LA BARONESSA DI CARINI (1910). AMORE E MORTE NELLA SICILIA DEL 1500
La Baronessa di Carini – vero e proprio eponimo dei film tratti dalla letteratura popolare siciliana del XVI secolo – tra cinema e televisione
Quest’anno, dall’11 al 16 febbraio, nessuna manifestazione pubblica. La festa, spesso celebrata dalla settima arte, è stata un vero e proprio banco di prova per i nostri grandi costumisti-scenografi che spesso hanno usato il travestimento in senso psicologico.
Vissuto poco meno di vent’anni – la cessazione delle pubblicazioni è avvenuta a Roma nel 1971- il periodico “Giovane Critica” (primo numero dicembre-gennaio 1963-64) resta l’unica rivista cinematografica catanese che abbia avuto risonanza nazionale, nonché il solo fenomeno autoctono degno di rilievo sul piano dell’elaborazione teorica della nuova sinistra meridionale.
Nel filone del “giallo d’arte” (ne ha scritti più di cento), che gli ha procurato l’epiteto di “Simenon italiano” dopo aver creato la figura del commissario Federico Sartori, s’innesta l’eclettica figura dello scrittore-poeta-drammaturgo-giornalista di Franco Enna, al secolo Franco Cannarozzo (Enna 1921 – allora denominata Castrogiovanni – Lugano 1990).
Morto Pirandello, mentre il regime fascista sempre più in preda a deliri d’onnipotenza spedisce l’esercito ad occupare l’Albania per annetterla all’Impero e addensa nell’italico cielo nubi presaghe di morte e desolazione.
Nel 1930 in Italia accade un fatto sconvolgente: il passaggio dal cinema muto a quello sonoro, in America avvenuto tre anni prima. Paradossalmente il “miracolo” si compie in pieno regime fascista, che di far parlare liberamente non voleva proprio sentirne parlare.