BILLY WILDER

Billy Wilder, pseudonimo di Samuel Wilder (Sucha Beskidzka, 22 giugno 1906 – Beverly Hills, 27 marzo 2002), è stato un regista, sceneggiatore e produttore cinematografico austriaco naturalizzato statunitense. Era fratello dello sceneggiatore e regista W. Lee Wilder.

È considerato uno dei registi e sceneggiatori più prolifici ed eclettici nella storia del cinema statunitense ed è divenuto celebre come il padre della commedia brillante americana, ma è anche da annoverare fra i fondatori del genere noir. In circa cinquant’anni di carriera ha diretto oltre venticinque film e scritto settantacinque sceneggiature, usando talvolta – agli inizi – anche il nome di Billie Wilder (pronunciato alla tedesca e non all’inglese).

Figlio di Max Wilder e Eugenia Dittler, nacque in una famiglia ebraica a Sucha (dal 1965 Sucha Beskidzka), una città della Galizia situata nell’attuale Polonia, ma all’epoca parte dell’Impero austro-ungarico, da una famiglia borghese di condizioni economiche alterne. Dopo gli studi al Gymnasium compiuti a Vienna, nel 1925 a 19 anni iniziò come giornalista sportivo per Die Stunde. Wilder si trasferì a Berlino nel Maggio del 1926, dove lavorò come giornalista di cronaca per Nachtausgabe e iniziò a interessarsi di cinema, inizialmente in qualità di sceneggiatore. Per sbarcare il lunario, fece anche il ballerino, mentre a Berlino partecipò alla lavorazione di Uomini di domenica, un documentario diretto da Robert Siodmak, Fred Zinnemann e altri. Per Siodmak scrisse ancora L’uomo che cerca il suo assassino (1930), ma lavorò anche con altri registi, come Hanns Schwarz, Gerhard Lamprecht, Paul Martin e Hans Steinhoff.

All’ascesa al potere di Adolf Hitler nel 1933, Wilder decise di espatriare: nel gennaio del 1934 arrivò a Parigi, partendo poi per gli Stati Uniti. Sua madre (nel 1943), il patrigno e la nonna morirono nel campo di sterminio di Auschwitz. Prima di varcare l’oceano, Wilder girò in Francia il suo primo film da regista (insieme a Alexander Esway), Amore che redime, di scarso successo.

Il successivo La fiamma del peccato (1945), tratto da un romanzo di James M. Cain e sceneggiato con Raymond Chandler (che odiò il film e Wilder stesso), è considerato uno dei classici del genere noir, e ottenne la candidatura agli Oscar per la migliore regia. L’indimenticabile interpretazione di Barbara Stanwyck e la suggestiva fotografia di John Seitz contribuirono al grande successo del film, del quale esiste un remake televisivo girato nel 1973 da Jack Smight con lo stesso titolo.

Nel 1946 Wilder vinse i primi 2 dei 7 Oscar della sua carriera, in veste sia di sceneggiatore che di regista del film drammatico Giorni perduti (1945). Anche se la guerra non era ancora terminata, e i veterani disadattati e alcolisti non popolavano ancora l’immaginario filmico degli americani, il film narrò il fallimento e la solitudine del protagonista (Ray Milland, premiato anch’egli con l’Oscar per la sua interpretazione), le cui allucinazioni vennero filmate con un uso sapiente dei chiaroscuri e dei piani di messa a fuoco, ispirati al cinema espressionista del decennio precedente.

Due anni più tardi fu la volta de Il valzer dell’imperatore (1948), commedia musicale con Bing Crosby, qui senza l’abituale partner artistico Bob Hope, e con Joan Fontaine, che nello stesso anno girò Lettera da una sconosciuta (1948) di Max Ophüls. Successivamente Wilder tornò in Germania per la prima volta dopo la guerra per ambientarvi Scandalo internazionale (1948), una storia d’amore ambientata nella Berlino dell’immediato dopoguerra, con in primo piano il caos della vita notturna e del cabaret dove si esibisce Marlene Dietrich, e i problemi legati alla sopravvivenza e alla pratica della borsa nera.

A questo seguiranno altri capolavori come il noir Viale del tramonto (1950) (Oscar per la sceneggiatura originale, per la scenografia e per la colonna sonora), che si apre con la morte del protagonista (William Holden) e poi ricostruisce la vicenda attraverso la narrazione fuori campo del morto (tecnica usata per la prima volta), che rievoca gli episodi che l’hanno portato a sfuggire ai creditori e a rifugiarsi nella villa di un’anziana diva del muto (interpretata da Gloria Swanson) e del suo strano e laconico domestico (interpretato dall’attore e regista Erich von Stroheim). Fu poi la volta de L’asso nella manica (1951) (candidato per la sceneggiatura scritta con Walter Newman e Lesser Samuels), ambientato nel mondo del giornalismo di provincia, e del cinico film di guerra Stalag 17 (1953) (candidato per la regia e Oscar al migliore attore per il protagonista William Holden).

Redazione, ASCinema – Archivio Siciliano del Cinema

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