JEAN GABIN

Jean Gabin, pseudonimo di Jean-Alexis Gabin Moncorgé (Parigi, 17 maggio 1904 – Neuilly-sur-Seine, 15 novembre 1976), è stato un attore francese, fra i più rappresentativi della storia del cinema francese. Gabin fu l’interprete ideale dei film della scuola realista, portando sugli schermi la fisionomia romantico-populista dell’uomo semplice e rude, oppresso da un destino ineluttabile.

Una personificazione dell’antica tragedia umana, dolorosamente vissuta attraverso le fasi successive dell’immediata brutale violenza, della cupa disperazione e, infine, della rassegnazione liberatrice. Gabin riuscì a esprimere questa gamma di sentimenti con vigore e naturalezza, rivelando convincenti doti drammatiche, grazie anche alla sapiente guida di registi quali Julien Duvivier, Jean Renoir, Marcel Carné e Jacques Becker.

Proveniente dal teatro di rivista e dall’operetta (si era formato alle Folies Bergère, al Moulin Rouge, al Vaudeville, alle Buffes-Parisiennes), esordì nel 1930 col film Chacun sa chance. Fu l’inizio di una carriera che lo porterà a recitare diversi ruoli in diversi film, ma il “vero” Gabin nacque nella seconda metà degli anni Trenta con una serie di fortunate interpretazioni: La bandera (1935), Verso la vita (1936), Il bandito della Casbah (1937), La grande illusione (1937), L’angelo del male (1938), Il porto delle nebbie (1938), Alba tragica (1939). In molti di questi film ebbe accanto Michèle Morgan, con la quale formò un’indimenticabile coppia cinematografica, e spesso si esibì cantando, memore delle sue esperienze nei teatri di rivista.

Rifiutandosi di lavorare per i tedeschi che avevano occupato la Francia, accettò un contratto a Hollywood, ma questa esperienza si rivelò negativa. Ritornò quindi in Europa nella marina francese, agli ordini del generale de Gaulle. Dopo aver combattuto in Marocco e in Francia, partecipò alla campagna di Germania che lo porterà fino al Nido dell’Aquila di Hitler a Berchtesgaden.

Finita la guerra tornò a recitare e passò a ruoli di più varia e matura caratterizzazione psicologica, secondo nuove dimensioni umane e sociali, complice anche l’aspetto fisico precocemente incanutito: tra i film del periodo, La vergine scaltra (1950), e La notte è il mio regno (1951), per cui ottenne la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile alla Mostra cinematografica di Venezia, dove sarà premiato una seconda volta nel 1954 per il film Grisbì.

Nel 1952 realizzò un suo grande sogno: acquistò una fattoria e creò “La Pichonnière”, un allevamento di cavalli da corsa e di bovini, investendo gran parte dei profitti derivanti dal suo lavoro. Continuò a incontrare il grande favore del pubblico, con film quali Aria di Parigi (1954), La traversata di Parigi (1956) e Il clan dei siciliani (1969). In tre occasioni interpretò il ruolo del commissario Maigret, creato da Georges Simenon, prima nell’omonimo film del 1958, quindi in Maigret e il caso Saint-Fiacre (1959) e in Maigret e i gangsters (1963). Nelle sue interpretazioni, spesso indimenticabili per il loro razionale virtuosismo, l’attore portò l’incisiva personalità del personaggio Gabin che, come scrisse Jacques Prévert in una lirica:

«è sempre lo stesso / è sempre uguale, sempre Gabin / sempre qualcuno.»

Alla sua morte, avvenuta nel 1976, fu proclamato il lutto nazionale e le sue ceneri vennero disperse nelle acque di Brest da una nave della marina militare.

Redazione, ASCinema – Archivio Siciliano del Cinema

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