GESUALDO BUFALINO

Gesualdo Bufalino (Comiso, 15 novembre 1920 – Vittoria, 14 giugno 1996) è stato uno scrittore, poeta e aforista italiano. Per gran parte della vita insegnante, si è rivelato tardivamente, nel 1981, all’età di 61 anni con il romanzo Diceria dell’untore, grazie all’incoraggiamento di Leonardo Sciascia ed Elvira Sellerio; l’opera gli valse nello stesso anno il prestigioso Premio Campiello.

Con il romanzo Le menzogne della notte vinse nel 1988 il Premio Strega. Si rese famoso per il suo stile ricercato, ricco e in alcuni casi “anticheggiante”, nonché per la sua abilità linguistica e la vasta cultura. Amico di Leonardo Sciascia, trascorse la maggior parte della sua vita a Comiso, mantenendo un’esistenza ritirata e discreta.

Fra i tanti interessi culturali di Bufalino, certamente il cinema fu uno di quelli che caratterizzarono maggiormente la sua formazione. Conobbe questa diversa lettura della realtà in pieno periodo fascista.

«Il cinema americano e francese degli anni trenta fu il grimaldello che ci consentì di evadere dalle nostre battaglie di universitari fascisti»

Per Gesualdo Bufalino, il cinema era il luogo in cui si manifestavano emozioni forti, che difficilmente sarebbe riuscito a dimenticare. Attraverso le sue affermazioni, è possibile capire che vedeva nel cinema non solo un grande mezzo di comunicazione, ma anche un grande universo immaginario, una fonte inesauribile di sollecitazioni.

«[…] sono nato insieme al cinema, ho seguito il suo mutarsi, mutandomi frattanto anch’io. Per me, spesso, non solo i personaggi dei film, ma anche gli attori che li incarnano, sono persone conosciute che non ci sono più o che sono invecchiate come me. Donne belle se ne vedono ancora, ma chi ha oggi gli occhi di Bette Davis? Le cose amate in giovinezza restano le più belle. Non c’è niente da fare»

All’inizio della sua passione per il mezzo cinematografico risale la creazione di uno strumento di memoria: un piccolo quaderno, curato tra il 1934 e il 1955, in cui l’autore annotava tutti i film che andava a vedere nel piccolo cinema del suo paese oppure in qualche sala a Catania, quando inizia a frequentare l’università. Vi annotava tutti i film visionati, ordinandoli per anno e per mese, segnalando il titolo, la casa di produzione e infine il regista. Poi a seguire aggiungeva il genere, la sigla della città in cui ha visto il film e infine il voto per ognuno di essi. Il giovane Bufalino era “obbligato” a vedere quello che giungeva a Comiso, cioè i film che arrivavano in questo piccolo paese di provincia, che per lo più erano prodotti del cinema americano, come per esempio Una notte al libano di Sam Wood, Il pugnale cinese di Michael Curtiz, Il dottor Jekyll di Rouben Mamoulian.

Non era, invece, un appassionato di film italiani anche se andava a vederne qualcuno per apprezzare la bellezza di qualche attrice di quei tempi, come Alida Valli. Negli anni Sessanta divenne un assiduo frequentatore di un Circolo del Cinema di Ragusa. Quelli erano tempi di fermento conoscitivo e lui voleva soprattutto riscoprire la visione di film muti o del primo sonoro. Le proiezioni erano seguite spesso da dibattiti ricordati positivamente dallo scrittore:

«Erano un segno di civile inquietudine culturale»

Nel suo primo romanzo ha fatto ricorso a un neologismo, l’aggettivo cineclubica, a proposito della nave di Nosferatu di Murnau, e questo a dimostrare una costante passione per il cineclub e il cinema più lontano, in bianco e nero. Per quanto riguarda il cinema più recente registi che hanno suscitato l’interesse di Bufalino sono stati ad esempio Rohmer e Peter Greenaway, ma anche più giovani come Almodovar o il Tarantino di Pulp Fiction. Ma il vero grande amore di Bufalino è stato il cinema muto e la Hollywood degli anni Trenta. Il cinema che ha avuto un’influenza specifica sulla sua cultura e sul suo lavoro letterario è stato quello americano e, soprattutto, quello francese.

La sua passione era con il tempo cresciuta sempre più, tanto che aveva anche deciso di realizzare un film; ne aveva parlato con l’amico Leonardo Sciascia, al quale era piaciuta l’idea perché anche lui era un appassionato cinefilo. Bufalino aveva pensato di intitolarlo Fatto successo e ambientarne la vicenda all’interno dell’isola. Il progetto non fu mai realizzato, ma è interessante rilevare come Bufalino e Sciascia considerassero il cinema anche un mezzo per ripercorrere e riscoprire la Sicilia. Lo scrittore Bufalino non sarebbe stato tale senza le suggestioni cinematografiche che si riscontrano nella sua narrativa, ricca di citazioni e richiami a film a lui cari; riferimenti che si possono trovare raccolti ne L’enfant du paradis, dove sono riportati tutti gli scritti di Bufalino sul cinema come Quel “sogno” d’un film, Quei ragazzi del loggione, tanti anni fa, La Sicilia e il cinema: nozze d’amore, Divagando su Sciascia, il cinema, la Sicilia, Per un incontro inventato, Marlene, cinquant’anni dopo. Parole dell’autore sul cinema:

«Poi c’è una grande crisi di fantasia, interviene l’astuzia, l’ingegno, il culto dello spettacolo inutile. Ma in verità, dopo Chaplin, Murnau, Pudovkin, Dreyer, Lang, Stroheim eccetera, il vero grande cinema è perso, è morto»

Redazione, ASCinema – Archivio Siciliano del Cinema

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