UMBERTO D. (1952), LA SOLITUDINE UMILIATA

Umberto D. di Vittorio De Sica va in sala per la prima volta il 20 gennaio del 1952 a Bologna. Della altisonante filmografia del grande regista, questo rimane il suo film indubbiamente più caro, di maggiore affezione personale, dedicato fin dal suo stesso titolo alla memoria di suo padre.

    Capolavoro di limpidissima e rigorosa sobrietà, Umberto D. esprime al massimo le sue delicate tematiche.

    Sul piano esistenziale, col mortificante disagio di una penosa sopravvivenza ai limiti della povertà, la dignità umiliata e offesa, la condizione di forzata solitudine del suo anziano protagonista; su quello sociale, col cinismo, la demagogia di quella nuova classe politica emersa nell’immediato Dopoguerra. Ma al contempo dall’acuta riflessione non sfugge l’egoismo degli strati borghesi, cosi’ poco sensibili, immersi in un prosperoso benessere e profitti.

    Tra i capisaldi del neorealismo, nel suo periodo d’epicentro, questa indimenticabile, intensa e commovente opera cinematografica di De Sica, scritta insieme a Cesare Zavattini (artefice fervente del cosiddetto “Cinema Verità”), col quale per anni ha rappresentato uno dei sodalizi artistici di alto rilievo, in modo coerente proseguiva a raccontare e osservare in tempo reale, in una chiave di lettura icastica e oggettiva, senza nessun tipo di filtro trasfigurante, dei segmenti di molteplici storie private e pubbliche di una nazione, gli umori dolenti della sua gente più emarginata.

    Divenendo con esemplare immediatezza, travalicando i confini della penisola, al pari di tutti gli altri prestigiosi film della “Nobile Stagione”, un documento storico e morale per la memoria collettiva: passata, presente e futura.

SALVATORE RAPISARDA

Redazione, ASCinema – Archivio Siciliano del Cinema

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