FRANCESCO SCIANNA. DA BAARÌA IN AVANTI

Nato a Palermo il 25 marzo 1982, Francesco Scianna muove i suoi primi passi recitativi a teatro, da adolescente, al tempo del Liceo Scientifico G. Galilei. La sua prima volta fu a quindici anni, nel 1997, in un recital di poesie di Salvatore Quasimodo di cui Scianna dipinse un ricordo esilarante in un’intervista del 2018 al magazine “Grazia”:

“Avevo i conati di nausea all’idea di esibirmi in pubblico. Ho chiesto al regista di chiamare un’ambulanza. Lui mi ha risposto: Prima, però, ti faccio salire sul palco a calci. Ho fatto lo spettacolo con l’ambulanza che mi aspettava fuori. Però ho imparato che spesso sono le nostre insicurezze a essere il miglior trampolino”.

Dopo le prime lezioni di recitazione della doppiatrice Serena Michelotti si forma come attore presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica. Per l’esordio invece tocca aspettare il 2002. Anno in cui prende parte a Il più bel giorno della mia vita di Cristina Comencini dove divide la scena con gente del calibro di Virna Lisi, Margherita Buy, Ricky Tognazzi, e del conterraneo Luigi Lo Cascio. Due anni dopo è la volta de L’odore del sangue di Mario Martone dove in scena con Fanny Ardant e Michele Placido, Scianna supera i confini della Penisola. Il film viene infatti presentato al 57° Festival di Cannes nella sezione Quinzaine des Réalisateurs. Contemporaneamente Scianna prende parte alle fiction televisive Il Grande Torino (2005), La luna e il lago (2006), e Il capo dei capi (2007) con cui allarga i propri orizzonti recitativi.

Il successo però – il cosiddetto “ruolo della svolta” – arriva nel 2009 con Baarìa di Giuseppe Tornatore. Candidato ai Golden Globes 2010 come Miglior film straniero, e scelto come film italiano agli Oscar 2010 (senza però riuscire ad ottenere la candidatura). Scianna è il volto di Peppino Torrenuova. Punta di diamante di un magico viaggio in terra bagherese, un affresco sincero di pura sicilianità. L’anno successivo è la volta di Vallanzasca – Gli angeli del male di Michele Placido e della miniserie TV Le cose che restano di Gianluca Maria Tavarelli con cui collaborerà ancora nel 2014 nel film Una storia sbagliata, e tre anni dopo in Maltese – Il romanzo del Commissario (2017).

Per tutto il decennio successivo fino ai giorni nostri Scianna inanella una serie di pellicole dove, tra ruoli da comprimario e da protagonista, si distingue come figura di rilievo del panorama cinematografico italiano. Sono gli anni di Ti amo troppo per dirtelo (2011) di Marco Ponti, L’industriale (2012) di Giuliano Montaldo, Itaker – Vietato agli italiani (2012) di Toni Trupia, Come il vento (2013) di Marco Simon Puccioni, Milionari (2014) di Alessandro Piva, Allacciate le cinture (2014) di Ferzan Özpetek, Latin Lover (2015) di Cristina Comencini – con cui torna a collaborare a tredici anni dall’esordio – e Attenti al gorilla (2019) di Luca Miniero. Nel mezzo Scianna prende parte a prestigiose produzioni internazionali – seppur non tutte di spiccate qualità artistiche – come The Price of Desire (2015) di Mary McGuckian, il remake dell’immortale Ben-Hur (2016) di Timur Bekmambetov, e Maria Maddalena (2018) di Garth Davis.

Non solo cinema. Questi sono gli anni della fiction televisiva Altri tempi (2013) di Marco Turco, di La mafia uccide solo d’estate (2016-2018) di Luca Ribuoli, nonché dei film per la televisione La stagione della caccia – C’era una volta Vigata (2019) di Roan Johnson e Il processo (2019) di Stefano Lodovichi. Dal 2021 fa parte del cast della prestigiosa A casa tutti bene – La serie (2021), produzione Sky Original di Gabriele Muccino.

E se a nemmeno quarant’anni Scianna naviga a metà del guado nel fiume di una carriera che lo vede tanto veterano di piccolo e grande schermo, quanto giovane attore (ancora) tutto da scoprire, la direzione sul suo cammino ce la indica lui, come saggiamente riportato in un’intervista a Vanity Fair nel gennaio 2019:

“Da che ho ricordi, mi sono sempre spinto oltre la mia provenienza e le sue tradizioni. Sin da piccolo, puntavo all’universo. Entravo in connessione con le stelle. Cercavo quel mistero là, quell’oltre oltre il tangibile. Mi sentivo come dotato di un super-potere. Sognavo di volare sul soffitto della mia camera. Guardavo giù e mi vedevo doppio, moltiplicato. All’inizio mi spaventava come un incubo. Poi ho letto Uno, nessuno e centomila di Luigi Pirandello. […] Mi ha aperto la curiosità nei confronti del non essere mai una sola cosa ma chissà quante che ancora magari neanche sappiamo”.