ECHI DI GUERRA, DI UNA GUERRA ALTRA

Al termine del secondo conflitto mondiale gli Stati Uniti vivevano un momento di grande vitalità. La guerra, nonostante il grande tributo di vite umane, non intaccò minimamente il potenziale economico del Paese ed anzi, in un mondo che cominciava appena a scrollarsi di dosso la polvere delle rovine della guerra, si delineava per gli Stati Uniti un periodo di grande prosperità e di leadership.

    In questa situazione, la consapevolezza di essere gli unici depositari dei segreti dell’energia atomica rafforzava tale convinzione. Ma gli esiti della storia come si sa furono diversi, e gli Stati Uniti si trovarono ben presto nel pieno di una feroce contrapposizione politica e militare con l’Unione Sovietica; il blocco di Berlino nel 1948, l’acquisizione della parte dell’URSS nel 1949 della bomba atomica e la guerra di Corea segnarono progressivamente il punto di non ritorno di quel terribile conflitto mai veramente combattuto che fu definito “guerra fredda”.

    Delle conseguenze storiche, politiche, militari ed economiche di quel periodo si è parlato in abbondanza, ma non delle conseguenze che esso ebbe sul cinema. Il comunismo era una malattia virulenta da abbattere ad ogni costo, e per la cultura americana il comunista andava ad aggiungersi ad altre categorie demonizzate nel passato, quali indiani e “negri”. Nell’altro da sé, nel diverso, la cultura americana ha sempre identificato un pericolo, formulando una risposta isterica, scomposta e violenta ad un ipotetico attacco da parte di queste alterità. Essa ha sempre difettato di analisi: non era importante capire ciò che i “negri” facessero o chi fossero gli “indiani”, essi erano semplicemente non americani, Un-Americans letteralmente. Con queste premesse, ala fine degli anni ’40, sull’onda del sospetto dell’infiltrazione bolscevica che stava strappando a poco a poco tutti i segreti più gelosi degli americani, primo tra tutti quello dell’energia atomica, montò una terribile caccia al comunista che venne definita “caccia alle streghe” in omaggio ad un altro oscuro momento della storia dell’uomo. Nel mondo del cinema dal 1947 al 1951 l’HUAC (The House Un-American Committee) eseguì accurate indagini su coloro che lavoravano ad Hollywood, alla ricerca di aderenti al partito comunista. Questa associazione esisteva già dal 1930 ma è nella seconda metà degli anni ’40 che la sua attività subisce un notevole impulso.

    Nel 1947 vengono messi sotto accusa 19 personaggi che lavoravano a vario titolo ad Hollywood. I loro nomi erano: Alvah Beesie, Herbert Biberman, Bertold Brecht, Lester Cole, Richard Collins, Edward Dmytryk, Gordon Hahn, Howard Kock, Ring Lardner jr., John Howard Lawson, Albert Maltz, Lewis Milestone, Samuel Ornitz, Larry Parks, Irvings Pichel, Robert Rossen, Waldo Salt, Adrian Scott e Dalton Trumbo. Di essi solo undici vennero ascoltati all’HUAC. Brecht, scosso anche dall’espulsione del suo amico compositore Hans Eisler, decise di lasciare l’America, mentre Bessie, Biberman, Cole, Dmytryk, Lardner, Lawson, Maltz, Ornitz, Scott e Trumbo furono messi sotto accusa e rimasero famosi come i “dieci di Hollywood”. La ricerca della confessione e della delazione da parte dell’HUAC trascinò il mondo del cinema in un periodo oscuro e penoso. I dieci vennero condannati dalla Corte Suprema alla reclusione e al pagamento di una multa. Tutto ciò portò a situazioni veramente penose, come accadde per Dmytryk che, uscito di prigione, cedette e fece pubblica abiura facendo anche i nomi dei suoi colleghi “compromessi” col partito comunista. Al di là delle sentenze, ad Hollywood si affermò la politica del blacklisting, e cioè la formulazione di liste di proscrizione che impedirono a coloro che vi furono inclusi di lavorare; molte carriere furono stroncate e, cosa ancor più grave e squallida, anche i loro parenti furono coinvolti nella loro caduta, come accadde per esempio a Gale Sondergaard, moglie di Biberman e vincitrice di un Oscar nel 1936 per il film Avorio nero, che dopo il 1947 interpretò un solo film. L’attività dell’HUAC proseguì per tutti gli anni ’50 e centinaia di persone furono inquisite, tra le quali Charlie Chaplin, Joseph Losey, Jules Dassin, Abraham Polonsky, John Garfield, Paul Jarrico, ecc..

    Queste feroci proscrizioni che l’HUAC aveva scatenato ad Hollywood erano solo la premessa di ciò che poi si sarebbe verificato su più larga scala, coinvolgendo ogni settore della settore della società americana, negli anni ’50 con la “caccia alle streghe” che vide tra i suoi maggiori ispiratori il senatore Joseph McCarthy e che solo nel 1954 venne censurata dal Senato americano (ma i guasti di questa campagna durarono ancora più a lungo). Se da un punto di vista umano le ripercussioni della guerra fredda sul cinema americano furono terribili, dal punto di vista del linguaggio le conseguenze furono decisamente meno radicali. Vi fu certamente la produzione del film dichiaratamente anti-comunisti come Il sipario di ferro, Corriere diplomatico, I Was a Communist for the FBI, Schiavo della violenza, La città assediata, Fuggiaschi, Il Danubio rosso, The Next Voice You Hear, ecc., ma è nella rapida e travolgente ascesa del genere della science-fiction che si ritrova il maggior influsso della contrapposizione USA-URSS. Alla fine degli anni ’40 vi fu un incredibile aumento di avvistamenti di oggetti volanti non identificati, i cosiddetti UFO, tanto da costringere l’aviazione militare a costituire una apposita commissione d’inchiesta denominata Progetto Blue Book. Certo, le apparizioni dei dischi volanti rappresentarono un traino formidabile per gli sceneggiatori sempre a caccia di nuove storie per la macchina cinema, ma il successo così rapido di questi film, tale da costituire un’eccezione nella storia del cinema, non si può spiegare semplicemente attribuendolo allo scaltro sfruttamento di un fenomeno storico-sociale di particolare attrazione sull’opinione pubblica. Si accennava precedentemente alla qualifica di Un-Americans che la cultura americana ha sempre attribuito al diverso: la fantascienza cinematografica degli anni ’50 con i suoi alieni crea per il pubblico una nuova categoria di diverso, nella quale lo spettatore individua un nemico da abbattere; nel godimento catartico, dovuto alla sua sconfitta, avveniva lo scioglimento dell’angoscia per la minaccia comunista.

    Infatti, sotto le mentite spoglie dell’alieno il cinema di fantascienza cela il comunista, e non è certo un caso che Marte, il pianeta rosso per antonomasia, sia il più utilizzato come origine della minaccia nei confronti della Terra: Il vampiro del pianeta rosso, Marte distruggerà la Terra, Gli invasori spaziali, Red Planet Mars, La guerra dei mondi, Invasione – Marte attacca Terra, Il mostro dell’astronave, ecc.. Il pericolo dell’invasione e quello di una distruzione nucleare del mondo sono gli scenari preferiti dalla science-fiction di quegli anni e sono i pericoli che giungono dai sovietici. Tra i migliori prodotti del primo gruppo si può annoverare La “cosa” da un altro mondo, L’invasione degli ultracorpi e Ultimatum alla Terra.

    Tra i film che descrivono l’olocausto nucleare possiamo segnalare Il mostro del pianeta perduto, E la Terra prese fuoco, Nel 2000 non sorge il sole, L’ultima spiaggia. A quest’ultimo gruppo si possono aggiungere anche i più recenti A prova di errore e The Day After – Il giorno dopo.

    Negli anni ’60, la contrapposizione tra USA e URSS vive nel cinema un momento più rilassato; diminuisce la criminalizzazione dell’avversario e trova spazio anche la commedia (inglese, però!) con il kubrickiano Il dottor Stranamore e la saga spionistico-fantascienza di Agente 007, con il mitico agente Bond alle prese con l’organizzazione spionistica Spektre.

    Negli anni successivi la fantascienza dimostrerà sempre più disinteresse verso la demonizzazione dell’altro, a parte piccole eccezioni come in Who? L’uomo dai due volti, Anno 2118: progetto X, Ultimi bagliori di un crepuscolo, ed anzi a volte prospetterà addirittura una collaborazione, come in Conto alla rovescia.

GALLERIA FOTO

GALLERIA VIDEO