IL FEDERALE (1961). IL DRAMMA DI UNA MISSIONE SCELLERATA

Il federale è un film del 1961, scritto e diretto da Luciano Salce. Siamo nel 1944, in piena guerra militare e civile: Primo Arcovazzi (Ugo Tognazzi) è un giovane membro della milizia fascista che, a tutti i costi, vuole diventare Federale. A tal fine, gli viene richiesto di catturare in Abruzzo un noto dissidente politico, l’illustre ed anziano Prof. Bonafè (Georges Wilson) e di riportarlo a Roma.

Durante il viaggio verso la Capitale i due dovranno affrontare mille peripezie e ciò darà modo ai protagonisti, così diversi tra loro, di conoscersi. Da un lato, il colto antifascista, cinico e disincantato, che consacra i suoi momenti di smarrimento leggendo ad alta voce il Leopardi; dall’altro il fascista, per certi versi un po’ romantico, accecato dall’ideologia, ma inconsapevolmente attratto dalla cultura del Professore, col quale, tuttavia, è incapace di interagire su temi fondamentali, come la democrazia e sopratutto la libertà.

Ma il film non è solo basato su questa dialettica dei contrari. Il viaggio sarà, infatti, l’occasione per i protagonisti di scoprire un’Italia che stava rapidamente svegliandosi. Tanti saranno, infatti, i personaggi – tutti magnificamente tratteggiati – in cui essi si imbatteranno, compresa Lisa (Stefania Sandrelli al suo esordio cinematografico), una giovane ladra che, di notte, svestirà il fascista per rubargli la divisa, lasciandolo letteralmente in mutante: epifania del nostro destino militare, che di li’ a poco si sarebbe manifestato in tutta la sua drammaticità.

Faticosamente il viaggio prosegue: alle porte di Roma, i due incontrano nuovamente la ladra che vende a Primo Arcovazzi una luccicante divisa da Federale, grado che il fascista ritiene ormai suo, avendo portato a termine la missione affidatagli. Ma giunti a Roma, i protagonisti trovano una città già liberata dagli americani.

La divisa da Federale, appena acquistata, susciterà ilarità da parte degli americani e profondo sdegno da parte dei partigiani, pronti a fucilare Primo Arcovazzi : questi sarà in extremis salvato dal Prof. Bonafè che dopo avergli fatto indossare abiti borghesi – simbolo di una pace civile da ricostituirsi come imperativo morale – lo lascia andare, regalandogli il suo libro di poesie. Bellissimo finale che trascende ogni visione politica: l’anziano – il cui personaggio fu scritto pensando a Saragat – insegna umanamente al giovane che non può esservi libertà senza cultura né cultura senza libertà.

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