PANE E CIOCCOLATA (1974). SI È SEMPRE IMMIGRATI PER QUALCUNO

La prima di Pane e cioccolata di Franco Brusati si tenne a Roma il 18 gennaio 1974. Autore dallo stile raffinato, di vocazione culturale mitteleuropea, Brusati con Pane e cioccolata, suo maggiore meritato successo in assoluto al botteghino, realizza il suo unico film dal piglio decisamente popolare, lontano in buona sostanza dalle sue elitarie opere precedenti, non rinunciando comunque a diverse parentesi poetiche, rarefatte, surreali.

    Elementi predominanti, un soggetto e sceneggiatura di pregevole finezza narrativa, ricchezza di contenuti e un attore principale, Nino Manfredi, in stato di grazia, che conferisce  magistralmente al suo personaggio, Giovanni Garofoli, una notevole gamma di sfumature umane, tra l’ironico, grottesco, melanconico, furbo per necessità, con sofferti sottofondi di nostalgia per le proprie origini, radici che talvolta non riesce a tenere a freno, controllare istintivamente.

    Il film con esiti sapientemente incisivi riesce ad essere un’esemplare, articolata riflessione sulla condizione tipica di un emigrato italiano di bassa estrazione sociale, all’estero. Mettendo inoltre a confronto accuratamente nei minimi dettagli, le diversità antropologiche, sociologiche, comportamentali, culturali, tra il meridione italiano (dal quale proviene Giovanni e quasi tutti gli altri immigrati presenti nel film) e la Svizzera. Praticamente due mondi diametralmente all’opposto, agli antipodi. Da un lato, la fin troppo rigida nelle sue regole e zelanterie, Svizzera, quella in tal caso, del Cantone tedesco, ove l’intera vicenda si svolge, dall’altro lato, quella, per molti aspetti, d’illusorio benessere sociale, luoghi comuni, secolari rassegnazioni, strategie opportunistiche, della Bassa Italia, dalla quale giustappunto alla fine il rimpatriato Giovanni rifugge, stanco ormai di dover ricominciare daccapo una condizione di vita di perenne precarietà e assenza dei diritti più elementari per un individuo.

    Pane e cioccolata unisce felicemente l’analisi introspettiva del protagonista assoluto, i coloriti tratteggi caratteriali dei numerosi personaggi minori e la descrizione dei fatti tragicomici, paradossali che riescono a mettere in risalto, fare emergere il senso di solitudine, sradicamento anche di natura affettiva di quanti si trovano isolati, diffidati dai pregiudizi, per il loro essere degli stranieri, ultimi e senza voce in capitolo. Una sagace galleria di sequenze spesso d’antologia, almeno due su tutte, la grottesca, esilarante festa in una baracca d’immigrati, nel quale Giovanni insieme a dei connazionali operai inscena un siparietto canoro in abiti e trucchi femminili, che finisce con litigi e singhiozzi di rimpianti; dei regrediti operai di un pollaio che sotto lo sguardo attonito del protagonista, prima imitano dei polli con cui ormai convivono da sempre, dopo guardano estasiati i figli e amici dei loro padroni.

    Insieme a un Manfredi assoluto dominatore della scena, vanno sopratutto menzionati Anna Karina, nei panni di un’esule greca, e Johnny Dorelli nel ruolo di un industrialotto, un tipo bizzarro, uno speculatore, che dopo aver causato bancarotta fraudolenta alla sua azienda si toglierà la vita.

    Pane e cioccolata è un capolavoro in cui a una sua leggerezza – dove non mancano i momenti divertenti, umoristici che nascono e scaturiscono essenzialmente da spontanee situazioni del tutto realistiche – si sovrappone un registro di matrice drammaturgica, che mestamente riflette il sofferto disagio di un destino umano umiliato e offeso, parafrasando il titolo di un celebre racconto dell’immenso Dostoevskij.

SARVATORE RAPISARDA

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