2001: ODISSEA NELLO SPAZIO (1968), MONOLITE DEL CINEMA

Il mezzo secolo di vita di un grande capolavoro. Quintessenza del cinema, come sublime, magia d’immagini, forme espressive. Metacinema per eccellenza, il settanta per cento della durata della pellicola è puramente visiva ( corredata da straordinarie musiche sinfoniche: classiche e moderne ), soltanto il restante trenta per cento è recitato, ha dei dialoghi.

    Un’ esperienza visiva affascinante e stimolante come poche, per un’opera che ha portato la fantascienza a un alto grado di maturità, con profonde riflessioni filosofiche. 2001: odissea nello spazio contiene interrogativi metafisici sui misteri dell’universo, dell’origine della vita, delle imperscrutabili leggi della fisica, delle sue naturali regole millenarie. Col suo terno ciclo, vita, morte, vita.

    In questa grande opera kubrickiana, c’è la presenza forse più simbolica dell’intera storia del cinema, il gigantesco monolite nero. Ogni sua enigmatica apparizione, a partire dall’alba dell’uomo, coincide sempre con un passaggio evolutivo in un cosiddetto stadio superiore. Per non parlare poi di Hal 9000, col suo ciclopico occhio rosso. Talmente perfetto, pieno d’emotività, nel suo concepimento, che rivelerà ben presto una latente ambizione, strategia subdola, capace di trasformarlo da indispensabile collaboratore, nella imponente “Missione Giove”, in un temibile antagonista, avversario dell’uomo stesso. In un’epica lotta Davide contro Golia.

    Un capolavoro altamente emozionante, d’avanguardia, anticipatore di tante innovazioni scientifiche e tecnologiche, col tempo divenute realtà. E, tristemente, quando il 2001, ormai quasi un ventennio fa, arrivò, Kubrick non riuscì ad esserne testimone.

SALVATORE RAPISARDA

Redazione, ASCinema – Archivio siciliano del Cinema

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