I RETROSCENA SUL SET DE “LA CUGINA” (1974). INTERVISTA A ALDO LADO

La cugina è uno dei romanzi più famosi dello scrittore catanese Ercole Patti, pubblicato per la prima volta nel 1965. Nel 1974 il regista Aldo Lado ne fa un suo personalissimo adattamento in pellicola ambientato tra gli agrumeti e le antiche ville nobiliari della provincia palermitana, rientrando così di diritto fra le opere esplorate all’interno del volume curato da ASCinema Luci sulla città – Palermo nel cinema dalle origini al 2000 (Edizioni Lussografica, 2021). In questa intervista scopriremo, attraverso le parole del suo stesso autore, i ricordi ed i retroscena più curiosi legati alla lavorazione del film.

Buongiorno signor Lado e grazie innanzitutto di aver gentilmente accettato questa intervista per ASCinema – Archivio Siciliano del Cinema. La cugina è basato sul romanzo omonimo del celebre scrittore siciliano Ercole Patti. Come è nata l’idea di realizzare un film? 

«I produttori Papi e Colombo avevano acquistato i diritti, probabilmente perché in quel periodo il pubblico prediligeva i film erotici e avevano commissionato la sceneggiatura a Luisa Montagnana e Massimo Franciosa, i quali avevano seguito la struttura narrativa di Patti. Per questo motivo, quando mi hanno proposto la regia del film, ho opposto un rifiuto. Dietro loro insistenza ho messo la condizione di modificare la storia a mio piacimento, per cui in un certo senso ho “tradito” l’autore. Ho fatto la stessa cosa con Moravia ne La disubbidienza, ricevendo feroci critiche, ma Moravia stesso ha difesa la mia autonomia di autore “diverso” dallo scrittore.»

La pellicola è stata girata nella città di Palermo ma anche nella sua provincia, prediligendo i
suggestivi panorami di Collesano e Campofelice di Roccella. Per questo motivo, La cugina è stato inserito all’interno dell’opera omnia Luci sulla città – Palermo nel cinema dalle origini al 2000. Lei ha attivamente partecipato alla scelta dei luoghi?

«Certamente! In quel periodo c’era il divieto di circolazione per le auto perché volevano limitare l’uso della benzina e potevano circolare solo i pullman, così ne affittammo uno per i sopralluoghi in Sicilia. Eravamo solo in 4. Lo scenografo siciliano Elio Balletti (che ha poi lavorato anche nella serie La piovra), il direttore della fotografia Gabór Pogány, il direttore di produzione ed io. Elio conosceva tutti e con lui andai a Bagheria ospite a colazione della principessa Florio, per “scovare” delle location possibili tra le sue proprietà.»

Come ha inteso ricreare le calde e solari atmosfere siciliane? Che lavoro è stato fatto sulla
fotografia?

«Gabór aveva fatto una bella fotografia, ma quando alla Technicolor ho visto la prima copia non ero convinto e ho chiesto ai tecnici di stampare una copia virata leggermente in arancio per ritrovare il tipico “profumo” degli agrumeti. Gabór era contrariato dicendo che poi i visi degli attori sarebbero risultati rosa e il produttore avrebbe protestato. Quindi dissi che, in tal caso, avrei pagato la copia di tasca mia. E invece, proprio grazie a questo suggerimento, la sua fotografia è stata lodata. Questo è il cinema!»

Ci sono delle differenze evidenti rispetto al libro nello svolgimento della storia. Che tipo di modifiche sono state apportate in fase di sceneggiatura?

«Nel libro i cugini iniziavano ad amoreggiare quasi da subito, io ho modificato questo aspetto del loro rapporto tirando la corda dell’attrazione e del desiderio, esploso solo alla fine in un unico amplesso. Per la cronaca, quando il film è uscito, in quel preciso momento nelle sale esplodevano gli applausi! Evidentemente avevo trasmesso anche al pubblico la tensione e il desiderio dei protagonisti che finalmente veniva soddisfatto.»

Ci racconti un po’ meglio di questo particolare rapporto fra i cugini Enzo ed Agata. Come si
evolve?

«Sono gli amoreggiamenti giovanili che avevo già esplorato ne La cosa buffa (con Gianni Morandi e Ottavia Piccolo) in una sorta di tira e molla, ma qui, al contrario, è la ragazza che non cede pur desiderando (come spesso accadeva negli anni della mia giovinezza), per farlo solo dopo sposata!»

A distanza di tanti anni sceglierebbe ancora Massimo Ranieri e la bellissima attrice canadese
Dayle Haddon per interpretarli?

«Assolutamente sì. Massimo è bravissimo e lo ha dimostrato anche a teatro. In quanto a Dayle l’ho voluta strenuamente! Io avevo fatto dei provini e la mia scelta era caduta su di lei che, oltretutto, era convincente anche come adolescente. I produttori avevano invece scelto un’altra attrice che non mi convinceva per niente. Ebbi con loro un’accesa discussione e dissi che avrei fatto il film solo con lei e che, se volevano l’altra attrice, avrebbero dovuto cercarsi un altro regista. Alla fine cedettero e sono convinto che il grande successo di pubblico che ha avuto il film è dovuto soprattutto alla coppia.»

Nel film figura anche un ottimo cast secondario: Laura Betti, Stefania Casini, Francesca Romana Coluzzi, il suo attore “feticcio” José Quaglio e persino un giovane esordiente Christian De Sica. Che rapporto ha avuto con loro sul set?

«Ho sempre avuto degli ottimi rapporti con tutti proprio perché ho avuto cura di puntare su attori docili, che si lasciassero dirigere oltre ad essere, a mio avviso, giusti per il ruolo da interpretare. Inoltre, io ho sempre cercato che il clima che si respirava fosse disteso e possibilmente allegro. Che si trattasse di una commedia o di un film drammatico.»

Ricorda qualche curioso aneddoto avvenuto durante la lavorazione?

«Per girare la scena dell’amplesso alla finestra con Christian che fa trottare il cavallo avevo pensato di dilatare i tempi e, per farlo, avevo chiesto di far arrivare a Palermo una macchina da presa con il motore per il ralenty. Quando la scena era in programma l’ho provata ma la macchina non c’era ancora. Il produttore cercava di convincermi che era bella così e di girarla lo stesso. Io non solo non l’ho fatto, ma me ne sono pure andato dal set. Il giorno dopo ho cambiato il programma e, mentre stavo girando, il produttore è tornato sul set e quindi me ne sono andato nuovamente minacciando che, finché non consegnavano la macchina al ralenty, avrei interrotto le riprese ogniqualvolta lo vedevo arrivare. La sera mi fu recapitato in albergo un mazzo di fiori con un biglietto di scuse da parte sua, con l’assicurazione che avrebbe fatto arrivare subito la macchina da presa che volevo!»

Lei è stato uno dei sodali storici di Salvatore Samperi che con Grazie zia e Malizia è stato consacrato fra i primi esponenti del filone della commedia erotica italiana. Pensa di aver in qualche modo subìto la sua influenza realizzando La cugina?

«Assolutamente no. Con Samperi avevo scritto due commedie e in Un’anguilla da 300 milioni avevamo anche lavorato insieme ma lui ancora non pensava a Malizia. In compenso, gli devo di aver conosciuto Ottavia Piccolo e Mario Adorf

Dato il tema e, in particolare, la presenza di alcune scene provocatorie come quelle fra i due cuginetti ancora bambini, che tipo di reazione ha suscitato il film all’epoca dell’uscita? Ritiene che un film del genere possa oggi essere fattibile o quantomeno moralmente accettabile?

«La reazione la dicono i risultati. Quasi 4 milioni di spettatori solo in Italia. In quanto al “moralmente accettabile”, sin dagli albori la sessualità è il motore dell’esistenza della razza umana (e animale!), è sempre stata presente ed è logico che nasca tra chi hai più vicino e che ami. Oggi sarebbe difficile fare un film come questo (o come altri che ho fatto anche se per altre ragioni), perché sono perlopiù le televisioni che finanziano i film e quindi penso che è per loro che sarebbe “moralmente inaccettabile”.»