BOLOGNINI E PASOLINI LA RAPPRESENTAZIONE DELL’OMOLOGAZIONE CULTURALE ED IL PRESAGIO DI UNA SOCIETÀ CRIMINALOIDE

La notte brava di Mauro Bolognini è un film del 1959, tratto dall’omonimo racconto di Pasolini che, magistralmente, ne curò soggetto e sceneggiatura, rivolta a tre giovani “borgatari” che, dopo una serie di peripezie, incontrano tre ragazzi borghesi le quali, sia pure per poche ore, fanno respirare ai primi il bel mondo.

    Sullo sfondo domina una Roma – “stupenda e misera Città” – pronta a subire il miracolo economico e tante metamorfosi che ne conseguiranno. La vicenda narrativa fa si’ che le piccole e grandi prerogative di tutti i personaggi siano, fatalmente, messe da parte. I tre “coatti”, a contatto con i soldi, posano a chiassosi borghesi; i ragazzi borghesi, già attanagliati dalla noia del loro vivere quotidiano, hanno invece voglia di infrangere le ataviche regole e quindi di delinquere, anche per il tramite di questi “nuovi amici”.

    La casa in cui avviene l’incontro, per dialoghi e dinamiche, sembra rimandare agli scandali del delitto Montesi. “Capocotta è la Caporetto della borghesia italiana!” disse qualcuno, e nel film viene chiaramente rappresentato come l’alienazione e l’incomunicabilità stiano cominciando, trasversalmente, a contaminare l’intera società italiana: le vittime predilette – non a caso – saranno proprio coloro che – alla ricerca di falsi miti e nuovi riti- si sono allontanati dal “protetto” mondo della borgata.

    La collaborazione con Pasolini darà ottimi frutti: i ragazzi nel film si somigliano tutti, sopratutto nei tratti somatici. Le facce alla Accattone si sono, oramai, ingentilite e qui è rinvenibile, quasi profeticamente, la denuncia pasoliniana dell’imminente mutazione non solo antropologica, ma anche antropomorfica, degli italiani.

    Questa presa di coscienza da parte di Bolognini – rinvenibile anche nel successivo film Una giornata balorda (1960) – lo porterà sempre più a rifugiarsi, nella sua filmografia, nel passato, quasi per esorcizzare il presagio di una società ormai criminaloide; società che Pasolini – nei suoi scritti – ben descrisse come l’effetto di un compulsivo atteggiamento consumistico, da parte di un italiano ancora culturalmente contadino.

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