FRANCIS FORD COPPOLA E LA SAGA COME METAFORA

Regista, sceneggiatore e produttore americano di rilievo, nato a Detroit nel 1939 da una famiglia di emigrati italiani. Francis Ford Coppola dirige (e ne scrive la sceneggiatore con Mario Puzo) de Il padrino (1972), Il padrino – Parte II (1974),  premiati entrambi con l’Oscar, e Il padrino – Parte III (1990).

Come mai, dopo il primo Padrino, ne ha realizzato anche un secondo?

    « Un giorno, dopo il grande successo cui andò incontro il primo Padrino, vennero a trovarmi a casa mia, a San Francisco, i maggiori dirigenti della “Mosfllm”. Prima di venire da me, con quel senso della precisione che hanno sempre i sovietici, erano andati a vedersi il film, in un cinematografo di Washington, in modo da potermene parlare. A quel tempo io ero molto occupato a preparare La conversazione e non pensavo ad altro; il capo della delegazione sovietica, invece, dopo poche parole di saluto, mi disse subito: “E adesso quando girerà, il secondo Padrino?“. Mi misi a ridere, gli dissi che non vedevo nessuna possibilità di dare un seguito a quel film e gli domandai come mai gli fosse venuta in mente una simile idea. Mi rispose che, secondo lui, era normale che io proseguissi quella storia di una famiglia, perché si trattava di una vera e propria dinastia e a qualsiasi pubblico avrebbe fatto piacere conoscerne gli ulteriori sviluppi. Qualche mese dopo Charles Bluhdorn mi disse più o meno la stessa cosa e mi propose di realizzare per lui un secondo film sul Padrino. Rifiutai, ma cominciai a pensarci, soprattutto meditando a quanto mi aveva detto il capo della delegazione sovietica. Così a poco a poco mi convinsi che dare un seguito al Padrino non significava affatto sfruttare il successo commerciale cui era andato incontro il film, ma proseguire invece nell’analisi della storia di una famiglia. Più ci pensavo e più mi rendevo conto che, effettivamente, la prima parte del Padrino poteva rappresentare soltanto la metà di un film di sette ore. Così accettai di realizzare la seconda metà ».

E il problema degli interpreti?

    « Era uno dei problemi fondamentali. Misi subito come condizione che avrei realizzato Il padrino – Parte II solo a patto di poter disporre di tutti gli interpreti del primo Padrino, perché non volevo in alcun modo accettare delle sostituzioni, o almeno di quegli attori che, nella prima parte, avevano interpretato personaggi di rilievo. Questo per consentire una evidente continuità di azione ai due film qualora in avvenire dovessero essere proiettati insieme, L’unica eccezione, naturalmente, è stata fatta per Brando. Ma visto che questa volta il personaggio di Vito Corleone è rappresentato da giovane – troppo giovane perciò per essere interpretato da Brando – mi è sembrato giusto sostituirlo con Robert De Niro. Al Pacino, ovviamente, è invece al centro di tutto ».

Come lo ha costruito questo secondo film?

    « In modo da dare l’impressione di un vero e proprio proseguimento del primo film, con tutti gli elementi narrativi in armonia con quanto si è già visto. Ogni scena della seconda parte è stata scritta con 10 scopo preciso di ricordare una scena della prima parte. In modo molto tranquillo, però, enunciando un ricordo, proponendo un richiamo. Così da permettere allo spettatore del secondo film di avvertire qua e là la presenza del primo, se vuole, più o meno come la presenza appena percettibile di un fantasma. Il risultato – lo ripeto – quando i due film saranno proiettati insieme, sarà un film di sette ore. Lo spettatore che li avrà visti separatamente avrà visto due film. Lo spettatore, però, che dovesse poi rivederli insieme, avrà la sensazione di vedere un terzo film ».

Esposta così, è un’operazione insolita, quasi sottile.

    « Ed è anche una sfida. La sfida di riuscire a lare un film migliore del primo, nonostante l’opinione diffusa che vuole che i “seguiti” siano sempre inferiori. Una sfida, del resto, che ho lanciato a me stesso con piacere, perché le sfide artistiche di questo tipo comportano sempre un ulteriore sviluppo di quei temi che sono stati abbozzati ma non del tutto risolti nell’impresa precedente ».

Quali altri progetti ha per il futuro?

    « Il Padrino – Parte II segna la fine della prima metà della mia vita, sia come uomo, sia come autore di cinema. Tutti i film che ho fatto fino ad oggi li ho girati anche per motivi che andavano oltre il mio desiderio di realizzarli. Adesso questa fase della mia vita è dietro alle mie spalle e dopo alcuni anni trascorsi a leggere, a scrivere e a organizzare, spero di poter ricominciare in un modo che dovrà essere molto più maturo ed ambizioso. Questo, almeno, è il mio desiderio. In avvenire il mio lavoro non si fermerà al cinema, ma spazierà anche nell’ambito de teatro. Con i guadagni del primo Padrino ho acquistato infatti a San Francisco un piccolo teatro. Qui, insieme con un gruppo di attori, senza essere pressato da motivi commerciali, penso di mettere su d.egli spettacoli, scrivendoli io stesso. E con quello stesso gruppo penso anche di realizzare e di fare realizzare dei film “giovani”, senza problemi di sfruttamento commerciale ».

Intende separarsi dalle grandi strutture cinematografiche?

    « Ho un contratto per dirigere ancora tre film, ma ho otto anni per far fronte a questo contratto e una cosa è certa, nei prossimi cinque anni non mi occuperò di questo tipo di cinema industrializzato. Voglio avere a mia disposizione tutto il tempo necessario, voglio scrivere una scena, voglio cambiarla, voglio scriverla di nuovo, voglio farla provare ai miei allievi e accettarla solo se funziona, altrimenti eliminarla senza preoccuparmi del tempo che passa e del denaro da far incassare con il film che sto girando. Non voglio più essere coinvolto in situazioni dove si spendono 80.000 dollari al giorno. D’ora in poi mi dedicherò ad una nuova operazione teatro-cinema, tutta personale, preoccupato soprattutto di dare spazio ai talenti giovani, come appena ieri ho fatto con American Graffiti. Comincia un’era nuova per il cinema, quella in cui i giovani, anziché invidiarsi fra loro, si aiutano a vicenda nel loro lavoro, lontani da quella “piscina per pescecani” che è diventata Hollywood, pronti a fare tutti insieme qualche cosa di buono per il buon cinema di domani.

    « Anch’io, proprio in questo ambito e insieme con questi giovani, penso a un mio progetto tutto personale. Un film ispirato a un avvenimento reale, accaduto in America negli anni Quaranta, sento che è venuto il momento di ricordarlo. Un fatto che è stato molto controverso. Sperimenterò, con questo film, il mio nuovo sistema di lavoro, perché prima di girarlo ho intenzione di provarne alcune scene con la compagnia teatrale che metterò su nel mio teatrino a San Francisco ».

È anche per un cinema dell’impegno?

    « Sul piano dell’impegno, onestamente, debbo dire che fino a questo momento io sono stato un naif, preoccupato solo dei valori tradizionali americani di successo, fama e denaro, e ho rivolto la mia attenzione solo al miglioramento della mia posizione personale, e questo per colpa di un’altra tradizionale malattia americana, l’insicurezza, la paura dell’avvenire. Adesso però che ho raggiunto queste cose, i miei pensieri si rivolgono a problemi più vasti ed anche se non credo di essere il tipo che realizzerà, mai un film di propaganda, certamente d’ora in poi il mio lavoro sarà influenzato dai molti problemi della società di oggi. In avvenire, così, tutto quello che farò avrà, come regola, l’impegno di prospettare agli spettatori, insieme con temi passionali ed emotivi, anche punti di vista positivi, forti, umanistici, pieni di speranze. Non condivido il pessimismo di quelli che prevedono per la società di domani solo povertà o catastrofi. Viviamo al contrario in un mondo in cui le risorse della tecnologia renderanno presto possibile ad ogni uomo, donna e bambino di questa terra una vita senza più né fame né oppressione. La ricchezza, la proprietà, il potere in un mondo dove ce ne sarà abbastanza per tutti, non dovrebbero essere più necessari; e, di conseguenza, non si cercherà. più di conquistarli con la violenza, come si fa adesso. Il cinema dovrebbe far sentire questa nuova realtà, e, soprattutto, dovrebbe far capire che se per il momento non è ancora attuale, domani invece lo sarà; non solo nei sogni, ma nella vita di tutti ».

Pubblicazioni di riferimento: 7 domande a 49 registi di Gian Luigi Rondi (SEI Ed.) , Cineforum (AA. e Nrr. VV.), Filmcritica (AA. e Nrr. VV.), Positif (AA. e Nrr. VV.), Chaiers du cinéma (AA. e Nrr. VV.), Bianco e nero (AA. e Nrr. VV.).

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