COSTITUZIONE SICILIANA DEL 1812

La Costituzione siciliana del 10 luglio 1812 fu la costituzione adottata quell’anno nel Regno di Sicilia dal reggente Francesco di Borbone in risposta alla rivolta scoppiata nell’isola e all’avanzata napoleonica.

Scoppiata in gennaio la rivoluzione siciliana del 1848, Re Ferdinando, nel tentativo di frenare la rivoluzione, il 10 febbraio 1848 fece promulgare la costituzione del 1812. Ma una costituzione venne reintrodotta dal parlamento siciliano riunitosi nel marzo 1848. Questa nuova costituzione riprendeva in parte quella del 1812 (ma con entrambe le camere elettive) e fu emanata dal parlamento generale il 10 luglio con il nome di Statuto fondamentale del Regno di Sicilia. Restò in vigore fino al maggio 1849 quando l’isola fu riconquistata dall’esercito borbonico.

Il testo del 1812 si poteva suddividere in tre sezioni, composte da un totale di più di cinquecento articoli: la prima consisteva nelle “Basi” fondamentali della Costituzione, la seconda in numerosi “Capi” sul potere legislativo, il potere esecutivo e il potere giudiziario, e la terza in una serie di decreti riguardanti altri campi più specifici.

Con la Costituzione del 1812, il Parlamento abolì l’antica suddivisione amministrativa della Sicilia nei tre valli di Mazara, Noto e Valdemone e stabilì l’istituzione di 23 distretti. Essi vennero delimitati dallo studioso ed astronomo Giuseppe Piazzi, che tenne conto delle caratteristiche naturali, economiche e demografiche delle varie zone dell’Isola. Infatti, in merito ai criteri utilizzati per delimitare i distretti e stabilirne i capoluoghi, la Costituzione del 1812 stabiliva:

«1) che i limiti di ogni distretto sieno quegli stessi che presenta la natura del terreno, come fiumi, monti e valli; 2) che ciascun distretto o comarca possa guardarsi da un capitan d’armi con dodici uomini; 3) che i luoghi più pericolosi e più esposti restino nei confini delle comarche, e situati in modo che facilmente un capitano possa colà chiamare man forte dal vicino; 4) che i fiumi principali, impraticabili d’inverno, non separino le parti della medesima comarca; 5) che le popolazioni più cospicue e più favorite dalle circostanze locali ne siano i capoluoghi; 6) che quelle vaste solitudini formate dall’unione di molti feudi, lagrimevoli testimoni di una barbara, mal intesa cupidigia, non debbano per quanto è possibile, percorrersi dal colono, che vorrà recarsi al capoluogo»

Nonostante i criteri avanzati dal Piazzi, vi furono numerose controversie tra le città capoluogo e quelle che miravano a ricoprire tale ruolo, poiché le città designate come capoluogo di distretto usufruivano di diversi vantaggi politici, economici ed occupazionali.

Le 23 città siciliane elevate a capoluogo di distretto furono: Alcamo, Bivona, Caltagirone, Caltanissetta, Castroreale, Catania, Cefalù, Corleone, Girgenti, Mazara, Messina, Mistretta, Modica, Nicosia, Noto, Palermo, Patti, Piazza, Sciacca, Siracusa, Termini, Terranova e Trapani.

Redazione, ASCinema – Archivio Siciliano del Cinema

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