DANIELE CIPRÌ: CINICO TV, LO ZIO DI BROOKLYN, È STATO IL FIGLIO. UNA VITA INTERA PER IL CINEMA

Autore televisivo, regista cinematografico, sceneggiatore, direttore della fotografia. Nato a Palermo il 17 agosto 1962, la prima vita artistica del poliedrico Daniele Ciprì ha inizio grazie ad Interno notte (1989). Trasmissione televisiva in onda su TVM – TeleVideoMarket ideata dallo stesso Ciprì, Umberto Cantone e Franco Maresco.

    Dall’incontro nascerà il quasi omonimo sodalizio Ciprì e Maresco che darà vita a Cinico TV (1992-1996). Una sperimentazione pionieristica di forte innovazione del linguaggio televisivo che nell’esasperare l’approccio giornalistico divenne inatteso precursore nei nostri tempi mediatici sullo sfondo di una Sicilia desolata e desolante, maschilista e arretrata, dipinta di un poetico e sgraziato bianco e nero.

    Con Cinico TV Ciprì e Maresco si fecero notare. Approdarono prima nelle Reti Fininvest col programma Isole Comprese, poi in RAI con Blob e Fuori Orario. Cose (mai) viste, realizzando infine preziosi cortometraggi che trovarono il proprio apice produttivo-artistico nel proficuo 1992 di Variazioni in collaborazione con Amos Gitai, Il corridore della paura con Samuel Fuller e Martin a little con Martin Scorsese.

    Le atmosfere di Cinico TV furono fonte d’ispirazione anche per i primi passi cinematografici del duo palermitano. È del 1995 infatti quel Lo zio di Brooklyn la cui a-linearità intrisa di pernacchie, atti sessuali tra contadini e asine, nani mafiosi e una Palermo distopica e apocalittica, seppe consolidare l’immaginario registico di Ciprì e Maresco nel suo alone onirico dal sapore surreale. Tre anni dopo fu la volta de Totò che visse due volte, il capolavoro del duo dalle atmosfere grottesche non dissimili dal critico (e cinico) predecessore, nonché clamoroso caso mediatico. Per la Censura infatti Totò che visse due volte era un’opera che non poteva e non doveva arrivare nelle sale cinematografiche. L’accusa rivolta al racconto episodico di Ciprì e Maresco era di vilipendio alla religione e tentata truffa. Ma ciò su cui la Censura puntò il dito rappresentò in realtà il riflesso allegorico di una narrazione escatologica trasudante materialismo e un nichilismo ora nietzschiano nella misura della morte di Dio, ora dostoevskiano in relazione al male di vivere degli uomini soffocato violentemente dalle loro stesse azioni; o per dirla con le parole degli stessi Ciprì e Maresco.

“È il sentimento di chi si sente abbandonato. Di un’umanità affranta che sente la mancanza di Dio.”.

    Gli anni Novanta di Ciprì e Maresco si chiusero con Intervista a Mario Monicelli (1998), F. (1999) in collaborazione con Peter Bogdanovich, il documentario semi-biografico Enzo, domani a Palermo! (1999) sulle vicende giudiziarie dell’operatore cinematografico Enzo Castagna, nonché una doppia ode d’amore al jazz di Duke Ellington e alle sue sonorità tra Noi e il Duca – Quando Duke Ellington suonò a Palermo e Steve Plays Duke (1999) con protagonista il sassofonista Steve Lacy.

    Gli ultimi lavori del duo risalgono ai primi anni duemila con il surreale e sognante mockumentary meta-cinematografico dal titolo Il ritorno di Cagliostro (2003) ma soprattutto con il toccante omaggio a Franco Franchi e Ciccio Ingrassia del duo comico Franco e Ciccio dal titolo Come inguaiammo il cinema italiano – La vera storia di Franco e Ciccio (2004). Mescolando materiale di repertorio degli archivi RAI a sketch comici e siparietti alla maniera di Cinico TV, Ciprì e Maresco unirono a uno stile documentaristico rodato, gag dalle venature nostalgiche avvalendosi perfino della partecipazione di personalità come Tatti Sanguineti, Pippo Baudo, Lino Banfi, Lando Buzzanca e Bernardo Bertolucci.

    Un ultimo sussulto degnamente celebrato nella Menzione speciale al premio Pasinetti alla 61° Edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia che scrisse la parola fine a un sodalizio artistico ventennale artisticamente impareggiabile capace di cambiare per sempre – e come nessun altro – la percezione del cinema siciliano in Italia e nel Mondo. Di lì in avanti Ciprì e Maresco sono tornati ad essere Daniele Ciprì e Franco Maresco. Non più quindi un’unica, inseparabile, entità registica, ma due voci autoriali indipendenti e non più compenetranti.

    La seconda vita artistica ha ufficialmente inizio infatti con È stato il figlio (2012) di cui curerà regia, sceneggiatura e fotografia. Cinica commedia di grande successo di critica e pubblico che racconta di una tragedia familiare dai risvolti grotteschi con cui Ciprì si aggiudica il Premio Osella per il migliore contributo tecnico alla 69° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, e il Nastro d’argento al regista del miglior film 2013. In realtà, filmografia alla mano, la seconda vita da solista sembra partire da molto più lontano, almeno vent’anni prima.

    Parallelamente alla crescita esponenziale dell’aura mitologica del duo infatti, Ciprì s’è saputo distinguere come raffinato direttore della fotografia. Dal 1997 al 2006 ha collaborato con l’autrice Roberta Torre fotografando gli sperimentali Tano da morire (1997) e Sud Side Stori (2000), nonché i più canonici ma non meno interessanti Angela (2002) e Mare nero (2006). Poco tempo dopo ha inizio il sodalizio fotografico con Marco Bellocchio di cui curerà i lungometraggi Vincere (2009) – per cui verrà premiato al Chicago Intenational Film Festival – Bella addormentata (2012), Sangue del mio sangue (2015) e Fai bei sogni (2016).

Non solo Torre e Bellocchio comunque. Oltre ad aver firmato la seconda (e attualmente ultima) regia con Il buco (2014), Ciprì fotografa le più svariate opere del cinema italiano contemporaneo tra cui citiamo: Alì ha gli occhi azzurri (2012), Fiore (2016) e La paranza dei bambini (2019) di Claudio Giovannesi, Salvo (2013) di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, Non c’è più religione (2016) di Luca Miniero, Croce e delizia (2019) di Simone Godano, Io, Leonardo (2019) di Jesus Garces Lambert, Il primo re (2019) di Matteo Rovere, Il primo Natale (2019) di Ficarra e Picone, e non ultimo Il cattivo poeta (2020) di Gianluca Jodice. Una vita dal multiforme eclettismo sullo sfondo di una chiara impronta autoriale quella di Daniele Ciprì, dedicata al cinema e per il cinema.

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