I GIORNI DEL COMMISSARIO AMBROSIO (1988). L’ADDIO AL CINEMA ITALIANO DI UGO TOGNAZZI

Non sono molte le produzioni giallo-thriller anni ‘80 che hanno lasciato un segno all’interno della cinematografia italiana “di genere”, avendo ormai esaurito gran parte delle idee nel decennio precedente. Malgrado quello televisivo si fosse ormai imposto come il medium privilegiato per gli spettatori che sempre più passavano le serate in casa e sempre meno frequentavano le sale, qualcosa di interessante continuava a realizzarsi, seppur nell’ottica di una tendenza che dalla seconda metà degli anni ‘80 appariva consolidato.

Vediamo, quindi, che nel 1987 viene ideato per Reteitalia il progetto di una serie televisiva incentrata sulla figura del commissario Giulio Ambrosio – sulla scorta dei romanzi dello scrittore Renato Olivieri – anticipata dall’uscita di una pellicola destinata al cinema e che avrebbe funto quindi da capostipite. Alla regia de I giorni del commissario Ambrosio viene chiamato il veterano degli spaghetti western Sergio Corbucci, alla sua terza incursione nel giallo-poliziesco dopo La mazzetta (1978) e Giallo napoletano (1979). Qui però, a differenza dei precedenti lavori che appaiono molto più inclini alla commedia partenopea, si respira un’aria malinconica e crepuscolare, sotto il cielo di una Milano invernale la quale più che “da bere” sembra rievocare certe atmosfere alla Giorgio Scerbanenco. A vestire i panni del sagace commissario ritroviamo il grande Ugo Tognazzi, dopo aver affrontato un ruolo simile proprio ne La mazzetta e dieci anni prima ne Il commissario Pepe di Ettore Scola, prendendo in extremis il posto di Lino Ventura a causa dell’improvvisa scomparsa di quest’ultimo pochi giorni prima dell’inizio delle riprese. L’inattesa defezione porterà gli sceneggiatori a ritoccare il copione per adattarlo meglio alla presenza scenica dell’indimenticabile attore cremonese, qui alla sua ultima apparizione in un film italiano nonché il terz’ultimo della sua lunga carriera, prima della morte avvenuta nell’ottobre 1990.

Oltre a Tognazzi, il cast viene arricchito della partecipazione di altri grandi nomi del cinema tricolore: Carlo Delle Piane, Carla Gravina, Pupella Maggio e Rossella Falk si avvicenderanno sul set assieme ad alcuni dei nuovi protagonisti della scena ottantiana, come Athina Cenci, Claudio Amendola, la giovane Cristina Marsillach (già protagonista un anno prima di Opera di Dario Argento) e persino un improbabile Teo Teocoli nel ruolo di uno spacciatore esaltato.

Sul punto di partire per le tanto agognate ferie assieme alla compagna Emanuela (Athina Cenci), il commissario Giulio Ambrosio (Ugo Tognazzi) della polizia di Milano, viene raggiunto dalla notizia di un incidente mortale all’interno di un parco dove l’uomo alla guida, tale Vittorio Borghi, sembra essere rimasto ucciso nello schianto. L’esame autoptico, tuttavia, non sembra confermare l’ipotesi della morte accidentale e si pensa piuttosto che l’uomo, un pericoloso protettore e spacciatore locale, sia stato assassinato. Ambrosio si tuffa a capofitto nelle indagini, peraltro non convinto della testimonianza resa da un musicista, Renzo Bandelli (Carlo Delle Piane), il quale si affretta anche a fornire un alibi. Aiutato dal fido collaboratore Luciano (Claudio Amendola), il commissario inizia a scavare nelle vite della vittima e del violinista, da cui emergono drammi familiari e torbide faccende di droga e prostituzione, fino alla sorprendente risoluzione del caso.

Il fatto stesso di sapere che questo è l’ultimo film italiano di Ugo Tognazzi contribuisce, probabilmente, ad avvolgere la visione di un alone di tristezza, più di quanto il plot in sé non lasci trapelare. Il commissario impersonato dal grande attore e regista, ormai sul viale del tramonto, sembra infatti quasi possedere la sua stessa anima e incute realmente un senso di tenerezza.

Lontano dalle sanguinose e spettacolari dinamiche da thriller anni ‘70, I giorni del commissario Ambrosio si concentra maggiormente sull’intreccio poliziesco (tra indagini, interrogatori e Lancia Delta sfreccianti al posto delle iconiche Alfa Romeo Giulia) e sullo scavo psicologico dei personaggi, in particolar modo quello interpretato da un intenso Carlo Delle Piane alle prese con uno dei suoi (pochi) ruoli drammatici. Adeguato spazio è dato anche alla critica contemporanea di costume, con il focus sul consumo di eroina e i comportamenti a rischio AIDS che proprio in quegli anni erano all’ordine del battage massmediatico. La fotografia di Danilo Desideri e la colonna sonora di Armando Trovajoli contribuiscono senz’altro all’atmosfera cupa e uggiosa della pellicola, avvicinandola molto più ad un noir che ad un giallo vero e proprio, anche se, va detto, la confezione sconta un taglio decisamente paratelevisivo, giustificato dal fatto che il film era stato pensato come episodio pilota per una futura serie su piccolo schermo. Serie che, a fronte dello scarso riscontro di pubblico nelle sale, non fu mai realizzata.

Seppur venato da tocchi agrodolci che ne smorzano l’incisività, ma adeguatamente supportato dall’ottima recitazione dei suoi interpreti, I giorni del commissario Ambrosio rimane comunque uno fra i migliori prodotti “di genere” sfornati durante il decennio dell’edonismo, oltre che il saluto di Ugo Tognazzi al cinema di casa sua.

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