CARLO RAMBALDI, PADRE DI E.T. E DEGLI EFFETTI SPECIALI

E adesso parla!” si dice che Michelangelo avesse intimato alla sua statua di Mosè. Carlo Rambaldi non dovette supplicare: Steven Spielberg diede a E.T. la voce di una delle sue vecchie professoresse e il mondo intero poté così ascoltare le parole dell’extraterrestre.

    Pittore iperrealista per vocazione, Rambaldi si sentì attratto dallo studio dell’anatomia animale e più tardi dall’applicazione dei risultati delle sue ricerche alla riproduzione artificiale dei movimenti. Credeva che tutto l’essere umano fosse una macchina da smontare, ricostruire e far muovere a proprio piacimento.

    Partendo da queste premesse, il suo passaggio agli effetti speciali cinematografici fu logico e quasi inevitabile. Nato a Vigarano Mainarda in provincia di Ferrara nel 1925, debuttò nel cinema creando il drago mitologico di Sigfrido nel 1957. Poi, stabilitosi a Cinecittà, collaborò a vari film mitologico, o peplum, allora tanto in voga. Fu però il cinema statunitense, con le sue grosse disponibilità economiche, a permettergli di concretizzare una carriera spettacolare e sempre in ascesa.

    Nel 1963 fornì a Joseph L. Mankiewicz l’aspide di Elisabeth Taylor in Cleopatra (1963). Costruì, per poi distruggerla, un’importante torre di Babele in La Bibbia (1966) di John Huston. Mise le ali a John Philip Law e lo fece volare in Barbarella nel 1967. Il lavoro lo portò a viaggiare spesso fra America e Italia e a collaborare con Dario Argento, Joseph Losey, Marco Ferreri e Clive Donner. Nel 1970 progettò e costruì il burattino di Carlo Collodi per la serie televisiva Le avventure di Pinocchio (1972).

    La sua fama di “mago” capace di creare dal nulla tutto l’immaginabile ebbe la sua conferma nel 1976, quando John Guillermin, su richiesta di Dino De Laurentiis, gli affidò la realizzazione del nuovo King Kong. Servendosi di una meccanica molto complessa – al cui progetto collaborò Rick Baker, poi autore dei brillanti effetti di trucco di Un lupo mannaro americano a Londra (An American Werewolf in London, John Landis, 1981) – e utilizzando con astuzia l’elettronica più avanzata, Rambaldi creò un gorilla gigantesco in grado di muoversi, singhiozzare e urlare come se fosse vivo.

    Fu in seguito l’artefice di creature molto diverse, come l’enorme bufalo di Sfida a White Buffalo (1977), il malvagio ottavo passeggero di Alien (1979) e l’osceno essere tentacolare di Possession (1981). Il regista che trasse maggior beneficio dalle stupefacenti creature di Rambaldi fu però Spielberg: i piccoli extraterrestri e la navicella spaziale di Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977), il meraviglioso E.T. Non vanno poi dimenticati gli enormi vermi di Dune (1984) per David Lynch, l’orribile mostro di L’occhio del gatto (1985), nonché il figlio di King Kong nel primo sequel.

MANUELA MARTINI

Redazione, 28 ottobre 2019

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