BILLY WILDER. ALLE ORIGINI DELLA COMMEDIA AMERICANA

Uno dei «grandi» del cinema americano, pluripremiato con Oscar, Leone d’Oro a Venezia alla carriera, sceneggiatore di Ninotchka (1931), autore di alcuni fra i film più importanti della vecchia Hollywood, Giorni perduti (1945), Viale del tramondo (1950), L’asso nella manica (1951).

    Nel film Prima pagina (1974), protagonisti Jack lemmon e Walter Matthau, terza versione cinematografica del dramma omonimo di Ben Hecht e Charles MacArthur andato in scena per la prima volta a New York il 14 agosto 1928.

Anche il suo Prima pagina si ambienta negli anni Trenta. Lo ha fatto per restare fedele al testo di Ben Hecht o in omaggio all’attuale filone «nostalgia»? In fondo è una storia di giornali, di giornalisti e di direttori di giornali e sarebbe stato possibile ambientarla anche ai nostri giorni.

    «No. Prima pagina si ambienta nel 1929, nel pieno degli anni Venti, cioè, e non negli anni Trenta. In quegli anni a Chicago c’erano giornali a dozzine, edizioni straordinarie a tutte le ore con titoli sensazionali e giornalisti che avrebbero ucciso la propria madre pur di avere una notizia in esclusiva. Una storia che si basa solo su questo, sul sensazionalismo e sui colpi giornalistici, non poteva ambientarsi che in quegli anni. Oggi a Chicago ci sono soltanto due giornali e le notizie tutti le sanno prima che le pubblichino i giornali perché le sentono alla radio e in televisione
quasi ora per ora… Questo, naturalmente, non esclude del tutto la nostalgia, perché quelli che hanno lla mia età ritroveranno nel film tante cose della loro giovinezza; e forse i giovani vi capiranno cosa vuol dire oggi per noi “ricordare” ».

Ancora una volta in un suo film ci sono Jack Lemmon e Walter Matthau. Anzi, Jack Lemmon è addirittura la sesta volta che recita con lei. Ma non ci sono altri attori a Hollywood?

    Anzi, cominciano ad essercene persino troppi; e stupendi. A me, comunque, quei due vanno benissimo, anche se è un pezzo che li metto in guardia dicendo: attenti, le nuove leve avanzano, con i denti lunghi, le unghie affilate. Difendetevi, non fatevi mangiare… ».

Cosa ne pensa del cinema americano?

    « Ci penso pochissimo. Direi comunque che sta benissimo; e non tanto perché stiamo facendo film migliori di ieri, ma perché i tempi sono brutti. E quando i tempi sono brutti e le cose vanno male, il cinema va bene. la gente ha bisogno di distrarsi, di sognare. E dove potrebbe farlo meglio che al cinema? »

Da qualche anno lei è un « mago » della commedia americana. Ritiene che l’umorismo sia il tipo di cinema più adatto per rappresentare la società di oggi?

    « Certamente no. Ira società la si può rappresentare e commentare in cinquanta modi diversi; e anche più. Abbiamo avuto Chaplin, ma abbiamo avuto Ėjzenštejn; e in teatro abbiamo avuto G.B. Shaw, ma anche Ibsen ».

I «messaggi» al cinema?

    « Piano, piano. In un film, se proprio ci si debbono ficcar dentro dei messaggi, bisogna andarci cauti e far tutto con prudenza, segretamente; mascherando ogni cosa fra le pieghe del divertimento. Il pubblico, la predica l’ha già sentita a piazza San Pietro e al comizio ha già assistito in piazza del Popolo. Dal cinema, il pubblico vuole altro: l’emozione, la suspense, l’entertainment ».

Secondo lei, così, i fenomeni politici non influenzerebbero il cinema?

    « I fenomeni politici, no. Il costante mutamento dell’atmosfera generale attorno a noi, attorno ai cineasti, attorno al cinema, questo sì. I nuovi interessi, i nuovi atteggiamenti, i nuovi valori, il tipo nuovo di relazioni fra la gente. Non si è accorto che con il passare del tempo noi autori di cinema lavoriamo sempre di meno con le trame e sempre di più con i personaggi? Oggi il cinema non vuole più le storie, i congegni narrativi, gli arzigogoli comici o drammatici, vuole solo le facce ».

Una formula per il cinema di oggi?

    « Niente formule, niente formule. Il cinema non è la matematica. Oggi vanno di moda i computer, ma se lei ci mettesse dentro tutto quello che andava bene ieri, ne verrebbe fuori un pasticciaccio con il musical, il sesso, la violenza e i disastri tutti rimescolati insieme, e sullo stesso piano: Paul Newman, ad esempio, che fa l’amore con Robert Redford su un “747” in fiamme, mentre Barbara Streisand pilota l’aereo cantando a squarciagola. La vita à un cabaret ».

 

Pubblicazioni di riferimento: 7 domande a 49 registi di Gian Luigi Rondi (SEI Ed.) , Cineforum (AA. e Nrr. VV.), Filmcritica (AA. e Nrr. VV.), Positif (AA. e Nrr. VV.), Chaiers du cinéma (AA. e Nrr. VV.), Bianco e nero (AA. e Nrr. VV.).

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