BERNARDO BERTOLUCCI. LA POETICA LUNGIMIRANTE

Bernardo Bertolucci e il suo cinema colto ma anche popolare, passionale e ideologico, impegnato e spettacolare, di memoria storica insieme privata e collettiva, in una doppia sfera di rappresentazione intima e sociale, poetico e inquieto, etico e provocatorio, carico di richiami simbolici e psicanalitici.

    Un cinema stilisticamente moderno, innovativo, di alto livello estetico, elaborata composizione formale, mirabilmente d’autore. Il regista ha saputo amalgamare fine scrittura di ampio respiro narrativo (in alcune circostanze di celebre fonte e origine letteraria), a potente, raffinato linguaggio visivo. Come non ammirare estasiati tutte le volte, in ogni suo singolo film, la fluidità, la mobilità della macchina da presa, i suoi tanto amati dolly, carrellate laterali e, ancora, la bellezza delle immagini, la plasticità evocativa delle scene, l’uso in chiaroscuro dei cromatismi, dei ricercati e sontuosi elementi figurativi.

    Una personalità dallo sguardo acuto e lungimirante che con curiosità intellettuale ha voluto a un certo punto varcare i confini nazionali e osservare e raccontare altre culture, tradizioni, civiltà, storia grande e piccola. Non dimenticando mai comunque la sua originaria vocazione nata e coltivata con la nouvelle vague francese (sopratutto Godard), e inizialmente influenzata dal suo fondamentale incontro con Pier Paolo Pasolini, col quale giovanissimo ha mosso concretamente i suoi primi passi nei set cinematografici.

    La sua complessa, analitica opera filmica passa dal suo esordio registico con La commare secca (1962), dove però assai marcati risultano gli echi e i contenuti morali del primo cinema pasoliniano, a Prima della rivoluzione (1964) in cui invece comincia prepotentemente a mettere in risalto le coordinate autoriali personalissime e la sua cifra stilistica.

    Dopo la significativa parentesi sperimentale, d’avanguardia (tra le rare nel nostro cinema, a parte Carmelo Bene) di Partner (1968), approderà alla sua feconda maturità di cineasta, siamo all’inizio del decennio Settanta, che si apre col televisivo e suggestivo nelle sue molteplici chiavi di lettura, Strategia del ragno (1970), per continuare con tre capolavori assoluti in successione: Il conformista (1970), Ultimo tango a Parigi (1972), decadente, trasgressivo , insieme molto carnale e tragico, suo grandissimo successo commerciale planetario, alimentato pure da uno scandalo del tutto immotivato. Senza tralasciare la sua vergognosa persecuzione censoria, con la condanna (cosa unica nella settima arte) al rogo. Novecento, opera monumentale, epica, mezzo secolo di storia nazionale in Terra padana, che nasce anche da profonde, assorbite memorie familiari e di appartenenza geografica dell’artista parmense.

    La sua consacrazione e fama ormai mondiale lo proietta in una dimensione cosmopolita che fino alla conclusione della sua carriera lo vedrà alternarsi tra film di alto budget in giro per il mondo, di cui L’ultimo imperatore (1987) rimane l’apice, a ritorni in patria e alle sue radici padane che per me rimangono sempre le migliori e ispirati, pure in maniera discontinua. A tale proposito vanno menzionati almeno: La Luna (1979), La tragedia di un uomo ridicolo (1981) e Io ballo da sola (1996). Fino a giungere ovviamente al suo ultimo titolo di rilievo, The Dreamers – I sognatori (2003), suo testamento spirituale per molti aspetti. Ancora Parigi come luogo d’azione (bisogna comunque rammentare che il film in gran parte si sviluppa all’interno di un appartamento), stavolta quella del cruciale ’68, alla vigilia della Rivoluzione studentesca, tre giovani protagonisti, e tutta la passione cinefila bertolucciana, equamente divisa tra cinema europeo e americano.

    Con la scomparsa di Bertolucci – a seguito di una lunga malattia che ne ha limitato il suo lavoro ma non di certo i suoi progetti e idee – si può assolutamente sottolineare che se ne è andato l’ultimo Maestro di una lunga stagione aurea del cinema italiano, tra i più famosi nel mondo tra i quali Fellini, Visconti, Antonioni, Rossellini e De Sica.

    La sua immortalità inizia da lì.

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