non li ho visti tutti, è I vitelloni; mi ha enormemente colpito, per me è uno dei capolavori del cinema, un film addirittura fantastico ».

E Visconti, che è stato anche suo assistente?

    « Ebbene, secondo me Visconti ha dato al cinema una delle opere più importanti di tutto il cinema, un capolavoro, un film stupendo: La terra trema. Magnifico. E dato che parliamo di italiani, lasci che le dica quanto ammiri anche Rossellini e De Sica ».

La donna, nei suoi film?

    « Molto importante. Per me l’universo è maschile e femminile. E il genere maschile è sempre attratto da quello femminile. Per me una storia non esiste se non c’è una donna. Magari con una parte modesta, quasi niente: ne La grande illusione, ad esempio, la parte della donna è molto piccola, ma c’è e questo conta ».

La politica?

    « In verità, la politica non mi interessa. A me interessa la condizione umana. Le tante politiche che ci circondano, le tante politiche di cui siamo stati testimoni nel corso degli ultimi anni mi interessano soltanto nella misura in cui arrivano ad influire sulla condizione umana. Non ho mai appartenuto ad alcun partito politico, non faccio parte neanche di club. Ecco, non saprei dirle il perché, ma ho l’impressione che, imbrancandomi in un gruppo, perderei forse un po’ di personalità; non che consideri le mie idee tanto importanti… ma, insomma, sono le mie e, così come sono, mi ci sono abituato; tanto vale che le conservi. Lo ripeto, quello che a me interessa di più è la condizione umana. E credo, ecco, questa non è un’idea politica – è un’idea, più che altro, è un’idea morale, forse, anzi, è un’idea metafisica – credo proprio che in questo mondo si stia sbagliando, qualunque sia l’etichetta con cui lavoriamo. Il mondo si sbaglia sacrificando tutto alla religione della produttività; ho proprio l’impressione che l’idea di efficienza, di rendimento, sia del tutto falsa; ho l’impressione che ci porterà a delle catastrofi. Io sarei piuttosto favorevole, invece… Ecco glielo spiego con un paragone. Immaginiamo di essere in un circo. Ci sono due clown che dicono: “Io salterò sopra quella corda”. La corda viene tesa e il primo clown salta; la corda era a un’altezza di 1 metro e 50; lui invece non supera il metro e 49 e fa una pessima figura. Perde la scommessa, lo mandano via e tutti lo deridono. Il secondo clown tende la corda ad altezza di solo 1 metro e 20 e salta fino a 1 metro e 21. Il suo salto, quindi, è stato molto meno alto di quello del primo, ma visto che ha saltato più in alto della metà che si era fissata, tutti lo applaudono e la vittoria è sua. Ecco, io ho l’impressione che in questo momento il mondo stia cercando l’impossibile. Il mondo sta cercando la felicità nei mezzi materiali, e invece temo che la felicità, lì, nessuno possa trovarla ».

 La società di oggi?

    « Credo che la società di oggi stia sacrificando troppo a questo mito della produttività, a questo mito del rendimento. In altre parole, io sarei pronto a predicare la pigrizia. Del resto, è semplice, dato che c’è troppa produzione oggi, noi assistiamo a vari tentativi, da parte dei sociologi e dei governi, di diminuire questo
rendimento; assistiamo a una costante ricerca di mezzi per frenare la super-produzione. C’è troppo latte, c’è troppo burro, c’è troppo grano. È insensato. È incredibile. Queste sono le cose che mi interessano. Qualcosa deve assolutamente cambiare, e subito, ma non saranno certo i partiti politici a riuscirci. Ci riuscirà forse qualche religione; ma ci riuscirà soprattutto l’uomo se imparerà a meditare su se stesso. Meditando soprattutto sulle incongruenze che gli impone la vita moderna, i gas delle automobili, i superaffollamenti, lo smog. E allora dlrà:. “Vivo meglio con mezzi più modesti, in campagna, all’ombra degli ulivi, guardando orizzonti liberi e puliti” ».

Il futuro dell’uomo?

    « Se l’uomo non mette fine a questa sua corsa alla super-produzione, credo che arriveremo presto alla tragedia. Per esempio, nelle grandi città soffocheremo perché mancherà l’aria e non potremo più respirare; gli ingorghi del traffico renderanno inutili le strade, mancheranno perciò anche i viveri perché i camion che portano il cibo nelle grandi città non potranno più circolare. Le auto si ammucchieranno l’una sull’altra e tutto si fermerà. Allora ci uccideremo a vicenda o saremo tutti molto infelici » .

E il futuro dell’arte?

    « Molto importante in tutta questa storia. È proprio per questo che credo fermamente nel cinema, perché penso che il cinema possa avere un’influenza straordinaria sul mondo di oggi. Mi si chiede spesso cosa penso dell’influenza del cinema e io rispondo sempre che l’influenza del cinema è grande quasi come quella che una volta avevano le religioni. Perché, tutto sommato, sono state sempre e soltanto le idee a edificare pietra su pietra le nostre civiltà. La civiltà di noi francesi e di voi italiani è il Cristianesimo; è il Cristianesimo che ha unito I’Europa, è il Cristianesimo che ha fatto sì che l’Europa sia stata unita per secoli e secoli, e questo grazie a una lingua unica, il latino. Poi è venuto il Rinascimento. Vede… a me non piace il Rinascimento. È stata un’epoca splendida, ma io preferisco il XII secolo, preferisco le epoche che hanno preceduto il Rinascimento. Per me non c’è niente di più commovente delle vostre piccole chiese italiane; le piccole chiese romaniche, prerinascimentali, sono straordinarie, sconvolgenti. Comunque non si può tornare indietro. Perciò se ci sono oggi dei movimenti, soprattutto fra i giovani, che tendono a respingere la civiltà quale ci viene proposta oggi, be’, bisogna ammettere che quei movimenti – li si approvino o non li si approvino – hanno una loro ragion d’essere ».

Jean Renoir, parte I: il neorealismo limbico e la grande illusione

Pubblicazioni di riferimento: 7 domande a 49 registi di Gian Luigi Rondi (SEI Ed.) , Cineforum (AA. e Nrr. VV.), Filmcritica (AA. e Nrr. VV.), Positif (AA. e Nrr. VV.), Chaiers du cinéma (AA. e Nrr. VV.), Bianco e nero (AA. e Nrr. VV.).

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