BELLA DI GIORNO, O L’INQUIETANTE ESPLORAZIONE BUÑUELIANA DEI FANTASMI BORGHESI

Alternanza tra sogno e realtà (che si comprende appieno soltanto sul finale) intervallata da flashback di una infanzia violata, di cui Séverine, interpretata da una algida, virginale e sensuale Catherine Deneuve, si sente responsabile, al punto che, in una delle scene censurate in Italia, arriva a rifiutare di ricevere il Sacramento della Prima Comunione, vinta dai sensi di colpa, gli stessi che la porteranno, ormai adulta, a vendere il suo corpo per superare la frigidità coniugale.

    Espiazione, autolesionismo, catarsi che passa attraverso l’umiliazione di sé.

    Séverine, moglie annoiata, insoddisfatta, trascurata da un premuroso e innamorato marito (Jean Sorel) diventerà “la belle de jour” al n° 11 di Cité Jean de Saumur, dove Madame Anaïs (Geneviève Page) gestisce una casa di appuntamenti.

    La scoperta di un piacere nuovo, al quale viene iniziata e consacrata da un tintinnio di campanelle – lo stesso che all’inizio del film richiama l’attenzione dello spettatore, inconsciamente proiettato nella visione onirica di un viaggio in carrozza, preludio di un incubo, dal quale verrà risvegliato, dal medesimo tintinnio, nella scena finale – farà di lei la “perla della maison“, e le regalerà momenti di passione a tratti violenta, e perversione, ai quali non sa e non vuole rinunciare, per poi rifugiarsi al sicuro tra le braccia dell’ignaro marito. La cupidigia ha le fattezze laide e grottesche dei clienti abituali, in netta antitesi con i tratti delicati di Pierre, che tuttavia, in sogno, sa trasformarsi in spietato giudice e carnefice.

    Volontà di tradurre il dolore emotivo in dolore fisico? O, più semplicemente, desiderio sessuale spasmodico, incontrollato e irrefrenabile, mai sopito e mal celato, che ha finalmente trovato la sua libertà di espressione? Davvero vuole essere soltanto un percorso tortuoso e tormentato di espiazione di colpe di cui Séverine non è colpevole, o la mercificazione del suo corpo è un tramite per riscoprire una sessualità appagante, conosciuta dapprima nell’abuso, vissuta poi in piena consapevolezza in età adulta?

    La risposta, forse, è nel finale, nello sguardo di Séverine, terrorizzato dapprincipio, quindi sollevato, accompagnato da un sorriso beffardo, inquietante e compiaciuto, ché la sua parentesi “coquette” non abbia inficiato il suo matrimonio piuttosto lo abbia rinsaldato, o perché la vista della mano inerme del marito, costretto su una sedia a rotelle, è conferma che il suo segreto è rimasto tale, che rivela la sua duplice natura di donna amante e moglie distaccata in eterno conflitto.

    Bella di giorno di Luis Buñuel, esponente del cinema surrealista, tratto dal romanzo di Joseph Kessel del 1929, fece scandalo all’uscita in sala (Francia: maggio 1967; Italia: settembre dello stesso anno) per il tema trattato; rifiutato al Festival di Cannes, verrà presentato a Venezia in occasione della XXXII Mostra del Cinema, e premiato con il Leone d’Oro.

GIUSI LI VECCHI

Redazione, ASCinema – Archivio Siciliano del Cinema

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