Secondo numero del volume «Opus Incertum», semestrale del Dipartimento di storia dell’architettura e della Città dell’Università degli studi di Firenze.
Include Le variabili moderniste nei cinematografi di Palermo. Commistioni tipologiche e nuovi formalismi di Ettore Sessa, Salvatore Caronia Roberti. L’architettura dei cinematografi in Sicilia tra modernità soggettiva e vocazione classicistica di Ezio Godoli, L’architettura dei cinema nelle colonie italiane.
Al via la rassegna di film francesi in lingua originale. Dal 22 ottobre al 17
dicembre 9 appuntamenti al Cinema De Seta
Dai capolavori di Costa-Gavras ai più rappresentativi autori del cinema contemporaneo francese. Per una volta, la rassegna Cinémardi si rivolge al passato per riscoprire le prime quattro opere del regista franco-greco, con un sguardo rivolto anche agli artisti più originali dell’universo cinematografico d’oltralpe.
Scritto da Sebastiano Gesù e pubblicato dalla casa editrice 40due edizioni nel 2015, il libro – arricchito da un DVD – riporta i testi che hanno fanno parte di sei documentari, scritti da Leonardo Sciascia dal 1964 al 1970.
Si tratta di un’opera che dona spessore a dei testi che, se da un lato non possono essere scissi dalle immagini che li accompagnano, dall’altro sono già essi stessi carichi di espressività ed anche d’intensa forza.
Gianfranco Mingozzi è un uomo del Nord come Danilo Dolci e, come lui, innamorato del Sud e, in particolare, della Sicilia. Tra i due si instaura una profonda convergenza d’intenti tra i quali quello di raccontare l’Isola con parole ed immagini.
Il gruppo di rivoluzionari e guerriglieri del MRNA, la cui mente è tale Christine (Sasa Kastoura), dopo una serie di furti in giro per l’Europa, decide di agire anche nella capitale greca. Christine seduce George (Andreas Barkoulis) senza remore, guardia giurata di un casinò molto famoso, il Mont-Parnes, in cambio di sesso e soldi. Il vigilante fornisce a Christine una mappa precisa che illustra il sistema di allarme e di evacuazione del casinò.
La banda agisce, e dopo aver svuotato la cassaforte asportandone un imponente patrimonio e dopo l’arresto di uno dei banditi trovato con metà della somma, decide di rapire il figlio del Capo della Squadra politica di Atene, per poter ottenere agevolmente l’espatrio e il denaro sequestrato.
Il Commissario (Lakis Komninos) simula accondiscendenza al ricatto e raggiunge i malviventi all’appuntamento prestabilito, accompagnato capo della banda immobilizzato, ma gli eventi precipitano.
Nonostante la vicinanza geografica e la comune cultura mediterranea, ben poco filtra della cinematografia proveniente da Oltreionio. S.S. Sezione sequestri (1976), ossia Oi apanthropoi (titolo originale), è un’eccezione che strizza l’occhio ai poliziesci italiani e americani coeve, ma con risultati appena accettabili, considerando l’attenuante dello sforzo di Pavlos Filippou, che dirige con polso ma con scarse risorse tecniche e professionali, miscelando i quattro elementi tipici del pulp ellenico anni ’70: mare, thriller, eros e azione.
ANTONIO LA TORRE GIORDANO
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Il barone Corofax (Peter Cushing), a capo di un’antica religione, scatena il caos nei Balcani plagiando ed inducendo un intero villaggio a estremi rituali notturni offerti ad un minotauro di pietra, tra le rovine di un castello ellenico. Solo i bambini locali sfuggono alla religiosità malsana sulla base del fatto che sono incorruttibilmente innocenti. Gran parte del racconto verte sulla disputa di chi verrà scelto per primo, la cui vita sarà devoluta al monolito.
Figure incappucciate elaborano incantesimi in uno scenario inquietante prima che il loro idolo invii loro segnali da decriptare. Il regista si conforma agli standard del periodo dotando il demone di genitali e facendo copulare ampiamente i giovani partecipanti prima di cadere vittima dei custodi del diavolo, ammantati di nero e di rosso.
L’andazzo muta quando un prete irlandese (Donald Pleasence) che brandendo una croce e distribuendo spruzzi d’acqua santa sugli eretici e sul loro feticcio, provoca un’esplosione che sparge frattaglie sanguinolente e macerie su tutto il set. L’aspetto migliore del film è la partitura musicale di Brian Eno, con un suono psichedelico già diffusissimo nel decennio antecedente.
Opportunamente, la musica di Eno ha anche arricchito l’esordio alla regia per un lungometraggio di Derek Jarman con Sebastiane (1976). Kostas Karagiannis, noto anche come Dacosta Karayan, Karayannis e Carayannis, ha studiato in Francia prima di diventare uno dei registi greci più prolifici di prodotti commerciali. Il film cavalca la fase finale della migliore stagione del genere horror, il ventennio dei Sessanta e Settanta, ed in questa co-produzione greco-anglo-americana, Peter Cushing, icona del cinema fantastico d’oltremanica, per una volta non calca un set della Hammer, Amicus, Tigon o Tyburn, le Case di produzione britanniche più prolifiche e feconde in quell’ambito e in quegli anni.
ANTONIO LA TORRE GIORDANO
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È la Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia numero 76 ed il 6 settembre è il giorno di Franco Maresco, ma, quest’ultimo, è assente come da consuetudine alle pubbliche manifestazioni anche quando ad essere protagonisti sono i suoi stessi film.
Accolto dagli applausi è stato proiettata la sua ultima opera in concorso, La mafia non è più quella di una volta, terzo film italiano in competizione e, in qualche modo, seguito di Belluscone.
Protagonista è l’impresario Ciccio Mira che organizza allo ZEN, noto quartiere “periferico” di Palermo, un concerto di neo-melodici per ricordare i due “eroi” della lotta alla mafia, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ma, in realtà, l’evento nasconde la presenza di persone corrotte non solo dalla mentalità mafiosa ed omertosa ma anche con boss locali avvezzi al malaffare, fatto che porterà lo stesso Mira a chiedere la grazia al Presidente della Repubblica per un detenuto suo amico ed in regime carcerario “41 bis” e, forse, protettore anche dello stesso quartiere palermitano dove si dipana buona parte della trama del film.
Un’opera in cui il surreale si confonde col grottesco, come in tutti i film di Maresco mostrando con una certa nitidezza il rimando ad una chiara matrice omerica, più nello specifico all’Ulisse/Nessuno, intimamente connaturato nel DNA di ogni siciliano, germe della tendenza omertosa a cui questo popolo è da sempre incline. O, meglio, è così che lo vede Maresco.
Alla prima proiezione per la stampa a Venezia già si respiravano positive reazioni mentre il debutto con il pubblico nella Sala grande del Palazzo del cinema è stato accolto da applausi scroscianti.
Se Maresco è rimasto a Palermo non ha fatto mancare a Venezia la sua presenza la fotografa Letizia Battaglia, emblematica e indomabile testimone, nel film interprete di sé stessa.
Il messaggio del regista è, tuttavia, molto chiaro e si scaglia con la sua pungente durezza e fermezza contro quell’antimafia di facciata che ben poco di buono ha dato a Palermo ed alla Sicilia intera.
La visione di Maresco molto poco incline all’ottimismo nella lotta alla mafia ha, però, scosso l’interesse e non solo del pubblico ma soprattutto della giuria che, nel corso della cerimonia conclusiva, il 7 settembre, gli ha conferito il Premio speciale della giuria, oltreché essere stato in concorso per il Leone D’Oro al miglior film.
“Per Maresco un riconoscimento alla coerenza, allo stile originalissimo, alla lettura antropologica tra comico e grottesco del fenomeno della mafia” – scrive Maria Lombardo su La Sicilia dell’8 settembre mentre Alberto Barbara, direttore della Mostra lo definisce “Un nuovo capitolo di quell’indagine antropologica su Palermo e la Sicilia condotta da Maresco con la capacità di provocare che lo contraddistingue”.
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Efebo D’Oro: tutto pronto per la 41ª edizione
Giovanni Massa, direttore artistico ci racconta del festival che si svolgerà al Cinema De Seta dal 13 al 19 ottobre e vedrà il suo momento clou nell’assegnazione dell’Efebo D’Oro alla carriera a Fatih Akin. Non manca la sua amarezza per il mancato finanziamento da parte del MiBACT