GLI SBANDATI (1955) – FRANCESCO MASELLI

Gli sbandati (1955) è l’opera prima di Citto Maselli, girato nel 1955 , tratto da un soggetto di Eriprando Visconti, nipote di Luchino. Siamo nell’agosto del 1943: Andrea (Jean Pierre Mocky) è un giovane aristocratico, unico figlio di una ricchissima madre (Isa Miranda), vedova ed iperprotettiva. Per sfuggire ai bombardamenti su Milano, Andrea si è trasferito nella tranquilla ed isolata villa di campagna con il cugino Carlo e l’amico Ferruccio.

    I tre giovani vivono letteralmente fuori dal mondo, protetti dal privilegio di casta, e trascorrono le giornate scherzando, leggendo e tuffandosi al fiume. Questa spensierata dimensione adolescenziale – del tutto distonica rispetto a quanto accadeva in Italia in quel momento – comincia a mutare quando il Podestà del paese chiede al protagonista di ospitare una famiglia di sfollati milanesi, tra cui Lucia (Lucia Bosè), giovane operaia.

    Pur dubbioso per la prevedibile reazione materna, Andrea accetta perché rapito dal volto della ragazza, una perfetta, unica, misteriosa combinazione di bellezza, dignità e tristezza. Tra i due ha inizio una frequentazione velatamente amorosa, durante la quale Andrea, nonostante il lignaggio, comincia a sentirsi, via via, sempre più inferiore a Lucia: lei, a differenza sua, ha infatti una precisa visione del mondo, una chiara coscienza sociale ed un fratello che, a differenza del giovane conte, sta rischiando la vita in guerra. Nasce progressivamente in Andrea il bisogno di riscatto, di crescita e l’occasione gli sarà offerta proprio da Lucia, per la quale il protagonista ha nel frattempo lasciato la storica fidanzata, ormai divenuta insignificante.

    È giunto l’ 8 settembre e con la firma dell’armistizio le alleanze mutano radicalmente: un gruppo di militari italiani riesce a sfuggire ai tedeschi, vagando nella campagna milanese. Lucia chiederà drammaticamente ad Andrea di ospitarli, mettendolo così alla prova: il protagonista, assolutamente conscio del rischio che corre, decide finalmente di crescere ed accetta, recuperando la stima di Lucia. I militari vengono, dunque, nascosti in villa e quella notte tra Andrea e Lucia scoppia la passione, perché i due finalmente si incontrano anche spiritualmente.

    La crescita di Andrea e’ in qualche modo contagiosa perché determina una presa di coscienza anche da parte dei suoi compagni che si schiereranno in modo diverso, divenendo quasi l’emblema della guerra civile che nasceva in quelle ore: Carlo deciderà di farsi partigiano mentre Ferruccio – fedele all’alleato tedesco – andrà dal Podestà a denunciare l’intera vicenda. Scoppia il caos, quello vero, ma l’ordine sarà ristabilito dalla potente madre del protagonista che, in cambio della consegna dei fuggitivi, riuscirà a far insabbiare la “bravata” del figlio. Per Andrea, tuttavia, non si è trattato di una semplice “alzata di testa”, ma di una profonda presa di coscienza, sia umana che sociale: dopo quella fatale notte d’amore, egli aveva infatti deciso di scendere in piazza e fare il partigiano con Lucia. Questa decisione sarà, però, annullata dalla madre che lo ricatterà moralmente, ricordandogli che lei è una donna sola.

    Andrea regredisce e rinuncerà al suo progetto, ma dovrà dare una spiegazione a Lucia che, senza farlo parlare, intuisce il ribaltamento dal suo viso trasformato: magnifico il primo piano finale della Bosè, inteso e piuttosto lungo, in cui ella, senza dir nulla, gli grida tutta la sua commiserazione, disprezzo e pietà.

    Il film, davvero notevole, ricevette una speciale menzione alla Mostra di Venezia. In esso, Maselli rappresenta il tormento dell’indifferenza, del lasciarsi vivere, dell’essere spettatore della vita altrui: Andrea alla fine non sarà capace di fare il suo ingesso nella vita, assistendo passivamente alla uccisione di tutti, Lucia compresa.

    Questo tema, di moraviana memoria, è assai caro a Maselli e proseguirà ne I delfini (1960) fino trionfare con Gli indifferenti (1964), ultimo della sua trilogia esistenziale.

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