FRANCESCO ROSI

Francesco Rosi (Napoli, 15 novembre 1922 – Roma, 10 gennaio 2015[2]) è stato un regista e sceneggiatore italiano. Con Luchino Visconti collabora, in veste di aiuto-regista, anche per Senso (1953) e, invece come sceneggiatore, affianco di Suso Cecchi D’Amico, per Bellissima. “Instancabile, Visconti era il capo di una impresa, oltre che l’autore e il regista di un film; duro e allo stesso tempo giusto, comprensivo. Egli metteva i suoi collaboratori nella condizione più difficile, ma anche la più esaltante, per imparare”.

Nel corso degli anni Cinquanta, Francesco Rosi continua la sua attività di aiuto-regista e sceneggiatore: lavora come assistente alla regia in Tormento e de I figli di nessuno di Raffaello Matarazzo e Una Domenica d’agosto e Parigi è sempre Parigi di Luciano Emmer.

Nel 1952 scrive con Ettore Giannini il soggetto del film Processo alla città di Luigi Zampa. Come aiuto-regista collabora con Michelangelo Antonioni ne I vinti. Subentra inoltre alla regia di Camicie rosse, causa l’abbandono di Goffredo Alessandrini.

Nel 1953 è ancora aiuto-regista e sceneggiatore con Ettore Giannini, che dirige Carosello napoletano. Nel 1954 è aiuto-regista di Mario Monicelli in Proibito e di Emmer in Terza liceo. Con Gianni Scognamiglio adatta per la radio testi di Antonio Petito e Pasquale Altavilla. Cura la regia della serie radiofonica Le novantanove disgrazie di Pulcinella di Carlo Guarini in onda tra il 1955 ed il 1956.

Nel 1956 figura come sceneggiatore ed aiuto-regista de Il bigamo di Luciano Emmer e, questa volta in qualità di co-regista al fianco di Vittorio Gassman, di Kean genio e sregolatezza.

L’anno successivo, Rosi scrive una sceneggiatura tratta dal romanzo di Bruno Traven La nave morta, storia di un sans papier, un uomo senza documenti, dunque senza identità e senza nazionalità. Ma il film Le carrette del mare non sarà mai realizzato.

“Cercare con un film la verità non significa voler scoprire gli autori di un crimine, ciò spetta ai giudici e poliziotti, i quali lo fanno a volte a prezzo della vita e a loro va il nostro pensiero riconoscente. Cercare con un film la verità significa collegare origini e cause degli avvenimenti narrati con gli effetti che ne sono conseguenza” (Francesco Rosi).

Nel 1962 esce Salvatore Giuliano. “Per fare il film che aveva in mente, Rosi ha dovuto inventare tutta una maniera nuova di narrare che chiameremmo corale o epica se non fosse prima di tutto realistica”. L’anno successivo dirige Rod Steiger, Salvo Randone, Guido Alberti e Carlo Fermariello in Le mani sulla città (1963), nel quale denuncia con coraggio le collusioni esistenti tra i diversi organi dello Stato e lo sfruttamento edilizio a Napoli. La città nelle opere di Rosi diviene simbolo di una condizione che è del Sud e dell’intero Paese. Rosi narra la speculazione edilizia, il rapporto tra potere politico, economico e potere criminale. La pellicola è premiata con il Leone d’Oro al XXIV Festival di Venezia. Nello stesso anno porta in scena a teatro, In memoria di una signora amica (1963), testo di Giuseppe Patroni Griffi, con Lilla Brignone, Pupella Maggio e Lia Thomas, che viene presentato il 10 ottobre 1963 al Teatro La Fenice di Venezia, nel corso del XXII Festival internazionale del teatro di prosa. Dopo Il momento della verità (1965), film non sui tori e sui toreri, ma sulla Spagna, sulla povertà e sull’individuo che, escluso dalla società, non ha scelta, Rosi si avvicina ad un libro che lo affascina: Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile, dal quale trae spunto per il suo nuovo film C’era una volta (1967), con Sophia Loren e Omar Sharif, che da poco aveva allora ottenuto un grande successo con il kolossal Il dottor Živago di David Lean. La favola è filtrata attraverso elementi storici, reali, come la povertà, la superstizione e il potere feudale nel Sud.

Nel 1970 Francesco Rosi realizza Uomini contro (1970), un altro capolavoro che gli causa anche una denuncia per vilipendio. Tratto dall’opera di Emilio Lussu, Un anno sull’Altipiano, Uomini contro è un film contro l’immagine retorica della guerra, un film contro tutte le guerre. “Ho descritto la guerra in modo quasi biologico per farne risaltare meglio l’orrore e l’assurdità”. Girato sui monti dell’entroterra istriano a pochi chilometri da Rijeka (Fiume) in condizioni proibitive per attori e operatori, il film non concede nulla all’enfasi patriottica; nessuna esaltazione né del dovere né dei giovani contadini mandati al macello. Rosi, intuisce uno stravolgimento in atto anche nel concetto di morte e “ha messo decisamente da parte fronzoli, nostalgie e prestiti ottocenteschi per aggredire la vicenda privata con una tale fredda passionalità da dilatarla a vicenda pubblica. La strage di Uomini contro risulta meno giustificata e anche meno giustificabile di quelle di Un anno sull’altipiano”. Il film segna l’inizio del sodalizio con Gian Maria Volonté, attore di grande forza interpretativa, rigoroso e meticoloso quanto Rosi anche nel documentarsi e nella preparazione di un personaggio. “Volonté è un grandissimo attore e un uomo intelligente che s’impegna sui problemi, che capisce e che fa capire allo spettatore gli aspetti più nascosti di un personaggio”. Volonté interpreta negli anni successivi Il caso Mattei (1972), Lucky Luciano (1973) e Cristo si è fermato a Eboli (1979), tratto dall’omonimo romanzo di Carlo Levi nel quale sono presenti anche due attrici di livello internazionale che Rosi ama molto: Irene Papas e Lea Massari.

“Io sostengo, ed è il metodo che ho usato nei miei film, che bisogna creare una certa distanza dagli avvenimenti per poterli leggere meglio e anche per poter accogliere quante più nozioni possibili per avvicinarsi alla verità. E per questo il film richiede tempo”. Nel 1976 il regista riscuote un altro grande successo con il film Cadaveri eccellenti, tratto dal romanzo Il contesto di Leonardo Sciascia, interpretato da altri grandi attori: Lino Ventura, Charles Vanel, Fernando Rey, Max Von Sydow e Tino Carraro. Dopo un altro successo con Tre fratelli (1981), con Philippe Noiret, Michele Placido e Vittorio Mezzogiorno, dirige un adattamento cinematografico della Carmen (1984) con Plácido Domingo. Successivamente lavora a Cronaca di una morte annunciata (1987), tratto dal romanzo di Gabriel García Márquez, che riunisce un grande cast: il fedele Gian Maria Volonté, Ornella Muti, Rupert Everett, Anthony Delon, Irene Papas e Lucia Bosè; il film fu girato in Venezuela e in Colombia. Nel 1989 per il documentario collettivo 12 registi per 12 città, ideato in occasione dei Mondiali di calcio del 1990, gira l’episodio Una certa idea di Napoli. Rosi gira poi Dimenticare Palermo (1990), con James Belushi, Mimi Rogers, Vittorio Gassman e Philippe Noiret, e infine nel 1997 porta sul grande schermo il romanzo autobiografico La tregua di Primo Levi, quest’ultimo interpretato da John Turturro.

Francesco Rosi ha avuto una figlia Francesca, nata il 14 marzo 1954, dalla sua prima compagna Nora Ricci attrice, figlia d’arte conosciuta ai tempi di ‘O voto con la quale visse per 10 anni; Francesca morirà in un tragico incidente stradale il 18 gennaio 1969.

Il 18 gennaio 1964 sposerà Giancarla Mandelli, sorella della celebre stilista Krizia (vero nome Mariuccia Mandelli), conosciuta nel periodo delle riprese de I magliari, che gli sarà accanto per tutta la vita: «Quando vuoi bene a una donna e hai avuto con lei un rapporto così intenso, non banale, voglio dire ti rimane proprio non nel cuore, ti rimane dappertutto». Il 26 dicembre 1965 nasce la loro figlia Carolina, divenuta poi attrice cinematografica teatrale e televisiva. La moglie Giancarla Mandelli muore la mattina dell’8 aprile 2010, per le gravi ustioni riportate in seguito all’incendio della vestaglia che indossava, causato da una sigaretta.

Redazione, ASCinema – Archivio Siciliano del Cinema

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